Farmacologia e neurobiologia nei disturbi d'ansia e nella depressione
Da Fact News Views, dicembre 2007
Nicoletta
Brunello, Cristina Benatti, Dipartimento
di Scienze Biomediche, Università degli Studi di Modena e
Reggio Emilia
Depressione
maggiore e ansia sono tra le patologie psichiatriche più
diffuse e sono state spesso considerate e trattate come due disturbi
separati, anche se da evidenze in letteratura emerge quanto idue
disordini tendano molto sovente a coesistere
Infatti i disturbi d'ansia - quali il disturbo di panico, la
fobia sociale, il disturbo post-traumatico da stress (PTSD) e il
disturbo d'ansia generalizzato (GAD) hanno un'incidenza
estremamente alta tra i pazienti affetti da depressione
maggiore .Numerosi
studi hanno dimostrato che, se presenti in comorbilità con un
disturbo ansioso, gli episodi depressivi sono più severi,
più duraturi e più resistenti al trattamento;
inoltre, la comorbilità ansia-depressione è spesso
associata a un rischio suicidario maggiore che in presenza di una
sola delle due patologie.La
base scientifica della frequente coesistenza dei due disturbi
riconosce tre possibili spiegazioni:sia
e depressione sono sindromi distinte, caratterizzate da
meccanismi fisiopatologici diversi e come tali necessitano di
trattamenti specifici
i
sintomi di ansia e depressione possono essere manifestazioni
estrinseche sottese da una causa neurobiologica comune;l'ansia
potrebbe predisporre alla depressione o viceversa
E stato dimostrato, infatti, come i disturbi d'ansia tendano a
precedere la comparsa della patologia depressiva e possano
costituire un fattore di vulnerabilità per la successiva
comparsa di sintomi depressivi.
Alla
base di entrambi i disturbi comunque, sembra esservi una mancata
capacità di adattamento agli stimoli stressanti, tanto da
considerarli come disordini correlati allo stress.
Gli
eventi stressanti nell'esistenza di un individuo sono
considerati fattori cruciali nello sviluppo di patologie
psichiatriche quali ansia o depressione.
Quando
il cervello percepisce un'esperienza come stressante, si
attivano risposte neurofisiologiche e comportamentali che hanno la
finalità di garantire al soggetto il mantenimento
dell'allostasi. Mentre un breve e controllato periodo di stress può
mettere in atto risposte adattative ed essere privo di conseguenze
per l'individuo e la sua integrità, durante
un'esposizione protratta nel tempo allo stress gli stessi mediatori
molecolari coinvolti nella regolazione dell'omeosta-si
dell'organismo possono provocare effetti
avversi
e aumentare la vulnerabilità all'insorgenza di patologie
correlate allo stress.
Il
sistema dello stress deputato al controllo della risposta
dell'organismo è rappresentato dall'asse
ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA). In risposta a uno stress fisico
o
psicologico, i neuroni del nucleo paraventricolare dell'ipo-talamo
secernono il peptide CRH (Cortico-trophin
Releasing Mormone), che
attraverso il circolo portale ipotalamo-ipofisario stimola il
rilascio di corticotropina (ACTH) dalla neuroipofisi. L'ACTH induce
la produzione e il rilascio di ormoni glucocorticoidi (corti-solo
nell'uomo e corticosterone nel ratto) da parte della corticale del
surrene. L'attività dell'asse è regolata, oltre che da
un meccanismo di feedback inibitorio, anche da diverse aree del
sistema limbico quali ippocampo, corteccia prefrontale e amigdala. Queste aree, a loro
volta, comunicano tra di loro e regolano
finemente la risposta del cervello ai diversi stimoli emotivi.
Da
recenti studi di neuroimaging effettuati in pazienti affetti da
disturbi d'ansia o depressione, sono emerse alterazioni del
funzionamento o della morfologia a carico di tali strutture
cerebrali.
Corteccia
prefrontale: nei pazienti depressi è stata dimostrata una
riduzione generale del volume della corteccia prefrontale ventrale,
associata a un'iperattività, mentre la porzione dorsale sembra
essere iporeattiva
Amigdala:
la
sintomatologia depressiva è associata a una riduzione
dell'attività di questa struttura, mentre in pazienti
affetti da PTSD (Disturbo Post Traumatico da Stress) la funzionalità
dell'amigdala aumenta
significativamente alla rievocazione del trauma. Ippocampo: nei
pazienti depressi si osserva un'atrofia ippocampale,
probabilmente correlata a un'alterata funzionalità dell'asse
HPA; una modificazione simile si osserva anche nel PTSD.
Recenti
lavori scientifici hanno posto l'attenzione sulla necessità
di comprendere i circuiti neurali e i meccanismi fisiopatologici
coinvolti nelle patologie in questione, proponendo un ruolo per
possibili
alterazioni nella funzionalità dell'asse HPA e
modificazioni nei sistemi neurotrasmetti-toriali noradrenergico e
serotoninergico.
Alterazioni
nella funzionalità dell'asse HPA si osservano nel 70% dei
pazienti depressi; in particolare, attraverso opportuni test
diagnostici, emerge un'iperattivazione dell'asse associata
a un possibile malfunzionamento del feedback inibitorio.
Come
già indicato, il CRH è uno dei principali modulatori
dell'attività dell'asse, e studi effettuati su roditori hanno
dimostrato come una somministrazione di CRH provochi alterazioni
comportamentali depressivo-simili come diminuzione del comportamento
esplorativo, aumento del grooming, riduzione dell'assunzione di
cibo e dell'attività riproduttiva. Allo stesso tempo l'animale
da laboratorio presenta: aumento della frequenza cardiaca,
dell'attività locomotoria, del comportamento neofobico e un
generale incremento del comportamento ansioso in opportuni
test di laboratorio.
Questi
risultati propongono, quindi, un ruolo chiave del CRH anche nella
patofisio-logia dei disturbi d'ansia: studi clinici in pazienti
affetti da PTSD hanno dimostrato elevati livelli di CRH nel
fluido cerebrospinale, associati a livelli plasmatici di cortisolo
inferiori rispetto ai controlli.
Nel disturbo di panico, inoltre, sembrano emergere evidenze relative
a un'iperattività dell'asse HPA,
e anomalie compaiono anche nel GAD.
Dai
dati presenti in letteratura si può desumere che
depressione e disturbi d'ansia possano condividere un
malfunzionamento dell'asse HPA; tuttavia, sono necessari ulteriori
studi per chiarire se le alterazioni osservate nelle due
patologie possano essere sottese dallo stesso meccanismo
biologico e se le modificazioni neuroendocrine presenti nei pazienti
affetti da disturbi d'ansia possano
in qualche modo rendere l'individuo più vulnerabile allo
sviluppo della patologia depressiva in tempi successivi.
I neurotrasmettitori noradrenalina e serotonina sembrano coinvolti nella patogenesi di diversi disturbi del sistema nervoso centrale. I sistemi noradrenergico e serotoninergico proiettano estensivamente dai nuclei del midollo allungato a strutture corticali, subcorticali e limbiche. Il 70% dei corpi cellulari dei neuroni noradrenergici si trova nel locus coeruleus, mentre i neuroni serotoninergici sono localizzati principalmente nei nuclei del raphe . Il locus coeruleus e i nuclei del raphe, oltre a modulare la funzionalità di diverse strutture cerebrali, hanno un effetto modulatorio reciproco.
Studi
effettuati su modelli animali di ansia riportano aumento del firìng
dei
neuroni del locus
coeruleus, aumento
compensatorio degli autorecettori di tipo a2
e sovraregolazione dei sottotipi recettoriali p;
questi effetti molecolari si traducono in una generale attivazione
del sistema noradrenergico durante gli episodi ansiosi
Nella
patologia depressiva i recettori pre-sinaptici OC2
sono sovraregolati e ipersensibi-lizzati, con conseguente riduzione
della trasmissione noradrenergica (autorecettori) e
se-rotoninergica (eterorecettori) nelle aree prefrontali.
II
trattamento cronico con antidepressivi può normalizzare il
sistema a diversi livelli, come evidenziano studi clinici e modelli
animali.Per
quanto riguarda la serotonina, si osserva una generale
diminuzione della funzionalità di questo sistema
neurotrasmettitoriale sia nell'ansia sia nella depressione; i
recettori presinaptici 5HT,A
sono desensibilizzati, mentre i recettori postsinaptici e 5HT2C
sono sovraregolati.
A livello dei neuroni postsinaptici nelle regioni limbiche e corticali,
invece, regola il firing
attraverso
un circuito neuronaie inibitorio.
Considerati i risultati fin qui esposti, emerge come ansia e depressione possano condividere una causa neurobiologica comune, sottesa da alterazioni neuroendocrine parallele o comunque intercorrelate. Tuttavia lo spettro dei disturbi d'ansia e i disordini dell'umore costituiscono patologie multifattorali estremamente complesse, la cui eziopatogenesi è influenzata da stimoli ambientali che modellano l'individuo e interagiscono con fattori genetici in grado di conferire al soggetto una certa vulnerabilità. Dati i meccanismi neuroendocrini che ansia e depressione condividono, l'interesse della farmaco-genomica si è rivolto verso alcuni geni coinvolti nella modulazione dei diversi sistemi neurotrasmettitoriali su cui agiscono taluni farmaci efficaci in entrambe le patologie.
Gli
effetti centrali della serotonina sono mediati da almeno 14 tipi
recettoriali differenti. Un ruolo nella patofisiologia di ansia
e depressione è stato proposto per il sottotipo
recettoriale 5HT1A,
che si localizza sia nel terminale presinaptico sia nel terminale
postsinaptico. A
livello presinaptico, il recettore 5HTj inibisce la sintesi, il
rilascio e il turnover della serotonina.
Da
studi presenti in letteratura emerge come nell'eziopatogenesi
dei disturbi d'ansia e depressione possa essere coinvolta una
disfunzione di tale sottotipo recettoriale; inoltre, topi
knockout per il recettore 5HT mostrano un fenotipo ansioso.
Attraverso
tecniche di neuroimaging si è evidenziata una riduzione dei
recettori 5HT1A
in aree corticali e limbiche in pazienti con panico e
depressione
rispetto ai controlli.
Il
recettore 5HT,A
è codificato dal gene HTRIA localizzato sul cromosoma 5ql2.3.
Recentemente è stato identificato un polimorfismo a
singolo nucleotide (SNP) funzionale C-109G (HTR1A-1019) nella
regione di controllo trascrizionale del gene HTR1A, che
appare in grado di influenzare la capacità di legame di
diversi fattori di trascrizione, o enkancers,
e
conseguentemente di influire sui livelli di espressione di tale
recettore. HTR1A-1019 è stato associato a depressione
severa e sembra modulare tratti della personalità
associati a depressione e ansia.
Nonostante
le funzioni della serotonina siano mediate da numerosi sottotipi
recettoriali che agiscono a livello sia presinaptico che
postsinaptico, esiste un solo tipo di trasportatore avente la
funzione di rimuovere la serotonina dallo spazio sinaptico e di
ricaptarla nel terminale nervoso.
Il
trasportatore della serotonina (SERT) è il sito d'azione della
classe di farmaci antidepressivi inibitori selettivi del
reuptake della
serotonina. Il
SERT potrebbe rappresentare un importante punto di regolazione
della funzionalità del sistema serotoninergico; infatti,
dalla sua attività dipendono la durata e l'intensità
dell'interazione tra la serotonina e i suoi recettori pre e
postsinaptici.
Evidenze sempre più numerose indicano che disfunzioni a
carico del SERT potrebbero costituire un fattore di
vulnerabilità per lo sviluppo di patologie mentali, essere
comunque correlabili a particolari caratteristiche comportamentali
o essere predittive della risposta a un trattamento
farmacologico.
La
proteina SERT è codificata a livello sia centrale che
periferico da un gene localizzato sul cromosoma 17q.11.2; l'attività trascrizionale
di questo gene è modulata da
un elemento polimorfico ripetitivo (5HT-TLPR) che si trova a monte
del sito d'inizio della trascrizione. La maggioranza degli alle-h
5HTTEPR è costituita da 14 o 16 unità ripetute
(rispettivamente allele corto, short
M
e allele lungo, long
[/]).
Le differenti varianti alleliche della zona 5HTTLPR possono
influenzare l'attività trascrizionale del promotore del
gene del trasportatore della serotonina: una o due copie dell'alide s
sono
correlate a una diminuzione deU'mRNA codificante per SERT e a
una minore capacità di legame del trasportatore a livello
cerebrale rispetto a un individuo / omozigote.
E possibile che la comparsa dell'effetto terapeutico degli antidepressivi sia mediata da fenomeni di plasticità funzionale e strutturale che antagonizzano le alterazioni neuropatologiche alla base dell'ansia e della depressione.
L'effetto
degli antidepressivi nei disturbi dell'umore potrebbe essere mediato
dal ripristino della funzionalità della trasmissione
nervosa modulata dalla serotonina. La somministrazione cronica
di antidepressivi provoca la desensibilizzazione dei sottotipi
recettoriali 5HT1A,
5HT1B
e probabilmente anche del sottotipo 5HT2A.
In seguito al recente sviluppo di radiotraccianti specifici è
stato dimostrato che il legame al SERT diminuisce in diverse
aree cerebrali dopo trattamento cronico con SSRI, sia in
pazienti depressi sia in pazienti affetti da fobia sociale o
disturbo ossessivo compulsivo.
L'effetto
ansiolitico sembra comunque mediato dall'attivazione dei
recettori 5HT2A
per gli SSRI, mentre gli SNRI interagiscono con i sottotipi
5HT2A/5HT2B
Il
trattamento cronico con antidepressivi SSRI non provoca
downregulation
dei
recettori (3-adrenergici), mentre il trattamento con TCA, IMAO o
SNRI desensibilizza entrambi i sottotipi P e a2
Recentemente
è stato riportato che il pretrattamento con clonidina, un
agonista alfa2, è in grado di annullare l'effetto ansiolitico
prodotto da una somministrazione di SSRI o di SNRI in un modello
animale di ansia come il Four-Plate
Test (FPT).
L'attivazione
degli eterocettori OC2
che si trovano sui neuroni serotoninergici riduce il rilascio di
serotonina, mentre l'effetto degli autorecet-tori sui neuroni
adrenergici comporta la diminuzione deìfiring.
È
possibile che la somministrazione cronica di antidepressivi
desensibilizzi i recettori CX2
aumentando il rilascio di noradrenalina e serotonina a livello
prefrontale.
Il
trattamento con diverse classi di farmaci antidepressivi (IMAO,
SSRI, SNRI) aumenta l'espressione genica e il bindìng
dei
recettori per i mineralcorticoidi (MR) e per i glucocorticoidi (GR)
in aree limbiche e corticali
in modelli animali. In particolare, nell'ippocampo i livelli del
recettore MR aumentano dopo 1-2 settimane di trattamento,
mentre i GR aumentano moderatamente dopo 3-5 settimane. In tempi
successivi all'induzione dei recettori MR ippocampali, si
osserva una riduzione dell'RNA messaggero del peptide CRH nel nucleo
paraventricola-re dell'ipotalamo.
Utilizzando
opportuni test diagnostici, effettuati sia in soggetti sani sia
in pazienti depressi, è stato dimostrato che diverse
classi di antidepressivi stimolano il cortisolo e la secrezione
di ACTH dopo trattamento acuto; invece, la somministrazione cronica
di SSRI e SNRI normalizza l'iperattività dell'asse HPA.
Sono opportune ulteriori ricerche per chiarire l'effetto di queste
classi di far-maci in pazienti affetti da disturbi d'ansia. Tuttavia,
recenti studi effettuati su linee di ratti Wistar che differiscono
sensibilmente nel comportamento ansioso (High
Anxiety Bekaviour, HAB,
e Low
Anxiety Behaviour, LAB)
hanno evidenziato come negli animali HAB il trattamento cronico con
paroxetina normalizzi la risposta dell'asse HPA e aumenti la
trasmissione serotoninergica tra i nuclei del raphe e l'ippocampo.
Considerati
il ruolo dello stress come fattore esacerbante in numerose
patologie psichiatriche e il legame di interconnessione fra stress,
asse HPA e strutture limbiche, lo studio dell'effetto dello
stress sulle strutture cerebrali ha dimostrato che lo stress
cronico influenza profondamente la morfologia neuronaie di
alcune strutture limbiche quali l'amigdala e l'ippocampo.
Inoltre lo stress cronico è un potente inibitore della
neurogenesi, processo che si verifica nel giro dentato
anche in età adulta.
Il
trattamento cronico con antidepressivi potrebbe ripristinare il
supporto neurotrofico attraverso la regolazione dell'espressione
della neurotrofina BDNF (Brain-Derived
Neurotrophic Factor}, promuovendo
la sopravvivenza neuronaie ; è stato inoltre
provato che l'effetto comportamentale generato dalla
somministrazione cronica di antidepressivi scompare se viene bloccata
la neurogenesi nell'adulto .
Recentemente
è stato dimostrato che le strutture limbiche sono diversamente
influenzate dallo stress cronico; in particolare, se
nell'ippocampo l'arborizzazione dendritica è fortemente
compromessa nell'area CA3, in alcuni nuclei dell'amigdala si osserva
un aumento della spinogenesi e della lunghezza dei dendriti. Inoltre
le alterazioni ippocampali indotte da procedure stressanti
ripetute sono revertite dopo 3 settimane dalla sospensione dello
stress, mentre le modificazioni strutturali dell'amigdala si
sono rivelate più durature .
Sono
stati quindi utilizzati animali transgenici che overesprimono la
neurotrofina BDNF neìforebrain
come
approccio farmacologico per approfondire il ruolo di questa
neurotrofina. Gli studi condotti su questi topi hanno dimostrato una
prevenzione dell'atrofia dendritica in ippocampo indotta dallo
stress cronico, e un aumento dei com-
portamenti
ansiosi correlabile a un'aumentata spinogenesi a livello
dell'amigdala.
La
comprensione del ruolo del BDNF in strutture come l'ippocampo e
l'amigdala e dell'azione dei farmaci antidepressivi in queste
due aree potrebbe chiarire i meccanismi d'azione coinvolti
nell'effetto terapeutico di tali composti osservato nei disturbi
d'ansia e nella depressione.
È
stato inoltre ipotizzato che l'effetto an-siolitico degli SSRI possa
essere mediato da meccanismi d'azione differenti rispetto al
meccanismo antidepressivo; in particolare, è stato proposto un
effetto sui neurosteroi-di, modulatori del complesso del recettore
GABAA.
Gli
SSRI, infatti, stimolano l'attività dell'enzima
steroidogenico 3-cx-idrossisteroido-deidrogenasi e favoriscono la
sintesi di allo-pregnanolone, neurosteroide che potenzia la
trasmissione GABAergica interagendo con i recettori GABAA
in modo benzodiazepino-simile.
Le
basi neurobiologiche di patologie quali ansia e depressione non sono
ancora state chiarite. Sono tuttavia disponibili tecniche di
manipolazione genetica sempre più sofisticate che
permettono di studiare l'influenza di singoli geni sul
comportamento, modelli animali sempre più caratterizzati
e mezzi diagnostici clinici sempre più sensibili e meno
invasivi. Questo scenario offre nuove opportunità per
meglio comprendere i meccanismi d'azione dei farmaci attualmente
utilizzati in clinica, consentendo così di approfondire
l'eziopatogenesi dei disturbi dell'umore e di sviluppare strategie
terapeu-tiche innovative."
Disturbo d'ansia
RBILITÀ ANSIA-DEPRESSIONE
Disturbo d'ansia
Depressione maggiore