Italia fanalino di coda per l’innovazione

gennaio 6, 2009 ,   da torinovalley


Un Italia a tinte chiaro-scure quella uscita fuori dal rapporto del 2008 ‘Innovazione di sistema’ , rapporto stilato dalla ‘Fondazione Rosselli’ in collaborazione con il ‘Corriere della Sera’.

Il nostro paese rimane comunque in fondo alla classifica dei 19 stati appartenenti all’Ocse, recuperando un posto, però, rispetto al 2007 passando dal 17° al 16° posto.

Nella speciale classifica, comandata sempre dalla Svezia seguita da Finlandia, Danimarca e Stati Uniti, risulta che i paesi del nord Europa e americani sono ancora i primi circa il miglior utilizzo dei capitali umani, della ricerca scientifica, della modernizzazione di infrastrutture e trasporti, della produzione di brevetti e di alta tecnologia.

Secondo Riccardo Viale, responsabile della Fondazione Rosselli, “La nota positiva del rapporto 2008 è data dalla vitalità mostrata dal settore privato, vale a dire la capacità delle imprese di esportare brevetti e innovazione. Per la prima volta assoluta, infatti, l’Italia fa registrare una “bilancia tecnologica” positiva. E a questo si aggiunge il raddoppio dell’attività di venture capital, segno che sono stati individuati progetti da finanziare più interessanti rispetto al passato”.

Capostipiti di tale successo tutto italiano sono la Geox, la Benetton, la catena Autogrill molto presente negli aeroporti americani con grandi brand e l’Acotel che ha ‘inventato’ gli sms.

Questa è la vera eccellenza italiana circa lo sviluppo e la ricerca affidata, però, quasi esclusivamente ai privati.

I problemi più seri iniziano per il nostro paese quando si analizzano i fattori inerente l’influenza della sfera pubblica a causa degli errori commessi dallo Stato con investimenti per l’innovazione sempre più esigui.

Non a caso il livello del capitale umano è ancora il più basso tra quello dei 19 paesi esaminati e per quanto riguarda il “sostegno finanziario alle attività di ricerca”, per le “dotazioni infrastrutturali di base”, per l’”efficienza dei processi di trasferimento tecnologico tra università e imprese” si è sul fondo della classifica così come per quanto riguarda il numero di laureati, di ricercatori scientifici e per esportazioni tecnologiche.

Insomma un disastro al quale bisogna porre subito rimedio