L'intenzione e' una cosa fisica ?

di Alessandro Pagnini  da Domenica (Sole24ore) del 30/12/08


Sto leggendo il giornale, ci vedo poco, accendo la luce premendo l'interruttore. In genere si spiega questa azione invocando credenze e desideri. Io desidero che ci sia luce perché altrimenti non riesco a leggere il giornale, credo che con la luce leggerò meglio e credo che premendo l'interruttore farò luce
. Spiegando così la mia azione ho fatto riferimento a contenuti intenzionali che tratto come cause della mia azione; ho invocato cause intenzionali e le loro proprietà intenzionali. Ma le proprietà intenzionali sono riducibili a proprietà fisiche?
La mia azione si svolge nello spazio-tempo, e io la posso descrivere (e spiegare) anche facendo ricorso a termini che indicano proprietà fisiche. Il mio atto di accendere la luce si risolve nel movimento di un dito che preme l'interruttore, e io potrei anche trovare le cause fisiche che hanno provocato quel mio movimento corporeo (a partire dall'accensione di certi neuroni nel cervello). Dunque, un modo di spiegare i miei movimenti corporei quando accendo la luce invoca solo le proprietà mentali delle loro cause intenzionali, mentreun altro modo menziona solo le proprietà fisiche di quelle cause. Le due sembrano spiegazioni complete e indipendenti del comportamento.
Il problema, che accompagna a quanto pare irresolubilmente la filosofia della mente da Cartesio a oggi, è il seguente: gli eventi mentali che sono eventi fisici sembrano essere causalmente efficaci nel mondo fisico in guanto fisico ma non in quanto mentale. Non è un problema di efficacia causale degli eventi, ma è un problema di rilevanza causale delle proprietà. In virtù di quale/i proprietà si verifica l'effetto?   
Simone Cozzano affronta questa domanda senza elusioni e omissioni. La sua risposta sarà nell'ordine del più tenace e audace fisicalismo (le proprietà mentali sono ìdentiche alle proprietà fisiche), senzàcompromessi con teorie della sopravvenienza o dell'emergenza, ma la strada per arrivarci è impervia (è «la strada più ripida», ammette lo stesso autóre), e passa attraverso una attenta e minuziosa riconsiderazione di tutti gli elementi concettuali che intervengono nella formulazione del problema: dal concetto di evento e addirittura da quello di "fisico" a quelli di nesso causale, di proprietà, di individuazione e di identità; senza tralasciare una definizione Il processo fisico che per Gozzano troppo superficialmente è definito solo in termini di quantità conservate e una analisi dei concetto hehnholtziana di «chiusura causale del mondo fisico» - ìn base al quale ogni evento fisico se ha una causa ha una causa fisica - in modo da rispondere alla domanda focale posta a suo tempo da Fodor: «Come può il non fisico dare origine al fisico senza violare le leggi di conservazione della massa, dell'energia e del momento?».
Non mi soffermo sulle argomentazioni ben costruite e sulle trattazioni competenti, ma anche molto tecniche, che caratterizzano il lavoro di Cozzano. Voglio solo esprimere il mio compiacimento per un progresso che esso segna rispetto al tenore generale degli odierni dibattiti sul tema: quando si parla di scienza e di scienza fisica, magari per negare che il mentale possa esserne legittimamente e esaustivamente oggetto di ricerca, si deve prima sapere di che cosa si parla; altrimenti si rischia di creare delle incompatibilità fìttizie, sulla scia di vecchie contrapposizioni, a volte solo ideologiche, tra scienze naturali e scienze "dello spirito" (oggi perlopiù declinate nei termini del descrittivo contro il normativo).
Da questo libro si impara che nel ciclo della scienza (e anche della stessa fisica) ci sono più cose di quante i filosofi non immaginino. Per esempio, le leggi causali dell'economia e della biologia, e persino della meccanica, non sempre fanno appello a quantità conservate; l'individuazione delle entità nelle varie scienze non obbedisce sempre e ovunque agli stessi sistemi (l'acqua non si individua come il gene). Di fronte alla pluralità di metodi di criteri e di concetti che la scienza dispensa, perché la conoscenza del mentale dovrebbe obbligarsi a confrontarsi con quell'immagine rigidamente "galileiana", per molti versi una vera e propria caricatura della scienza, che ha motivato gli antifisicalisti di ieri come di oggi? Senza contare il fatto, come nota giustamente Cozzano, che il tanto bistrattato fisicalismo non è soltanto una posizione filosofica "da poltrona", ma è anche «la fonte di ispirazione di molta ricerca empirica, se non tutta». Un motivo in più per intentarne una legittimazione concettuale ed epistemologica.
 Simone Cozzano, «Pensieri materiali», Utet, Torino, pagg. 234, € 19,00.