La famiglia : a che punto siamo ?
di Pascal Bruckner da Domenica , Sole24ore , 14/12/08
Una straziante canzone dei Beatles, She is Leaving Home, racconta la storia di una ragazza che la mattina presto fugge di casa lasciando un biglietto sul tavolo; le sue parole trasmettono le emozioni di un'adolescente stanca della mediocrità dei genitori, e quelle di un padre e di una màdre annientati da questo abbandono. La famiglia un tempo pesava su ognuno di noi come una cappa di piombo; oggi ricorda quelle tende bucate che lasciano passare l'aria e la pioggia. Questa è la visione più diffusa del crollo seguito alla rivoluzione individualista e al generalizzarsi del divorzio. Un piccolo francese su dieci vive in una famiglia ricomposta, uno su quattro in una famiglia monoparentale, nella maggior parte dei casi con la madre; il numero dei matrimoni cala costantemente (266.500 nel 2O07 contro i 300.000 del 2000) e una nuova espressione ha fatto la sua comparsa in Francia, "i quasi", per definire quei bambini figli di uno o dell'altro dei due congiunti e privi di legami di sangue tra loro. Il legislatore da parte sua cerca di dare uno statuto al genitore acquisito dotato di un "mandato educativo". Non è tuttavia strano che questo fenomeno coesista in Francia con un tasso di fecondità eccezionale dovuto ad una politica giudiziosa (asili nido, custodia a domicilio) che ha fatto del lavoro delle donne l'alleato e , non più il nemico della natalità. Non c'è dubbip che nell'Esagono piu'. ancora che nella vicina Germania, ha avuto successo il delicato tentativo di far coesistere attività professionale e maternità. Non è stupefacente, inoltre, che la disgregazione senza fine dei legami matrimoniali vada di pari passo con un crescente desiderio di fare famiglia", in particolare da parte di coloro che tradizionalmente non vi avevano accesso, come i membri delle minoranze sessuali? Per i gay o le lesbiche, lo statuto di paria solitario è ormai tramontato e l'orientamento sessuale non deve più significare la privazione dei piaceri accordati agli eterosessuali. Su questo piano, il lamento dei conservatori pecca di eccessivo pessimismo: le democrazie ricompongono a valle, e su altre basi, volontaristiche, le solidarietà che hanno distrutto a monte.
«Famiglie, vi odio! Focolari chiusi, porte serrate, geloso possesso della felicità» diceva Andre Gide in una famosa apostrofe. Famiglie vi amo, gli risponde Lue Ferry, celebrando la crescita esponenziale della vita privata. Forse però bisogna sfumare questa dichiarazione: famiglie, vi amo, ma a tempo parziale. Perché queste piccole concentrazioni umane non hanno perso il loro carattere ambivalente. Rifugio e prigione, allo stesso tempo, luogo in cui si soffoca e insieme si cerca sicurezza. Da qui la gioia, naturalmente, di sentirsi protetti, di sapere che  la porta è sempre aperta, il senso di conforto nell'essere legati a qualcuno, nel sentirsi elevati dall'esistenza di una stirpe che ci ha preceduti e che ci sopravviverà, i momenti di insostituibile armonia, i ricordi felici, la preoccupazione per la propria amata discendenza, alla quale si augura il meglio. La famiglia è la sola e ultima patria per la quale si è ancora pronti a morire, a sacrificare la propria vita.
Ma c'è anche il rovescio della medaglia. Questi grandi blocchi di solidarietà ristretta sono spesso altrettanto chiusi di una fortezza e non lasciano alcuna via di fuga. Entrare nella loro intimità è come sollevare una pietra e portare alla luce il brulichio dei vermi: patologie e corruzione. È sempre in seno a una famiglia che si scopre il fondo melmoso dell'anima umana: violenze, tradimenti, incesto, odi cocenti L'idea che"si possa provenire da persone simili; condivìdere con loro un patrimonio genetico e culturale è nauseante. Altri focolari sono, al contrario, società di mutua ammirazione, in cui lo straniero viene ammesso solo in funzione di specchio per confermare lo splendore del clan. Siamo così belli visti attraverso i tuoi occhi, torna spesso a dircelo! Anche le tribù più disinvolte hanno il loro lato oscuro e accumulano orge di affetto e di aggressivita'. Simili piccole (democrazie del sentimento anarchico non evitano i conflitti, il non-detto, i regolamenti di conti nascosti dietro un sorriso) .
Che cosa tiene insieme i membri di una stessa fratria? Certo non l'autorità, ma piuttosto l'inclinazione, gli interessi condivisi. Niente a parte la loro volontà impedisce ai genitori di separarsi, agli adolescenti di andarsene, ai fratèlli e alle sorelle di non vedersi mai più. La biologia ha smesso di essere il fondamento del ben che mìnimo dovere. Centrata sulla felicità dei suoi membri e sulla negoziazione permanente, la famiglia moderna vuole essere un trampolino per il bambino, assicurandogli la protezione necessaria per prepararlo al mondo. Ma al primo serio intoppo le coppie divorziano; restano i figli, fastidiosi testimoni di un desiderio che non esiste più e, all'altra estremità,  gli anziani che vengono spinti in fretta verso l'uscita, parcheggiati in case di riposo. Felicità spietata che esige, per realizzarsi, il sacrificio altrui. Si è passati dalla chiusura di ieri all'abbandono di oggi. Il filosofo Isaiah Berlin vedeva nell'epoca vittoriana il trionfo della claustrofobia: imprigionamento, paura, grettezza, E temeva per il nostro tempo il male inverso, l'agorafobia! terrore di un oceano senza dighe, senza autorità, senza dirczione. Educazione destrutturata, padri assenti, figli e avi lasciati soli. Si vorrebbe poter sciogliere il legame a volontà, con un semplice clic sulla propria discendenza o i propri vecchi genitori. Una delle opportunità offerte dalla nostra època è la vita collettiva facoltativa all'occasione delle feste comandate; permette di gustare il calore di famiglie piene di individui disseminati in ogni parte del mondo. Barack Obama non ha  detto forse che a casa sua gli incontri natalizi, che riuniscono parenti provenienti dai quattro angoli della terra, somigliano alle riunioni dell'Assemblea generale dell'Onu? Come se, per lo spazio di una sera, o di una settimana, la famiglia fosse messa al servizio dell'individuo, che può approfittare di questi raduni senza per questo sentirsi irreggimentato. Sparpagliamento degli oneri affettivi, cittadinanze multiple; la vera indipendenza non è l'isolamento del misantropo, ma la moltitudine dei legami. Temiamo il totale disimpegno, che ci getterebbe in un deserto affettivo, quanto il peso di un'unica tutela che ci schiaccerebbe. A dire il vero, vogliamo entrambe le cose meno gli inconvenienti di ognuna di esse. La solidarietà senza la dipendenza, l'autonomia senza la solitudine, il legame senza il guinzaglio. Pensiamo alla frase magnifica e terribile di Virginia Woolf: «Nessun essere umano ha il diritto di impedire la vista a un altro essere umano». Vi si sente risuonare l'appello a un'irresistibile liberazione contro l'ordine patriarcale e coniugale. Ma se l'ostacolo in questione è un bambino diventato un disturbo, una sorta di carceriere in miniatura che si vuole allontanare perché impedisce a una vita più intensa?
Non esiste sintesi miracolosa tra l'interesse generale e l'interesse individuale. Anche oggi le scelte sono tragiche e oscilliamo tra vari vicoli ciechi; La famiglia sarà sempre troppo coercitiva per il nostro desiderio di libertà a mai abbastanza presente per il nostro bisogno di consolazione. La soluzione di questo paradosso non è vicina.
Traduzione di Monica Fiorini