Enrico Anselmi

LETTERA APERTA
AI DIRETTORI E AI DOCENTI DEI CONSERVATORI


Un sottile filo ideale lega tra loro le cose degli uomini: sul punto di licenziare questa lettera vengo a conoscenza dell'improvvisa scomparsa di Bruno Boccia: critico musicale, musicista colto, dirigente dell'Ispettorato per l'Istruzione Artistica, Bruno Boccia era anche un uomo estremamente corretto che sapeva distinguere il bene dal male. Questa rara concomitanza di qualità e di funzioni ne aveva fatto uno dei personaggi chiave di una politica intelligente, consapevole, innovativa e moralizzatrice dell'Ispettorato, ma lo aveva reso inviso a molti: negli ultimi anni di servizio egli viveva in una situazione di totale isolamento. L'impronta da lui data alla impostazione di certi problemi rimane però per alcuni di noi come un testamento spirituale. Voglio qui ricordare la sua azione determinante riguardo a tre aspetti fondamentali della vita dei conservatori: la sua difesa della sperimentazione come elemento di rinnovamento, la sua volontà moralizzatrice quando scoppiarono i fatti del Conservatorio di Palermo all'inizio degli anni ottanta, e la sua partecipazione, come presidente assieme a due direttori di Conservatorio, Giorgio Cambissa e Firmino Sifonia, alla commissione che nell'81 formò la graduatoria degli aspiranti alla direzione dei Conservatori, l'unica graduatoria valida basata sulla valutazione dei titoli, grazie alla quale ancora oggi undici direttori, tra cui il sottoscritto, sono in servizio. Questa sua posizione torna drammaticamente attuale in questi giorni. Quando tutto ciò in cui egli credeva rischia di essere travolto, la sua scomparsa assume un valore simbolico: quello di un passaggio di testimone alle altre generazioni, che credono negli stessi valori e nella lotta per la loro affermazione.

Le recenti disposizioni sul calendario scolastico confermano il predominio incontrastato dell'UNAMS sui Conservatori e sull'Ispettorato e ci danno ancora una volta la misura della sua pressione sullo stesso Ministro della Pubblica Istruzione. Questa lettera aperta a tutti i direttori e i docenti dei Conservatori è un tentativo in extremis per aggregare le coscienze che si ribellano a tale predominio, prima che sia compiuto quel disegno di parte, in nome del quale si sta distruggendo quanto di nuovo, faticosamente, uomini come Bruno Boccia hanno tentato di introdurre nei Conservatori.

E' quindi una presa di posizione nel rispetto della legalità e al lume della ragione, contro i colpi di mano, l'illegalità e la confusione che da molto tempo siamo costretti a subire. A chi si riconosce nei contenuti di questa lettera chiedo di esprimere la sua adesione scrivendo al Conservatorio di Vicenza: lo chiedo sia a chi, come me, non è iscritto a sindacati e partiti politici, sia a chi, per varie ragioni, lo è già, perchè, sulla base di un'idea comune, si possa, in un secondo momento, creare una forza che, democraticamente, sia in grado di contrastare le posizioni dell'UNAMS. Gli altri sindacati hanno da molto tempo perso ogni interesse per il settore dei Conservatori, fino ad esistere solo sulla carta: questa è la ragione per la quale l'UNAMS può imporsi senza incontrare opposizioni. La mancanza di un'alternativa all'UNAMS costituisce un vuoto di democrazia e di rappresentatività che deve essere colmato.

Questo stato di cose si verifica in un momento in cui l'impulso verso la privatizzazione ci fa temere un ulteriore declino della Scuola Statale, la cui difesa è un compito che ogni italiano di buona volontà dovrebbe sentire, in quanto corrisponde a un preciso diritto dei cittadini. I Conservatori, regolati da leggi che si avviano a diventare secolari, sono tra le istituzioni più esposte all'impulso alla smobilitazzione delle strutture statali, per il loro isolamento, la loro inattualità, il loro scollamento dal tessuto produttivo, l'abbassamento del livello qualitativo del personale insegnante, causato dalla passata politica di ampliamento clientelare.

Il D.M. 2/11/1993 sul calendario scolastico per il triennio 1993/96 costituisce l'ultimo atto di questo processo di dequalificazione dei Conservatori. Il Ministro ha, anche questa volta, subito le pressioni di chi da anni pilota la vita dei Conservatori senza la minima opposizione.

Da tempo, infatti, con una "politica del travestimento" che sarebbe ridicola se non fosse degradante, si opera per travestire il Conservatorio con i panni dell'Università.

Le tappe di questo luminoso cammino sono segnate di provvedimenti disastrosi per i Conservatori: seguiamole a grandi linee e cerchiamo di valutarne il peso.

Nel D.M. del 16/01/1988 l'allora Ministro della Pubblica Istruzione Giovanni Galloni recepì le pressioni dell'UNAMS per fare iniziare le lezioni nei Conservatori il 3 novembre, pur lasciando l'inizio dell'anno scolastico al primo ottobre: si portava così a quasi cinque mesi l'inattività di insegnanti e alunni: un provvedimento che denunciava l'irresponsabilità e il completo disinteresse per i diritti degli allievi di chi l'aveva proposto, dato il tipo di scuola al quale si riferiva, dove sono essenziali l'esercizio e il controllo costanti. Ma, poichè l'anno accademico delle Università inizia attorno alla stessa data, nell'ottica di chi lo proponeva imitarla significava compiere un passo verso il riconoscimento del livello universitario dei Conservatori. Malgrado l'assurdità e l'antiprofessionalità del provvedimento, e malgrado le proteste di molti direttori tra cui chi scrive, l'innovazione rimase e anzi venne confermata dal successivo D.M. 29/09/1990 che portava al 1(o) novembre l'inizio dell'anno scolastico. Non sfuggì neanche ai meno attenti che l'operazione era basata su una carta vincente: la promessa, mantenuta, di minor lavoro che, assieme alle rivendicazioni di vantaggi economici e di avanzamenti di carriera costituisce la base di un certo genere di proselitismo e di consenso.

Il secondo provvedimento riguardò la sorte dei Direttori. Si disse: poichè le nomine dei Presidi di Facoltà e dei Rettori delle Università sono elettive, anche il Conservatorio deve avere direzione elettiva. Il provvedimento, oltre a compiere un altro passo nella "politica del travestimento", era chiaramente volto al conseguimento di due scopi: toglieva potere al Ministero, privandolo della possibilità di gestire le nomine dei Direttori, e lo dava invece a quelle (o quella, dato che oggi ne esiste una sola) organizzazioni che pilotano gli iscritti a loro piacimento, con la possibilità quindi di imporre i "fedelissimi" e di eliminare con il voto i non allienati. Si dimenticava un particolare riguardante l'esperienza dell'elettività nelle Università e nelle Accademie, e cioè che proprio l'elettività è considerata da più parti una delle ragioni dei disservizi, dell'indisciplina e del decadimento di quelle strutture. Era evidente per chiunque che se la direzione fosse divenuta elettiva non sarebbe più esistita la carriera direttiva, come non esiste all'Università.

Si distruggeva così disinvoltamente la carriera di coloro che, a volte con sacrifici, avevano, in molti casi per più di dieci anni, svolto questo importante compito. Nel momento in cui questi Direttori avevano accettato l'incarico, sapevano che una legge aveva istituito la carriera e il ruolo direttivo nei Conservatori. La richiesta e l'accettazione dell'incarico di Direttore aveva come presupposto la fiducia nella validità della legge: un'ordinanza del Ministro l'ha invece aggirata.

Deve essere chiarito che in questa triste vicenda, una parte, e non piccola, delle responsabilità sta proprio in alcune categorie di Direttori che hanno determinato il discredito della funzione direttiva e il decadimento dei Conservatori. Sono responsabili coloro che non tengono in alcun modo a questa carriera perchè hanno attività più proficue e più prestigiose da seguire: per essi la direzione di un Conservatorio è la ciliegina sulla torta, dove la torta è costituita di ben altri ingredienti. Sono responsabili coloro che, non seguendo carriere artistiche di alto livello, considerano la direzione come unico titolo di prestigio a cui possono aspirare ma, non amando questo lavoro, limitano il loro interesse e le loro presenze allo stretto indispensabile e certe volte anche a meno.

Sono responsabili coloro che hanno ricevuto da poco tempo l'incarico di direzione e tacciono per paura che venga loro tolto. Sono responsabili coloro che sono così inquadrati tra i seguaci della politica dell'UNAMS da guardare con indifferenza la mano che essi stessi hanno contribuito a farsi amputare; a questo proposito mi è estremamente penoso ricordare che quando l'ordinanza del Ministro sancì la distruzione della nostra carriera, un collega, con una lettera a tutti i Direttori, inneggiò alla guerra combattuta e vinta, guerra combattuta e vinta contro la nostra e la sua professionalità di Direttore. Sono responsabili infine coloro che non meritavano l'incarico e l'hanno ottenuto solo per motivi che con la direzione non hanno nulla a che fare. Sarà opportuno ricordare però che i Direttori di Conservatorio sono l'unica categoria di lavoratori della scuola che non vede riconosciuto un diritto elementare, quella della valutazione dei titoli di servizio: nessun punteggio fisso per gli anni di incarico, tranne che nella citata graduatoria dell'81, è stato attribuito ai Direttori di Conservatorio. Se il motivo dell'esistenza dei sindacati è quello della difesa dei diritti dei lavoratori, ci si chiede come mai nessun sindacato abbia voluto difendere questo diritto elementare: il rinnovo dell'incarico di direzione è sempre avvenuto senza tenere conto dei titoli acquisiti: e proroghe di uno o due anni costituiscono una vergognosa elemosina che qualcuno spaccia per vittoria.

Ma queste responsabilità non si possono separare da quelle dell'Ispettorato e degli stessi Ministri che non hanno saputo né voluto riconoscerle e prendere i provvedimenti necessari.

L'ultima conquista (per ora) di tale politica sindacale è il citato decreto del Ministro sul calendario scolastico: per mezzo di esso, sempre in nome dell'aspirazione al livello universitario, con una preoccupante disinvoltura, si passa sopra a due leggi dello stato: quella istitutiva della scuola media annessa e quella sulla sperimentazione, che hanno reso possibile l'ampliamento dei Conservatori e l'innalzamento della preparazione musicale e culturale del musicista professionista.

D'altra parte non è chiaro se si voglia vermente cambiare qualche cosa, perchè il decreto non chiarisce nulla e lascia aperte le porte a tute le interpretazioni. Un esempio di tale fonte di equivoci è l'omissione della divisione dell'anno scolastico ai fini degli scrutini, sempre precisata nei decreti per il calendario e già esistente come divisione in bimestri nel citatissimo D.Lgt. 5/5/1918 n. 1852, all'art. 220. Il decreto, recependo le pressioni dell'UNAMS riguardo alla data degli esami di ammissione, colpisce ancora una volta gli alunni, togliendo loro diritti sanciti da leggi che nessun parlamento ha annullato. E colpisce i docenti: da esso, se applicato, deriverà una riduzione di classi: non è vero che si iscriveranno al Conservatorio gli alunni residenti lontano dalle città, perchè è sempre stato possibile, per chi abita a più di 30 chilometri di distanza, iscriversi al Conservatorio e alla Scuola Media del proprio paese di residenza. D'altra parte recenti disposizioni hanno reso più elastico il rapporto tra Conservatorio e Media annessa. In tal senso non cambierà nulla in meglio, ma verrà meno la fiducia nel Conservatorio da parte dell'utenza: la fiducia in un istituto che non rispetta le regole e passa sopra ai diritti dei cittadini.

Potrà esserci un incremento di iscrizioni solo nei Conservatori dove queste sono state boicottate proprio per eliminare le medie annesse e i licei sperimentali.

A proposito di questa politica sindacale bisogna riflettere sul fatto che essa maschera una politica di potere: i miglioramenti di carriera, i benefici economici, la difesa del personale che squalifica i Conservatori (vedi le leggi e leggine per il passaggio in ruolo di tutti i supplenti, tanto difese negli anni passati) sono una merce che rende molto bene in termini di adesioni e quindi di potere. Che l'interesse degli utenti sia ben altro non è tenuto in alcun conto.

Alla base dei provvedimenti, a nostro avviso disastrosi, che abbiamo individuato, è la volontà di anticipare, un passo alla volta, la riforma così come è concepita dall'UNAMS, mettendo in qualche modo i futuri legislatori di fronte al fatto compiuto. La riforma è da tempo un'entità divenuta quasi mitica, la cui attuazione presenta infinite difficoltà. Ma è doveroso denunciare la strumentalizzazione che si fa di queste difficoltà da parte dell'UNAMS, sfruttando paure e interessi corporativi. Una riflessione obiettiva sulle possibili impostazioni della riforma è necessaria alla corretta valutazione del problema. In particolare è opportuno esaminare le possibilità di collocazione dei Conservatori, o meglio, di ciò che questi potranno divenire in una futura riforma, nel quadro generale della scuola italiana. A questo proposito è indispensabile porre in evidenza delle aporie riguardo all'inclusione nell'art. 33 della Costituzione dei Conservatori. In primo luogo sarà opportuno chiarire che l'art. 4 della Legge 24/12/1993 n. 537 conferisce "personalità giuridica... autonomia organizzativa, finanziaria, didattica, di ricerca e sviluppo agli istituti e alle scuole di ogni ordine e grado.": rivendicare quindi a tale scopo l'inclusione dei Conservatori nell'art. 33 della Costituzione, che prevedeva ordinamenti autonomi per le Istituzioni di Alta Cultura, non è più necessario. Ma se si vuole fare riferimento all'art. 33 per altri scopi, cioè rivendicazioni di carriera e miglioramenti economici, è opportuno fare qualche osservazione. Sono emersi in questi anni due modelli di possibile riforma dei Conservatori: uno, sposato dall'UNAMS, vuole l'abolizione delle leggi istitutive delle medie annesse ai Conservatori e della sperimentazione con riferimento in particolare ai Licei sperimentali, riportando i Conservatori alla normativa del '18. L'altro vuole la divisione dell'istruzione musicale in quattro fasce: elementare, media inferiore, media superiore e universitaria, inserendo quindi l'istruzione musicale nello schema generale della scuola italiana. Un terzo modello, quello proposto recentemente dal Sen. Zoso, costituisce una via di mezzo tra le due soluzioni radicali. Il primo modello vuole un Conservatorio sganciato dal sistema scolastico nazionale, rivendicando l'atipicità dell'insegnamento musicale, nella convinzione che al musicista sia necessaria solo la formazione specialistica, perpetuando la grave scissione dell'unità della cultura, avvenuta nella seconda metà dell'800. Esso intende conservare la caratteristica trasversalità del vecchio Conservatorio, che passa dall'istruzione strumentale elementare (lettura delle note, impostazione allo strumento, rivolta a una fascia di età che parte dagli otto anni) alla fase di conclusione degli studi in prossimità del diploma. Il secondo modello, partendo dalla convinzione della necessità della formazione del musicista come uomo e come cittadino, e ponendosi come obiettivo la riaffermazione dell'unità del sapere e della cultura in un nuovo umanesimo, completa il piano di studi del musicista con quel processo formativo che è garantito dalla Scuola media inferiore e superiore, ma orientandolo verso un indirizzo musicale, rivendicando poi la necessità di una fascia di studi superiori che garantisca l'approfondimento strumentale, la ricerca e il perfezionamento.

E' chiaro che per quest'ultimo modello l'inserimento della fascia superiore degli studi musicali tra le "Istituzioni di Alta Cultura" contemplate dall'art. 33 della Costituzione, è automatico. Semmai è da valutare se sia più opportuno e più corretto inserire la fascia superiore degli studi musicali tra le Facoltà universitarie o le Accademie.

Il primo modello, invece insistendo sulla atipicità e trasversalità dei Conservatori, rende problematico il loro inserimento tra le Istituzioni di Alta Cultura: se infatti queste sono per definizione dedicate alla ricerca, all'approfondimento e al perfezionamento, è impossibile pretendere che in seno ad esse continui a coesistere il livello di studio iniziale.

Quindi delle due l'una: o il Conservatorio mantiene l'atipicità e la trasversalità caratteristiche dell'impostazione della legge del '18, ma rinuncia all'inserimento tra le istituzioni di Alta Cultura, oppure punta all'inserimento tra le Istituzioni di Alta Cultura ma deve accettare la divisione in fasce. Il vero grave problema di questa seconda soluzione sta nel reclutamento del personale per le varie fasce e in particolare nella selezione dei docenti che dovrebbbero insegnare nella fascia universitaria. E' certamente necesario che vengano rispettati diritti acquisiti, orari, qualità e prerogative dell'insegnamento per chi non potesse passare alla fascia universitaria. Ma è scorretto e illusorio mostrare come possibile l'inclusione di tutto il personale del Conservatorio nella fascia superiore secondo il primo dei due modelli di riforma. Chi lo fa non dice la verità e punta demagogicamente sul coinvolgimento emotivo e sull'interesse economico creando paura e confusione, terreno fertile del deprecato sistema politico che faticosamente stiamo cercando di seppellire.

Bisogna poi ricordare che l'ammissione degli studenti alle Istituzioni di Alta Cultura ha luogo solamente dopo il conseguimento di una maturità a conclusione degli studi secondari superiori. E' quindi necessario in ogni caso affrontare e disciplinare il problema della fascia secondaria superiore per l'istruzione musicale. Il progetto di riforma proposto dall'UNAMS, ed espresso nel progetto Carelli ed altri, non sfiora nemmeno questo problema come non ne affronta nessun altro. Esprime solo dichiarazioni di principio che si limitano a rivendicare il carattere superiore dei Conservatori, denunciando una concezione della riforma che mira solo a miglioramenti di carriera. Un altro degli aspetti più importanti di una possibile riforma riguarda gli sbocchi occupazionali. Bisogna ricordare che ogni anno si diplomano nei Conservatori giovani che nella maggior parte dei casi dovranno cambiare mestiere, per l'impossibilità di trovare lavoro nel campo della musica. Una riforma che non comporti serie innovazioni in altre strutture dello stato, creando nuove possibilità di lavoro, deve essere respinta con la massima determinazione. Così come deve essere respinto ogni tentativo di imbellettare le strutture decrepite lasciandone invariata la sostanza, ormai definitivamente superata dalla Storia. Infine è necessario considerare che il momento politico attuale impone la sospensione di qualsiasi tentativo di anticipare con colpi di mano un modello di riforma. Solo il futuro Parlamento potrà e dovrà esprimere con leggi una riforma che risponda alla volontà politica dei cittadini, attraverso i suoi nuovi rappresentanti.

Vicenza, 10.02.1994

IL DIRETTORE DEL CONSERVATORIO DI VICENZA
(M.o Enrico Anselmi)