GIORDANO MONTECCHI
Conservatorio di Parma

"My Personal Point Of Wiew"

Chi li vuole Università tout court, chi li vuole sdoppiare in Liceo-Università. In ogni caso, sembra che i Conservatori non li voglia più nessuno. Per qualche inesorabile motivo, tutte le ipotesi di riforma succedutesi in questi ultimi tempi, hanno in comune non la riforma, ma l'eliminazione dei Conservatori in quanto tali. E' storia vecchia. La premessa di questo stonato bricolage legislativo, di questo manicheismo avvilente nel cui orizzonte non c'è posto per la musica come forma autonoma del sapere, non è che l'eterno ritorno di quell'analfabetismo speculare - del musicista per la cultura e dell'intellettuale per la musica - così inestirpabilmente e maledettamente italiano.
I Conservatori non possono essere equiparati all'Università per due ragioni oggettive: 1) la formazione musicale a indirizzo artistico/professionale deve avere inizio in giovanissima età e si svolge prevalentemente in una fascia di anni che è anteriore a quella universitaria; 2) la durata degli studi musicali richiede mediamente un numero di anni molto maggiore di un normale corso di laurea. Ma i Conservatori non possono neppure essere associati alla scuola secondaria che commisura i suoi standard all'esigenza di consentire al maggior numero di allievi di completare gli studi, per garantire a tutti il diritto a una dignitosa carriera di cittadini e lavoratori.
Viceversa il Conservatorio e l'istruzione artistica in genere - detto schietto e tondo - sono scuole d'élite, riservate a soggetti in possesso di particolari qualità che vanno impietosamente esaltate, con buona pace di chi non le possiede. La selezione severa (che non contrasta affatto con la lungimiranza pedagogica) è un presupposto irrinunciabile degli studi musicali a carattere professionale. Ovunque andrete, una seria scuola di musica assomiglierà più a un monastero che a un'aula di una scuola secondaria.
La trasformazione dei Conservatori in scuole secondarie? Possibilissima, a patto di accettare un sostanziale abbassamento del livello degli studi musicali. Provate a riformare le scuole per infermieri professionali trasformandole in Licei a indirizzo sanitario, oppure licenziate piloti di linea con un diploma di maturità. Dopo di che fate un giretto in ospedale e su un aereo e venite a raccontarmi com'è. E' precisamente questo l'aspetto che sfugge ai più, dando luogo alla frenesia liquidatoria dei Conservatori, visti come dinosauri sopravvissuti. Non è modernismo e non è neppure solo incompetenza: è soprattutto un impedimento culturale che si trasforma in impedimento strutturale. E' il non capire che la necessità di uno statuto e di strumenti istituzionali appositi, non riguarda solo la musica, ma è nell'interesse della cultura tutta.
Eppure basterebbe compiere un solo atto, ma decisivo: fare del diploma di Conservatorio un titolo valido per l'accesso all'Università, provvedendo contestualmente alla completa riformulazione dei curricula e degli obiettivi formativi dei Conservatori. Far sì che gli studi musicali consentano l'accesso all'Università, significherebbe non assimilarli all'istruzione secondaria, ma al contrario, ratificarne la diversa natura e, insieme, far sì che il Conservatorio, proprio in quanto istituto di studi preposto a una formazione di alto livello, più lunga e faticosa di un Liceo, consenta, a maggior ragione, l'accesso all'Università. Un provvedimento del genere eliminerebbe ogni ipotesi di doppia scolarità. Inoltre porrebbe fine ai Licei sperimentali musicali le cui esperienze, positive e negative, verrebbero però messe a frutto, ratificando la dignità e gli oneri di un progetto di formazione musicale finalmente organico e autonomo.
Un provvedimento del genere susciterebbe una rinnovata domanda di studi musicali di livello universitario: istituti superiori (Musikhochschule, Università, Accademie: fate voi) che sarebbero lo sbocco naturale dei diplomati. La loro realizzazione potrebbe inquadrarsi nell'ambito di piani triennali di tipo universitario, ma richiederebbe sforzi proporzionati a una circostanza del tutto particolare. E' proprio di questo che ha bisogno l'insegnamento musicale italiano una nuova fascia di alti studi musicali e non una promozione a questo ruolo dei Conservatori che distruggerebbe le fondamenta dell'istruzione musicale in Italia. I Conservatori, dal canto loro, dovrebbero essere messi in condizione di svolgere al meglio il loro compito fondamentale di formare musicisti professionisti capaci di muoversi da Maestri in un mondo che non ha mai prodotto tanta musica. Chi vorrà e potrà, avrà modo poi di perfezionarsi e specializzarsi.
Progettati come prosecuzione degli studi di Conservatorio, questi nuovi Istituti offrirebbero diversi livelli di perfezionamento interpretativo e specializzazioni in vari indirizzi (musicologia, didattica, nuove tecnologie ecc.). Non è questo il tipo di offerta che gli attuali corsi di laurea in musicologia o in Discipline della musica sono in grado di dare. Si tratta infatti di corsi di laurea concepiti come indirizzi musicali all'interno di dipartimenti di scienze umane che obbediscono a un paradigma di ricerca scientifica e cui è invece completamente estranea ogni pratica artistica, ogni idea di performing art.
Proviamo dunque a tracciare uno scenario. Un provvedimento s abilisce che il diploma di Conservatorio costituisce titolo per l'accesso all'Università. Prescrive l'adeguamento dei curricula e degli obiettivi delle discipline musicali agli standard della Comunità europea e prevede l'istituzione di nuove discipline di insegnamento che diventano parte integrante del curriculum di studi. Nel rispetto dell'autonomia dei singoli istituti, vengono fissati criteri generali concernenti il numero e il tipo degli insegnamenti che ogni Conservatorio è tenuto a istituire e di quelli che potrà eventualmente istituire di sua iniziativa. Viene stilato un elenco degli insegnamenti che possono essere impartiti nei Conservatori, concernenti le aree letteraria, storicoumanistica, artistica, filologica, linguistica, sociologica, pedagogica, matematica, fisicoacustica, organologica, elettronica, informatica ecc. Di ciascun insegnamento vengono fissate le finalità, l'articolazione, la durata, il livello di preparazione che esso deve garantire, il tipo e i criteri delle prove finali o intermedie. Ogni Conservatorio nell'ambito di criteri generali ben delineati, elabora programmi e piani di studio autonomi. [I "nuovi" curricula di Conservatorio risulterebbero insomma articolati in un quadro organico di corsi di studio che l'allievo dovrà superare per ottenere il diploma finale. Il profilo complessivo della formazione sarebbe tale da consentire l'eventuale accesso a tutti quei corsi di laurea (evidentemente non solo musicali) compatibili con gli studi svolti]. Vengono fissate le linee direttive e le scadenze inderogabili per la creazione di istituti superiori di musica.
Vengono inoltre definiti criteri rigorosi di ammissione iniziale al Conservatorio e ai livelli intermedi. Viene riorganizzata e regolamentata la formazione musicale nella scuola secondaria, specie per quanto riguarda le Scuole medie a indirizzo musicale delle quali vengono fissati gli standard di propedeuticità e i meccanismi di collegamento col Conservatorio. Naturalmente potranno sorgere licei o altre scuole a indirizzo musicale per tutti i gusti, pubbliche o private che siano. Ma sarebbero verosimilmente destinate a chi non ha forti e prioritarie motivazioni di carattere musicale o non riesce ad essere ammesso in Conservatorio. E' una gerarchia implicita, realistica e sensata; fermo restando che potrà sempre esserci una chiave capace di aprire le porte del Conservatorio: l'esame d'ammissione.
Immagino i pruriti di molti: e il reclutamento dei docenti? e le commissioni per stabilire questo e quello? Concorsi, concorsi e ancora concorsi! E poi commissioni: membri di nomina ministeriale, certo, ma accanto ad essi, esperti internazionali, rappresentanze che siano espressione diretta del corpo docente, componenti "laici". In una parola: autorevolezza e garanzie paritetiche, anziché zuppa corporativa o gioco di lobby. Le mani che lavoreranno al futuro dell'insegnamento musicale italiano saranno di due tipi: mani aperte e franche o adunche come artigli. Facciamo in modo che prevalgano le prime.