DISEGNO DI LEGGE
d'iniziativa dei senatori
ZOSO, MANZINI, MINUCCI Daria, DE ROSA e ROBOL
COMUNICATO ALLA PRESIDENZA
IL 25 FEBBRAIO 1993
Riordino dei conservatori di musica
ONOREVOLI SENATORI. La riforma dei conservatori è
uno di quei temi di dibattito politico in ambito scolastico
che si trascinano di legislatura in legislatura senza
trovare uno sbocco positivo.
Quando di una riforma si sente la necessità, quando
da anni si parla di innovazione senza che nulla succeda,
si corre il rischio che la novità sia introdotta disordinatamente,
per via amministrativa, per progressivi adattamenti,
senza un disegno riconoscibile e meditato, attraverso
qualche non verificata ed estemporanea sperimentazione.
Soprattutto è pericoloso il clima di sfiducia che
può insinuarsi sia negli operatori più direttamente
interessati, sia negli utenti delle strutture, come
nella pubblica opinione.
Può così accadere che anche istituzioni
di altissimo prestigio in Italia e all'estero perdano
slancio e creatività. Meglio sarebbe, allora, non
aver mai parlato di riforma, non averla promessa, discussa,
non aver cominciato infinite volte l'iter parlamentare.
Di riforma, però, l'istruzione artistica del
nostro Paese ha assolutamente bisogno, dato che la
legislazione che la governa è fortemente datata,
e solo la intrinseca bontà di fattura delle leggi
di quel periodo, la loro essenzialità, e quindi la
loro duttilità applicativa, hanno concesso che si
potesse andare avanti senza un quadro normativo aggiornato
ai bisogni di una società completamente cambiata.
E qui viene il primo problema: è opportuno affrontare
congiuntamente o separatamente il tema della riforma
dei conservatori e delle accademie? Nel passato furono
presentati disegni di legge che dettavano norme per
tutta l'istruzione artistica, e in questa stessa legislatura
sono stati depositati articolati con le stesse caratteristiche.
Tuttavia appare quanto mai evidente che si tratta di
istituzioni formative del tutto particolari, con una
loro precipua specificità; pretendere di riformarle
insieme può portare a un aumento delle difficoltà,
con alte probabilità di insuccesso.
Esistono sì norme indubbiamente comuni che ne consigliano
la trattazione in parallelo, ma è del tutto opportuno
che il dibattito legislativo sia disgiunto.
L'altro problema preliminare che deve risolvere chiunque
si occupi di riforma dei conservatori, così come
delle accademie, è la loro collocazione 'ministeriale'.
Da quando è stato istituito il nuovo Ministero
dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica,
si è cominciato a pensare che il riconoscimento
di grado superiore non possa non comportare il trasferimento
di un'istituzione scolastica al nuovo ministero.
Si è, cioè, cominciato a pensare che il Ministero
della pubblica istruzione debba diventare il Ministero
della istruzione primaria e secondaria, trasferendo
al nuovo ministero ogni tipo di istruzione superiore.
I presentatori di questo disegno di legge ritengono,
invece, che l'università sia solo una delle fattispecie,
anche se la più importante, dell'istruzione di grado
superiore, in particolare quella in cui la ricerca
scientifica ha un peso determinante.
Non va dimenticato, infatti, che quando si discusse
dell'istituzione del nuovo ministero, si accampò
la motivazione, in sé importante e risolutiva,
che andava posta sotto un unico controllo tutta la
ricerca italiana, sia quella universitaria, sia quella
promossa dai grandi istituti, come quella privata del
sistema industriale.
Il Ministero dell'università e della ricerca scientifica
e tecnologica nasce da questa intenzione, tanto che
in più di una occasione si è ribadito che ad esso
va ricondotto il coordinamento di tutte le iniziative
di ricerca nazionale, anche di quelle che competono
ad altri Ministeri.
Questo spiega anche la permanenza delle Accademie, riconosciute
di grado superiore, nell'ambito del Ministero della
pubblica istruzione. Il loro trasferimento al Ministero
dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica,
pertanto, sarebbe una decisione ulteriore e non la
logica conseguenza di una scelta di fondo già fatta.
Ora non v'ha dubbio che se tali istituzioni vanno salvaguardate
nel loro prestigio e va riaffermata la loro collocazione
nell'ambito dell'istruzione superiore, va del pari
contestato che ciò possa essere fatto solo con
l'assimilazione all'università e il trasferimento
nel nuovo Ministero. E' da ritenere, anzi, che
proprio la specificità di questi istituti vada meglio
garantita continuando a prevedere nel Ministero della
pubblica istruzione il comparto dell'istruzione superiore.
Ovviamente occorre istituire, coma fa il presente disegno
di legge, un Consiglio nazionale dell'istruzione artistica
superiore, del tutto distinto dal Consiglio nazionale
della pubblica istruzione, e va soppresso l'attuale
ispettorato, organo amministrativo del tutto inadeguato
alla nuova e più chiara collocazione, sostituendolo
con un'apposita direzione generale.
Se queste considerazioni valgono pienamente per le accademie,
qualche precisazione deve essere fatta per i conservatori
di musica, cui il presente disegno di legge direttamente
si riferisce.
Il conservatorio, infatti, è istituzione del tutto
atipica, sia per quanto riguarda l'insegnamento che
vi viene impartito, sia per l'età degli allievi che
lo frequentano, sia per il rapporto con altri tipi
di scuola.
La difesa piena di questa atipicità, che è uno
dei patrimoni più interessanti delle nostre strutture
scolastiche, e che ci viene invidiata da altri Paesi
con modelli istituzionali diversi e con strutture pur
ti altissimo livello, pare necessaria, specie in questo
momento in cui la tentazione di ricondurre anche il
conservatorio nell'ambito delle ordinarie scansioni
scolastiche ritorna forte e appare in altri disegni
di legge.
Due sono le questioni che vanno a questo punto chiarite.
La prima: il rapporto tra istruzione e formazione.
Non vi è dubbio che senza un'adeguata formazione
culturale, l'apprendimento musicale, la tecnica esecutoria
sono prive di respiro e per così dire senz'anima.
Ma e del pari vero che il talento musicale si manifesta
e va coltivato indipendentemente dai tempi e dalle
tappe dell'evoluzione culturale dell'individuo.
Nell'apprendimento della tecnica strumentale, infatti,
è spesso opportuno intervenire a prescindere dal
momento in cui si potrà affiancare alla tecnicalità
nell'uso dello strumento l'adeguata formazione culturale.
Anzi spesso, se si lascia trascorrere invano il momento
opportuno, che può essere assai anticipato,
si rischia di non poter più intervenire più avanti
con gli stessi risultati o addirittura con risultati
validi.
E' il grande tema dell'apprendimento precoce dell'uso
dello strumento. Là dove gli istituti musicali sono
rigorosamente incardinati nelle normali scansioni di
età scolare, tale apprendimento deve essere garantito
privatamente dalle famiglie.
La flessibilità delle nostre strutture è pertanto
una ricchezza che non va dispersa. Le età della musica
sono diverse da individuo a individuo e da strumento
a strumento e diverse in ogni caso dalle età dell'apprendimento
scolare.
Il secondo punto è il seguente: se inseriamo il
conservatorio all'interno delle normali strutture scolastiche,
con i loro ritmi e le loro scansioni, perdiamo quella
flessibilità che è, come si diceva, una grande
ricchezza del cosiddetto modello latino.
Se lasciamo, come è auspicabile, questa flessibilità,
che consente ai conservatori italiani di accogliere
anche bambini che siano particolarmente dotati, è
difficile il rapporto con le altre scuole ed è
difficile inquadrare il conservatorio nell'ambito dell'insegnamento
superiore. Il problema del rapporto del conservatorio
con le altre scuole si risolve non portando pezzi delle
altre scuole dentro il conservatorio, così complicandone
la gestione e snaturandone la fisionomia, ma facendone
una struttura di formazione che deve trovare il necessario
collegamento con le altre scuole per completare la
formazione dell'allievo; ciò può essere
perseguìto sia attraverso la frequenza contemporanea
di conservatorio e di altra scuola, sia dando la possibilità
di convenzioni tra il conservatorio e le altre scuole
per la creazione di curricula appositi che facilitino
gli allievi e li mettano nelle condizioni di avere
un percorso formativo né contraddittorio, né
caotico, ne sovraccarico.
Ovviamente spetterà al Ministero della pubblica istruzione
fissare criteri e norme che consentano poi di ricuperare
a livello di titoli di studio la novità di tali percorsi
formativi.
Il problema della collocazione del conservatorio a livello
superiore si risolve non spezzando l'attuale struttura
in due, con una parte del tutto secondarizzata e rigida
e una parte 'universitaria', una specie di accademia
musicale, corpo separato rispetto agli attuali istituti.
Si risolve, invece, ipotizzando un secondo grado dentro
alcuni degli attuali conservatori, in ragione delle
esigenze del mercato artistico musicale e delle tradizioni
locali.
In questo modo non si interrompe un circuito prezioso
di competenze, che coinvolgerà anche i conservatori
che non potranno avere i corsi di livello superiore.
Cosa dovrà distinguere il grado inferiore dal grado
superiore del conservatorio? Anzitutto il fatto che
al livello superiore si accederà esibendo sia il diploma
di primo grado che un diploma di maturità, il che
presupporrà contemporaneamente un requisito di preparazione
musicale e un requisito più strettamente culturale;
di conseguenza fisserà rigorosi limiti di età che
deriveranno dall'obbligo di aver sostenuto un esame
di maturità.
Impegnando l'allievo per un numero di anni adeguato,
la nuova istituzione conferirà un diploma superiore
di conservatorio equipollente con il diploma di laurea,
e sarà articolata in indirizzi che prevederanno anche
curricula di carattere più propriamente culturali,
da organizzare in collaborazione con le università.
I docenti di questi corsi superiori saranno scelti con
procedura ricalcata su quella dei docenti universitari,
pur con la necessaria specificità, lasciando spazio
sia alla presenza di artisti di alta qualificazione
da chiamare per contratto, sia scegliendo anche docenti
del livello inferiore.
In questo modi si contrasterà quella spinta che si
nota in molti atenei intesa a ottenere corsi di laurea
e corsi di diploma per profili professionali cui deve
attendere il rinnovato conservatorio, se non vogliamo
introdurre nel sistema scolastico doppioni, disordine
e caos.
Inoltre il modello che si propone, riunendo dentro la
stessa struttura, anche se non in tutti gli istituti,
gli attuali corsi e quelli superiori, salverà l'atipicità
dei conservatori, nello stesso tempo rivalutandone
la funzione e ancorandoli in qualche modo a quel settore
dell'istruzione superiore a cui debbono essere riferiti
ma a cui potrebbero difficilmente essere ancorati senza
le modifiche che qui si propongono.
AffinchÈ questo modello sia chiaro nei suoi intendimenti
e nella sua configurazione, si propone che il direttore
sia unico anche dove esisteranno i corsi superiori.
A questo punto è opportuno chiarire perchÈ
si propone il direttore di ruolo invece del direttore
elettivo che da più parti si invoca.
Si ritiene che proprio per la sua atipicità, il conservatorio
abbia bisogno di una figura di direttore sganciata
da ogni pratica elettiva che ne mortificherebbe l'autorità.
E a tutti noto che negli istituti italiani, per una
serie di cause, si sono introdotti costumi poco accet abili,
derivanti da indubbie necessità dell'attività artistica,
ma protrattesi e consolidate indipendentemente da questa:
presenza dei docenti saltuaria e limitata ad alcune
mezze giornate, frequenti congedi, un anno scolastico
eccessivamente ridotto.
Ora è vero che l'attività concertistica va garantita
come una ricchezza anche per il conservatorio, oltre
che per la vita culturale della nazione (e in questo
senso occorre tornare indietro rispetto a certe decisioni
governative, non sufficientemente modificate dal Parlamento),
tuttavia non è accet abile che l'insegnamento
sia relegato all'ultimo posto, come un fatto casuale,
sporadico, discontinuo.
Anzi, sempre di più il conservatorio dovrà diventare
istituzione che si relaziona continuativamente con
la città, di cui dovrà essere una delle realtà di
promozione della vita musicale.
Non è possibile raggiungere questo obiettivo se
non vi è la possibilità in tal senso dei docenti,
se non vi è una loro più assidua presenza.
Allo stesso modo non si difende il livello del conservatorio
facendone iniziare l'anno scolastico a novembre, e
riducendo così a poco più di sei mesi la durata
delle lezioni.
Il direttore del nuovo conservatorio dovrà essere una
persona dotata. di forte capacità organizzativa e
di alta professionalità musicale insieme. L'una dote
senza l'altra non è sufficiente.
La procedura concorsuale dovrà essere riveduta alla
luce del nuovo modello che si propone e dovrà garantire
un accertamento severo della professionalità.
Non va dimenticato, però, che da più di dieci
anni i conservatori italiani sono retti nella stragrande
maggioranza da direttori non di ruolo, alcuni dei quali
hanno maturato un'anzianità di servizio fino a dodici-tredici
anni, con riconferma annuale dell'incarico da parte
del Ministero.
Una immissione in ruolo ope legis non e accet abile
perchÈ contrasterebbe nettamente con il livello
in cui si vogliono collocare gli istituti; tuttavia
non tener conto in alcun modo dell'esperienza maturata
sarebbe contraddittorio per lo stesso Ministero che
li ha tenuti per lunghi anni in una posizione così
delicata.
Si propone pertanto che nel primo concorso si tenga
conto della competenza maturata assegnando al servizio
svolto adeguato punteggio.
Passiamo ora all'illustrazione dell'articolato.
L'articolo 1 afferma il principio, che trova la sua
articolazione nelle disposizioni che seguono, secondo
cui il conservatorio di musica è una persona giuridica
di diritto pubblico che gode di autonomia didattica,
scientifica, finanziaria e amministrativa.
L'articolo 2, nel disciplinare la procedura di istituzione
dei conservatori, prevede la formazione di un piano
pluriennale di razionalizzazione della distribuzione
territoriale dei conservatori stessi, fondato su una
individuazione dei bacini di utenza di cui si indicano
i parametri. I provvedimenti di istituzione di nuovi
conservatori, nonchÈ di istituzione di sezioni
distaccate e di pareggiamento, dovranno essere in armonia
con tale piano.
Gli articoli da 3 a 8 disciplinano gli organi collegiali
che presiedono alla vita del conservatorio. Nella definizione
dei poteri di questi organi, come si dirà meglio più
avanti, si esprime l'autonomia che il disegno di legge
riconosce ai conservatori.
Nella formulazione di questi articoli si è cercato
un punto di equilibrio tra alcuni principi di ordine
generale, ormai affermati nell'intero sistema scolastico
italiano, e le esigenze peculiari di questi particolarissimi
istituti. Si sottolinea, in particolare, l'originalità
della soluzione proposta per la composizione della
giunta esecutiva, che non è eletta dal consiglio
nel suo seno, a differenza di quanto avviene in altri
istituti. Il consiglio di conservatorio, che rappresenta
le varie componenti della comunità scolastica, formula
le direttive generali che regolano la vita dell'istituto,
restando riservata alla giunta e al direttore l'attività
di gestione.
Il direttore conserva il suo ruolo di massimo responsabile
della vita dell'istituto, ma al suo fianco viene valorizzata
la figura del direttore amministrativo, che opera sotto
la sua vigilanza e rispettando le sue direttive.
In ordine all'attività didattica, rimane fondamentale
il ruolo del collegio dei docenti, che si articola
peraltro in armonia con la costituzione dei dipartimenti.
Al plenum restano riservate le funzioni di coordinamento,
o le decisioni che toccano l'intera organizzazione
del conservatorio. Competenze importanti, in ordine
alla didattica, ha anche la giunta: in particolare,
in ordine alla stipulazione di convenzioni (di cui
si dirà più avanti) e all'istituzione dei corsi superiori.
L'articolo 9 prevede la istituzione di dipartimenti,
che raggruppano scuole o corsi affini per tipologia
o per indirizzo di studio: si tratta di una innovazione
di fondamentale importanza, che condiziona, come si
è detto, anche la struttura e l'attività del
collegio dei docenti, di cui all'articolo 8, anche
in ordine allo svolgimento degli scrutini.
L'articolo 10 precisa le competenze del Ministro della
pubblica istruzione, in ordine alla definizione della
normativa concernente l'attività didattica. Questa
normativa secondaria costituisce l'unico limite all'autonomia
didattica dei conservatori, affermata nei precedenti
articoli 7 e 8, ove si prevedono rispettivamente il
potere del consiglio di conservatorio di deliberare
in ordine alla programmazione della vita scolastica,
e gli ampi poteri del collegio dei docenti, anche ai
fini dell'adeguamento dei programmi di insegnamento
alle peculiari esigenze locali.
L'articolo 11 contiene l'innovazione più importante:
l'istituzione dei corsi superiori specializzanti. In
ordine alla gestione di questi corsi, ai conservatori
è riconosciuta una larga autonomia, parzialmente
modellata sulla normativa dell'ordinamento universitario.
Si prevede quindi che sia compito del Ministero approvare
l'ordinamento didattico dei diversi indirizzi, ma che
spetti alla giunta dei singoli istituti la decisione
in ordine all'attivazione dei singoli insegnamenti.
Una larga autonomia è altresì riconosciuta
alla giunta in ordine alla copertura dei posti di insegnante,
in quanto sarà essa a decidere se richiedere un posto
di ruolo o se coprire il posto mediante un contratto,
annuale o pluriennale. Questa normativa c ispirata
da un esplicito favore per l'ipotesi di contratti stipulati,
ove ne esistano le condizioni, con personalità artistiche
prestigiose non inserite s abilmente nei ruoli ministeriali.
Nello stesso spirito, si prevede anche la possibilità
di attivare corsi integrativi, analoghi a quelli previsti
dall'ordinamento universitario.
Quanto ai concorsi, essi avranno, ovviamente, carattere
nazionale, ma saranno i singoli conservatori a procedere,
come avviene in ambito universitario, alla chiamata
dei vincitori.
L'ultimo comma dell'articolo 11, la cui importanza non
sfuggirà a chi conosce i problemi dell'insegnamento
musicale, esclude che possano essere ammessi agli esami
finali dei corsi superiori allievi che non li abbiano
effettivamente frequentati.
L'articolo 12 tratta delle biblioteche, che devono essere
potenziate e dotate di personale adeguato, anche sotto
il profilo degli orari di servizio: non si pregiudica,
ma anzi esplicitamente si prevede, l'ipotesi di un
trasferimento delle biblioteche più importanti all'amministrazione
dei beni culturali, in quanto biblioteche pubbliche
statali di carattere specialistico.
L'articolo 13 contiene norme relative allo status degli
allievi.
Particolarmente innovativo è l'articolo 14, che
prevede la stipulazione di convenzioni con altri istituti
di istruzione, con enti di produzione musicale, con
enti o privati disposti a finanziare gli istituti,
con regioni ed enti locali. Queste convenzioni possono
riguardare l'attività artistica dei docenti e degli
allievi, la promozione della cultura musicale, c soprattutto
la collaborazione tra conservatori ed altri istituti
di istruzione, sia al fine di consentire agli allievi
dei conservatori di valersi di strutture esterne, sia
al fine di aprire il conservatorio ad iniziative che
possono coinvolgere docenti e studenti di altri istituti,
comprese le università.
L'articolo 15 definisce le fonti di finanziamento dei
conservatori, e i limiti della loro autonomia amministrativa.
L'articolo 16 tratta dei titoli di studio: esso prevede
una generale equiparazione alla laurea dei diplomi
di secondo grado, ma rimette alla normativa regolamentare
la possibile individuazione di casi si pensa in particolare
all'insegnamento in cui i diplomi di conservatorio
possono costituire titolo, non necessariamente unico,
per l'accesso a determinati pubblici impieghi.
L'articolo 17 contiene un ragionevole vincolo per gli
istituti musicali non statali, che dovranno adeguare
la loro attività didattica alla nuova normativa.
Gli articoli 18 e 19 conferiscono, per motivi che sono
già stati chiariti, una peculiare autonomia al settore
dell'istruzione artistica superiore, prevedendo da
un lato la costituzione di un consiglio nazionale dell'istruzione
artistica superiore, separato dal consiglio nazionale
della pubblica istruzione, e di una apposita direzione
generale in seno al Ministero della pubblica istruzione,
dall'altro la costituzione di un separato comparto
ai fini della contrattazione collettiva di cui alla
legge quadro sul pubblico impiego.
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