Gruppo Musica
del Movimento di Cooperazione Educativa

L’EDUCAZIONE MUSICALE
NELLA SCUOLA DI BASE


Orizzonti

Ci piace pensare alla scuola come a uno spazio-tempo di ricerca, di avventura e di gioco, di esplorazione e di sperimentazione del possibile, luogo dell’immaginazione e del come se, occasione di dialogo, di messa in campo di risorse, di realizzazione di progetti e desideri.
L’orizzonte, il campo, l’area, non è la musica ma l’esperienza umana e sociale della musica: ciò significa fissare il nostro interesse sulla relazione uomo/donna-musica, considerando la nostra azione educativa come opportunità di formazione delle persone in funzione dei significati che la relazione col suono-musica assume per loro. Poniamo quindi il valore dell’educazione con la musica ad un livello superiore all’educazione alla musica, non escludendo però quest’ultima semplicisticamente, bensì inglobandone il senso nella prima e coordinandola operativamente in funzione dei progetti umano-sociali e del contesto educativo.

Concepiamo l’educazione (musicale) primariamente come incontro-confronto-trasformazione di risorse, desideri e identità, più che come apprendimento (con metodi più o meno aggiornati) di contenuti disciplinari e di abilità (musicali). Ci interessa incontrare progetti, motivazioni, comportamenti, valori, musicali e non, creando campi energetici in cui, attraverso la musica, le persone (insegnanti, ragazzi e ragazze, bambini e bambine) entrino in relazione e si confrontino; campi energetici in cui le diversità - tra ruoli, età, sessi, musiche, culture - non vengano celate ma, al contrario, mettano in moto processi di dialogo, di contaminazione, di trasformazione reciproca, creativa e non violenta.
Assumiamo questo valore dialogico come dominante su altri valori più contingenti, come tratto che caratterizza uno scenario educativo polifonico, in cui i sensi e i significati siano continuamente contrattati, interpretati, non semplicemente accettati o dati per scontati. Tale prospettiva va contro una tendenza che ci sembra essere ancora oggi forte e, forse, dominante, che vede l’educazione come un itinerario disciplinare unidirezionale, un percorso in cui conoscenze e abilità sono già programmate in partenza e che tutti devono acquisire secondo ritmi e forme prestabiliti.

Poniamo l’accento più sul fare che sullo studiare: in altre parole pensiamo che si impari più facendo esperienze finalizzate a essere qui ed ora (con motivazioni personali e realizzazioni presenti), che con uno studio motivato dall’esterno e indirizzato verso realizzazioni differite, verso futuri più o meno lontani. Pensiamo quindi al presente, alle sue passioni, ai suoi desideri, alle sue musiche, in cui confluisce il passato, con le sue storie, le sue memorie, i suoi percorsi. Nel contempo guardiamo al futuro come al luogo della progettazione, dell’anticipazione, della previsione, dell’immaginazione, della trasformazione, più che a quello del prepararsi per... dell’essere pronti a... del transito verso... Solo la compresenza equilibrata di queste due dimensioni può consentire di vivere la scuola come un’occasione effettivamente formativa, come viaggio che consenta di stringere rapporti, di incontrare affetti, di condividere esperienze ed emozioni, di acquisire competenze.

Desideri

Porre al centro la dinamica del desiderio significa essere aperti e disponibili verso l’imprevisto e il quotidiano, verso le identità personali e di gruppo, verso le culture locali e di massa, seguendo un percorso circolare che unisce le persone, i loro sogni e progetti, le loro risorse, i loro bisogni, le loro esperienze e competenze, con i saperi disciplinari.

Concretamente pensiamo alla scuola come:
- luogo che riconosce, accetta e valorizza i vissuti personali, la molteplicità e la compresenza di punti di vista, progetti, culture e competenze musicali;
- occasione in cui ragazzi/e e insegnanti possano incontrare (elaborare, sperimentare, costruire, condividere...) relazioni, in orizzontale (tra loro) e in verticale (tra ruoli diversi);
- contesto che tende alla realizzazione del desiderio di costruzione e affermazione delle proprie identità, che per i ragazzi e le ragazze si identifica soprattutto in una pratica educativa attiva, espressiva e creativa, che trae insegnamento dall’autoriflessione. In questa direzione poniamo al centro dell’intervento educativo esperienze, motivazioni e modi di appropriazione che tendano a realizzare progetti con/sulla musica: progetti di piacere, socializzazione, relazione, animazione, ricerca;
- laboratorio, in cui la musica sia fatta, vissuta, incontrata, concretamente. La nostra scuola - ma il discorso potrebbe essere allargato alla società - ha progressivamente ridotto gli spazi/occasioni del fare: l’apprendimento non avviene più tramite gesti quotidiani di cui di volta in volta si valuta l’efficacia, ma quasi esclusivamente tramite riflessioni, attività di pensiero astratto, di parola. Un panorama in cui tutto è fruito e nulla agito, in cui gli spazi (inter)attivi sono sempre situati comunque all’interno di paesaggi virtuali, di fiction, dove è sempre possibile resettare (rifare, ripetere...). Riteniamo quindi urgente rivalutare le proposte didattiche centrate sull’esperienza pratica, sul modello del laboratorio;
- ambiente ecologico, in cui lo star bene è il valore fondamentale, che, partendo dalla consapevolezza della fatica e della sofferenza legate alla crescita, si esplica attraverso una visione unitaria di corpo e mente, verso una dimensione plurisensoriale della cultura e della musica;
- orizzonte interculturale teso alla valorizzazione del gusto per la curiosità, per il non ancora conosciuto, per le diversità, per il confronto e la varietà dei punti di vista, facilitando l’accoglienza, il rispetto e la conoscenza reciproca.

Va rilevata l’importanza di un atteggiamento di fondo, attento a facilitare, ad ascoltare, ad osservare e a progettare il proprio intervento a partire da quanto si è riusciti a cogliere, a far emergere, ad individuare.

L’accento posto su risorse, desideri e identità quali parametri fondamentali dell’educazione propone un punto di vista che a una rigida programmazione per contenuti disciplinari, preferisce la progettualità in situazione: la prima direzione centra la propria operatività sul sapere disciplinare, senza tener conto di desideri, risorse e valori personali, locali, quotidiani; non ama la casualità, l’imponderabilità, l’imprevisto; è poco incline all’ordine del dubbio mentre si basa su - e mira a - una competenza basata su certezze, con contorni netti e ben delineati.
La seconda non pone in secondo piano i contenuti ma tenta di aprirli (e quindi trasformarli, ripensarli, riconvertirli, condizionarli) alle relazioni, tenta di farli interagire con risorse e identità reali (culture, comportamenti, punti di vista, idee, pensieri...).

Finalità

L’educazione musicale dando consapevolezza e sviluppando la competenza del soggetto in merito alla fruizione e alla produzione di eventi musicali, contribuisce a realizzare esperienze relazionali ed estetiche gratificanti, creative ed ecologiche, che permettono all’individuo di utilizzare al meglio le proprie risorse, di soddisfare i propri desideri, di orientarsi nei propri interessi e di svolgere un ruolo attivo nella comunicazione sociale.

Al centro sta il saper essere all’interno del rapporto educativo: la qualità della relazione, dentro al gruppo e tra insegnante e gruppo, rappresenta il campo entro il quale vengono ad inserirsi i saperi più specifici.
Al settore delle conoscenze corrisponde il sapere relativo ai contenuti della disciplina; al settore delle abilità psicomotorie corrisponde il saper fare, che è in relazione alle tecniche di manipolazione/produzione; al settore dell’interazione sociale corrisponde il saper comunicare, relativo all’uso delle proprie abilità e conoscenze in modo pertinente alle funzioni comunicative e/o espressive.
Ci riconosciamo in una concezione educativa che, accanto alla centralità dell’individuo, si propone come finalità primaria quella dell’evoluzione/trasformazione, personale e politica: un’ottica dell’andare oltre che, partendo da interessi e motivazioni, sappia immaginare, progettare, sperimentare nuovi paesaggi culturali, caratterizzati da pensieri, azioni, comportamenti, valori, comportamenti individuali e di gruppo che si ispirano ai valori della cooperazione, dell’interculturalità, della solidarietà, dell’accoglienza, della cultura della pace.
Pensiamo quindi ai contesti di educazione/formazione/istruzione come a occasioni in cui, partendo dalle risorse e dai vissuti personali e di gruppo, ci si muova verso un arricchimento di emozioni, di consapevolezza politica e culturale, di pensiero critico e progettuale-creativo.

Metodi

Pensiamo che il fare artistico possa diventare un criterio organizzativo e operativo fondamentale per la strutturazione di contesti educativi scolastici. In campo musicale ciò vorrebbe dire porre al centro il lavoro compositivo, la manipolazione di oggetti e materiali sonori, l’improvvisazione vocale e strumentale, la sperimentazione di tecniche. In altre parole significherebbe porre al centro il fare esperienze estetiche.

Ogni esperienza di apprendimento dovrebbe avvenire all’interno di un ciclo emozionale, che pone in relazione un desiderio (attesa, tensione, motivazione), che scuote, che smuove dallo stato di quiete, di indifferenza, di routine; un incontro (con una persona, un sapere, un’azione); uno stupore, come esperienza che incuriosisce, meraviglia, sorprende; una riflessione, una fase cioè più razionale e analitica.
Questo percorso ciclico, circolare, può essere pensato come un modello elastico, adattabile a diverse misure di tempo, dall’incontro singolo (un’attività, un’ora di lezione) al lungo periodo (un’unità didattica, uno stage, un anno scolastico).

In questa prospettiva riteniamo inadeguata la rigida e irreale divisione tra metodi trasmissivi, attivi, non direttivi. I metodi attivi e non direttivi sono oggettivamente i più adatti ad un intervento che si ponga come momento educativo-preventivo, ma devono superare, una volta per tutte, l’ipotesi di uguaglianza tra animatore e animato, educatore e educato. Pensiamo invece che ogni ruolo debba assumere propri compiti e responsabilità in ordine agli obiettivi del progetto educativo e che in tale direzione vadano usati vari metodi (animazione musicale, cooperazione, ricerca-azione, intedisciplinarità, didattica dell’occasionalità).

Insegnanti

Presupposto fondamentale è l’esigenza di ricerca, di soddisfare curiosità proprie, il piacere di sperimentare strumenti operativi, osservativi, animativi, di studiare studiandosi, di imparare educando, e così via.

La direzione è quella che cerca di far entrare nel lavoro di ogni giorno, nei contenuti istituzionali, programmatici, disciplinari, il mondo reale, con la complessità di nodi e intrecci umani e musicali che presenta, cercando in questa fatica il senso educativo, ma anche il gusto e il piacere, del nostro ruolo.

Tale prospettiva necessita che i percorsi formativi e di aggiornamento per gli insegnanti potenzino e valorizzino:
- le capacità di osservazione/gestione relazionale;
- il saper fare scuola in stretto collegamento con il sociale e, in generale, con tutto ciò che dalla scuola sta fuori (musiche, enti, persone, occasioni...);
- i propri interessi oltre la musica (animazione socio-culturale, pedagogia, antropologia, psicologia, semiologia, ecc...);
- le proprie capacità tecnico-pratiche in senso orizzontale (polistrumentismo, altri linguaggi espressivi, tecnologie informatiche e multimediali);
- la propria identità di ricercatore nel campo pedagogico e musicale;
- i percorsi e le esperienze di connessione tra il fare pedagogico e il fare artistico-estetico;
- le esperienze autoformative.

Scuola e territorio

Non pensiamo che a un tempo serio di apprendimento-insegnamento, identificato nel tempo-spazio della scuola, faccia da contrappunto un tempo di svago poco impegnato, identificato in tutto ciò che la scuola non è. Un’analisi anche sommaria del concetto di tempo libero, ci conduce, infatti, a rilevare l’esistenza di un significato diffuso e comune che lo interpreta proprio come un momento di liberazione, ma improduttivo, opposto alla presunta utilità di un momento sacrificale, ma educativo. Tale concezione è da noi completamente rifiutata.
Ciò che ci interessa invece è lavorare in vista di un tempo unico di educazione-autoeducazione, non riservato ad un periodo specifico della vita ma permanente e ricorrente, in cui le persone vivano armoniosamente lo scambio di ambienti formativi, in una dimensione che valorizzi esperienze culturali, emotive ed affettive.
Per la musica pensiamo quindi a progetti territoriali che mettano in relazione scuole di base, scuole di musica, bande, cori, centri sociali, gruppi e musicisti; accompagnati da progetti extraterritoriali che propongano relazioni con i mezzi di comunicazione di massa e con le altre culture.


Documento pubblicato sul n. 1/98 di Cooperazione Educativa, rivista trimestrale del Movimento di Cooperazione Educativa, edita da La Nuova Italia.

Il Gruppo Musica MCE è nato nel 1997. Fanno parte del gruppo soci del MCE che si occupano abitualmente e professionalmente di educazione musicale, tra i quali: Maurizio Disoteo, Pierpaolo Marini, Diana Penso, Mario Piatti, Renato Rovetta, Maurizio Spaccazocchi, Enrico Strobino, Maurizio Vitali.
Il documento qui proposto costituisce in un certo senso la ‘piattaforma ideologica’ del gruppo.
Informazioni sulle attività del gruppo possono essere richieste a Diana Penso, presso la Segreteria Nazionale MCE, Via dei Piceni 16, 00185 Roma e a Mario Piatti, Via Gramsci 56, 56012 Fornacette (PI),

e-mail: piattima@pisoft.it