Prof. FRANCESCO ERNANI

Sovrintendente del Teatro Comunale di Firenze

Conservatori e mercato del lavoro: il sistema musicale sostenuto dall intervento pubblico.

Voi sapete che nel nostro paese trova applicazione la legge 800 del 1967 che disciplina gli interventi dello stato nel campo della musica. Questa legge divide la musica per soggetti: gli enti lirici, i teatri di tradizione, le istituzioni concertistico-orchestrali, le associazioni concertistiche, i festival, i concorsi, le compagnie di danza, la lirica minore, i corsi e le attività allestero.
La logica che sinora è prevalsa è stata quella del mero convalidamento dei soggetti senza ricambi né confronti sul piano dei risultati artistici; la dimostrazione di ciò è avvalorata dalla politica, anche di recente evidenziata, dei ripiani dei debiti anche delle più ingloriose gestioni di alcuni prestigiosi nostri teatri dopera. La dimostrazione di ciò ci è pure avvalorata dallo stato di incertezze e di confusione in cui tutta la nostra attività artistica di formazione, di produzione e di distribuzione della musica è costretta a subire. Ho deciso di superare le tentazioni di intrattenervi sulla schiuma di questi giorni ove direttori dorchestra, personaggi della nostra vita musicale, sindaci di città si occupano di dare emblemi ai propri teatri e ragionano di appartenenza a serie superiori o inferiori, come se i teatri dopera fossero alberi genealogici. La musica, intesa come la vera invenzione degli uomini, invece, devessere considerata come forma darte insostituibile per il crescere civile di una comunità, e larte rappresentata dalla musica non deve mai essere confusa con un mero contenitore di interessi limitati.
Vi è stata poi unaltra legge: la legge 163 del 1985 che ha istituito il Fondo Unico per lo Spettacolo: ha lo scopo soprattutto di convogliare in un quadro unico tutte le disponibilità finanziarie già create, e che si sarebbero dovute creare, assicurandone la necessaria tempestività di erogazione, ponendo fine ai ritardi lamentati, ai conseguenti inconvenienti a danno della attività stessa. Per il triennio 85/87 al FUS fu assegnata la somma complessiva di 2.050 miliardi in ragione di 600 miliardi per l85, 700 miliardi per l86, e 750 per il 1987. Per i successivi anni si sarebbe dovuto prevedere in sede di legge finanziaria dello stato ad ulteriori incrementi. Si s abilì pure che la quota delle attività musicali e di danza in attesa della tanto auspicata e tuttora mai realizzata riforma della legge 800, non dovesse essere inferiore al 45%, oggi circa il 47% del FUS.
La storia del FUS e di questi dieci anni è rivelatrice di un disegno di messa in liquidazione dei nostri teatri dopera. Il FUS anziché essere finanziato in modo armonico, pur nel rispetto del contenimento della spesa pubblica, e quindi secondo il tasso di inflazione programmato, ha subito inammissibili tagli; è di questi giorni, dopo i fatti dello sciopero dellorchestra della Scala allultima recita di Traviata, la dichiarazione del Sottosegretario Prof. DAddio: Vogliamo renderci conto che il FUS per lo spettacolo è ogni anno più basso! Ce ne rendiamo conto, ma allora non definiamoci un paese musicale, rendiamoci conto che sul piano della musica non ci si intende nella sua funzione sociale, culturale, artistica e morale. Il FUS per il 1996, salvo provvidenziali integrazioni che sento di dover auspicare anche da questo convegno, è previsto circa pari a quello del 1989, questo significa non pensare ad un reale riordinamento del settore, bensì pensare ad una riforma che riduca i centri di produzione con effetti devastanti sulla nostra intera vita musicale sia sulla domanda, sia sullofferta e con ulteriore penalizzazione del campo dellimpiego artistico e con problemi per lattività di formazione artistica.
Il critico musicale Leonardo Pinzauti ha citato sulla Nazione del 10 giugno scorso un episodio clamoroso nella vita culturale italiana di più di un secolo fa, quando il Ministro della Pubblica Istruzione Emilio Broglio si rivolse a Rossini per chiedergli di assumere la presidenza di una società musicale che avrebbe dovuto occuparsi della gestione dei Conservatori (allora quelli importanti erano non più di 5 o 6) usando in massima parte capitale privato, mentre il Ministero avrebbe dovuto dare soltanto una parte dellassegno previsto dal bilancio. La proposta per fortuna non andò in porto ed il Carducci bollò con versi di fuoco lincauto ministro: Passai per San Fiorenza, intesi un raglio con un sospiro, era un sospiro del Ministro Broglio e Verdi per protesta restituì la nomina di Commendatore. Ebbene, se è vero che la storia si ripete ci sarebbe da chiederci perché il FUS ogni anno è più basso, e se questa scelta politica la possiamo discutere; da tutto ciò non può che nascere lesigenza di rappresentare al parlamento, al governo, al Ministro qui presente, con la forza della civiltà, che non si può perdere loccasione di adottare un nuovo progetto che riconosca al sistema musicale italiano il suo alto ruolo per i valori che lo contraddistinguono, e questo aspetto, a mio parere, è addirittura più importante del suo sostentamento.
Bisogna pure comprendere meglio che il modello del rapporto tra le scuole di formazione e di specializzazione musicale, i centri di produzione (anche se le scuole sono di competenza del Ministero della Pubblica Istruzione) e i centri di produzione dopo labrogazione dellex Ministero del Turismo e dello Spettacolo fino al momento dellattesa del riordinamento, dipendono da un dipartimento presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Ho avuto occasione di scrivere che il patrimonio di un ente lirico è dato dalla sua credibilità nei riguardi del pubblico pagante fondato, però, sulla qualità dei complessi artistici che vi lavorano e costituiscono la struttura portante del nostro teatro musicale e su questa qualità dobbiamo un momento soffermarci: la consistenza numerica che riguarda in particolare il mondo dei Conservatori, la consistenza numerica del personale dellarea artistica presso i nostri enti lirici rilevata al febbraio 1993, ci fornisce il seguente quadro emblematico per limpiego artistico. A Bologna fra personale a tempo indeterminato, personale a termine, personale con rapporto professionale, lorchestra era formata da 106 elementi, il coro di 74, i maestri collaboratori di 8; a Firenze lorchestra 126, il coro 94, i maestri collaboratori 8; a Genova 128 professori dorchestra, 76 artisti del coro, 12 maestri collaboratori; alla Scala 140 professori dorchestra, 104 artisti del coro, 34 maestri collaboratori; a Napoli 104 professori dorchestra, 86 artisti del coro, 8 maestri collaboratori; Palermo 117 professori dorchestra, 89 artisti del coro, 11 maestri collaboratori; Roma (Teatro dellOpera) 138 professori dorchestra, 109 artisti del coro, 18 maestri collaboratori; Torino 101 professori dorchestra, 76 artisti del coro, 11 maestri collaboratori; Trieste 103 professori dorchestra, 71 artisti del coro, 5 maestri collaboratori; Venezia 113 professori dorchestra, 84 artisti di coro, 9 maestri collaboratori; Verona 78 professori dorchestra, 51 artisti del coro, 12 maestri collaboratori; Santa Cecilia 114 professori dorchestra, 92 artisti del coro, 12 maestri collaboratori; infine Cagliari con 78 professori dorchestra e 70 artisti del coro La chiusura delle orchestre e dei cori della RAI, la difficile vita delle istituzioni orchestrali per tanto pone laccento sullesigenza che anche nel nostro paese si predispongano progetti speciali a tutela dellimpiego nel campo della vita musicale.
LInternational Labor Office che ha una sua sede a Ginevra presso lUNESCO, ci fornisce alcuni dati interessanti nel periodo 90/91, dopo aver predisposto un rapporto ed interrogato tutti i governi nel mondo, mette in luce gli interventi a sostegno che gli stati fanno a favore della musica in ordine alle condizioni di collocamento e lavoro degli artisti e dei musicisti sulla base dei seguenti sei punti: loccupazione e la disoccupazione, la libertà di associazione e diritto alla contrattazione collettiva, la tempistica lavorativa e guadagni, i diritti degli artisti per lutilizzo delle loro prestazioni, la sicurezza sociale e i problemi legati allambiente lavorativo.
Consentitemi di sintetizzare alcuni orientamenti che lInternational Labor Office hanno messo in luce, è stato evidenziato che la stagnazione economica o il declino economico di un paese tendono a colpire duramente le professioni artistiche. Le opportunità di lavoro per i musicisti sono diminuite durante questo secolo, come risultato principalmente dellavvento del cinema sonoro che ha eliminato i posti di lavoro nei teatri di muto, e poi dalle registrazioni che vengono usate per sostituire le esecuzioni dal vivo nei locali di spettacolo, alla radio e nei media. Mentre molti governi assicurano interventi a sostegno di tale particolare mercato, in Italia si chiudono con indifferenza orchestre e cori, corpi di ballo e contemporaneamente si aggiungono al troppo esistente nuove Accademie e Conservatori, con un costo a carico dello Stato stimato oltre 1200 miliardi ma con oltre 40.000 giovani iscritti ai vari corsi che trovano al momento del diploma un mondo del lavoro chiuso, perché regolato da una semplicistica ideologia del libero mercato. Si è del tutto dimenticato che i complessi artistici sono beni che devono essere protetti, e che le espansioni delle facilitazioni distruzione artistica creano il problema di come sviluppare limpiego. Il potenziale delle arti in termini di creazione di posti di lavoro diversamente da quanto è avvenuto in Italia è stato uno degli argomenti esaminati dettagliatamente nei recenti studi condotti in Inghilterra dallIstituto di Studi Politici; è stato dimostrato che le spese nel settore pubblico per creare posti di lavoro nelle arti sono inferiori rispetto a quelle per altri settori delleconomia, a causa della natura intensiva del lavoro del settore, e delle modeste somme che si ricavano dalla importazione. Estato posto in evidenza, inoltre il custom effect cioè leffetto che si ha nel caso in cui la creazione di posti di lavoro non deriva dalle spese dellorganizzazione artistica, ma da altri fattori impu abili a fruitori, come le imprese di trasporto, gli albergatori e le attività commerciali. E stato stimato ad esempio a Glasgow che riceve ogni anni circa 300.000 visite teatrali, e producono le attività di concerto oltre 100 posti di lavoro: è dunque necessario anche per favorire altri impieghi un riassestamento della politica governativa nella direzione di una maggiore efficienza della spesa pubblica nel settore della occupazione artistica. La recente piattaforma delle segreterie sindacali confederali per il rinnovo del contratto collettivo di lavoro del personale dipendente dagli enti lirici ha posto in primo piano il tema delloccupazione mettendo in luce fra laltro che fra il 1973 e il 1994 vi sono circa 1000 posti in meno nel settore degli enti lirico-sinfonici nel nostro paese e cè anche qualche sovrintendente che si vanta di aver ridotto gli organici dei propri complessi artistici.
A questi dirigenti esprimo linvito ad esaminare le relazioni condotte da esperti sulla cosiddetta sindrome eccessiva e sul ruolo che le scuole di musica giocano nelleducazione dei giovani musicisti, alle tecniche ideate per prevenire tale sindrome.
Uno studio sui musicisti dellorchestra sinfonica di Vienna, sottolinea numerosi aspetti considerati come causa dello stress e documenta gli effetti dellesecuzione sulle reazioni psicologiche degli orchestrali. Questi studi dimostrano che coloro che suonano gli strumenti a fiato sono più spesso vittime dello stress nervoso e dei problemi tecnici dei loro strumenti, mentre coloro che suonano gli strumenti ad arco sono più colpiti dallo stress fisico dovuto al lungo tempo passato a suonare.
E mi avvio a concludere per osservare che anche nel settore delle attività musicali finanziate dallintervento pubblico, occorre muoversi verso nuovi schemi di relazione di tipo contrattuale, in cui allautonomia direzionale gestionale dei teatri si accompagni lassunzione da parte degli stessi di chiari e precisi impegni con termini di raggiungimento degli obiettivi concordati, e la previsione di eventuali sanzioni nel caso di inadempienze. La gestazione di una nuova organizzazione che deve succedere allattuale sistema bocciato e da licenziare, presenta certamente difficoltà per evitare furbizie perfino le meno dolose, ma occorre seguire la strada tesa a mantenere forte il tessuto culturale dei nostri centri di produzione musicale, assecondando un cambiamento che non distrugga ma che ne sviluppi il ruolo sociale, etico, la cultura degli operatori, la cultura del pubblico e il rapporto con il mondo formativo.
Unavvertenza non va dimenticata: quanto più è durato un sistema organizzativo statale inadeguato tanto più sarà difficile pervenire a reali cambiamenti. Ma prestate attenzione quindi ai tentativi che possono condizionare limprorogabile riforma della nostra organizzazione musicale con falsi riordinamenti utili solo a far mantenere a singole entità i maggiori vantaggi possibili. E a questo punto come disse Beethoven prima di spegnersi citando Augusto morente plaudite amici commedia finita est. Grazie.


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