GUIDO SALVETTI
Conservatorio di Milano

Per un livello europeo degli studi musicali in Italia: potenzialità e prospettive.

Anch'io, come Gilberto Bosco, avevo scritto una particolareggiata relazione, però non avevo tenuto conto, stampandola dal computer, che nel frattempo sarebbero successe due cose: una prevedibile, gradevole, che prima della mia relazione ci sarebbero stati tantissimi stimoli e anche pericoli, da parte mia, di sovrapposizioni; l'altra, sciagurata, che è quella che probabilmente tutto il nostro discutere di riforma negli ultimi due anni va a cadere nel baratro, come è sempre successo, della politica generale. E' giusto che sia così; però permettetemi l'abbinamento che sarà particolarmente gradito a chi non mi vuole molto bene (ma qua mi vogliono tutti bene e vi darò un dispiacere). Io ho giurato, assieme ad Andrea Talmelli, che questa è l'ultima legislatura all'interno della quale siamo interessati in prima persona a lavorare per la riforma degli studi musicali. Non ne possiamo più. E se cade la legislatura e non è ancora successo niente e questa è la sesta noi, per quanto riguarda questo problema, andiamo in pensione.

A voi forse non importerà nulla ma è per dire che preferisco a questo punto parlare a braccio perché mi sembra che ci siano cose molto importanti che riguardano proprio la discussione più generale. Su cose che si sono lasciate un poco per risapute, nell'ultimo tempo, presi come eravamo dal vortice delle proposte legislative e da prospettive di più rapida, veloce, a volte troppo veloce soluzione dell'ordinamento dei nostri studi musicali.

Prima di tutto, una reazione a quello che la dott.ssa Cappelli ci ha detto (d'altronde, per chi si occupa di questi problemi, queste non erano novità; noi sappiamo del lavoro che la dott.ssa Cappelli sta portando meritoriamente avanti da anni e molti di questi schemi li avevamo già visti e studiati).

Ora, la prima volta che ho visto questi schemi ho avuto una grande angoscia, il solito complesso di inferiorità italiano: "ma guarda quanta ricchezza, quante ricchezze professionali e culturali in questi sistemi e quale povertà la nostra". Direi che, col passare del tempo, ho emendato non poco questa mia angosciosa impressione. Il problema vero, nel momento in cui mi accingo a parlare di un livello superiore degli studi musicali in Italia, è che noi abbiamo forse altrettanta ricchezza, ma sistemata in forma caotica, anarchica, casuale. Di cosa sto parlando? Esistono da noi notevoli professionisti della musica. Io conosco per esempio, a Milano ce ne sono moltissimi, musicisti che si sono specializzati nell'esecuzione della musica barocca. Nei nostri conservatori è raro trovare un insegnamento all'altezza di quello che si fa a Basilea o di quello che si fa ad Amsterdam; però coloro penso a Biondi e a tanti altri che hanno fatto una fortuna internazionale in questo settore, si sono formati con una sorta di bricolage personale andando a prendersi le diverse competenze nei più diversi luoghi, espatriando, molto spesso, frequentando persone di valore che esistono anche se nascoste all'interno di collegi dei professori dove non emergono, andandosi a leggere in prima persona trattati, sperimentando e cercando. La stessa cosa va detta per quanto riguarda la professione che oggi sembra essere tutta da scoprire (ma invece non è vero), che riguarda i tecnici del suono, meglio ancora: i registi del suono, i "tonmeister", per intenderci. Noi sappiamo benissimo che in Italia si sono formati centri di produzione musicale elettronica per l'analisi e la produzione del suono che sono già a livello internazionale; sappiamo anche che arrivano ormai commissioni di elaborazione sonora anche dall'estero. Se noi andassimo a vedere il curriculum di studi delle persone che hanno creato questi centri, ci sarebbe veramente da ridere perché ancora una volta troveremmo buoni studi fatti magari all'interno dei nostri conservatori, altri invece in forma che, verrebbe voglia di dire: casuale (ma non è così). Sì: ci sono ricerche personali che hanno portato, vista la nostra capacità nazionale di inventiva e la nostra voglia di arrangiarci (non faccio mai 'sti discorsi, ma chissà perché mi è scattata la molla), a risultati decisamente buoni. Il problema, quindi, non è assolutamente quello di creare dal nulla cose che non esistono. C'è stato un accenno splendido della dott.ssa Cappelli per quanto riguarda la formazione di base (a proposito è un'altra cosa sulla quale ha lavorato per anni) quello del tessuto incredibile di scuole che presiedono alla formazione iniziale del musicista. Ma voi credete che siano conservatori? Ma manco per sogno. Se fossero i conservatori in Italia non ci sarebbe un vivaio di musicisti minimamente sufficiente ad alimentare i troppi diplomi che vengono, ahimé, così sciaguratamente sfornati ogni anno. In realtà, anche da quel punto di vista, una rete incredibile di iniziative a volte caotiche, a volte improvvisate, a volte casuali fa sì che comuni piccolissimi abbiano scuole di musica molto buone, che ci siano cooperative di lavoro che si occupano di avviare alla musica attraverso forme d'arte non colte, ma attraverso forme di improvvisazione: le scuole popolari. Io credo che una mappa dell'iniziativa dell'acculturazione musicale in Italia, che è stata tentata, fra l'altro, per qualche regione, ci lascerebbe stupiti. D'altronde questo lo sanno tutti quegli insegnanti di conservatorio i quali, non avendo un'attività professionale che permetta di vivere decorosamente visto che lo stipendio di conservatorio non permette di vivere decorosamente sanno benissimo che esiste sempre la possibilità di trovare qualche buona iniziativa, che non sia frustrante, magari, a livello di scuola comunale, privata, di cooperative ecc. Il problema è anche a quel livello non è quindi creare dal nulla un tessuto di formazione professionale che sia ramificato sul territorio, ma trovare dei modi per razionalizzarlo, per vagliarlo, per potenziarlo là dove non fosse sufficiente, per potarlo là dove eventualmente fosse eccessivo. Il problema, quindi, é quello di un livello superiore degli studi musicali; di riuscire a capire che non si tratta di creare ma di dare ordine e che l'ordine non è un piacere fine a se stesso: l'ordine è dare un senso verso un fine. Finalizzare. Perché alla fin fine le mappe che sono state disegnate sulle iniziative di base ci dimostrano che c'è una dispersione e uno spreco di energie incredibile. Cioé: non essendoci alcun sistema di garanzia per quanto riguarda ciò che si fa in questa miriade di scuole che nascono spontaneamente nei comuni, ecc. ecc., spessissimo succede che da queste scuole quasi nessuno riesca poi, anche avendone i meriti e la stoffa, ad arrivare davvero al conservatorio, alla produzione musicale. Problema di dispersione che c'è tutte le volte che c'è e c'è casualità.

Dicendo questo io ho già in mente il fatto che qualsiasi discorso di corsi della fascia superiore di studi musicali superiori deve purtroppo fare i conti all'inizio dico: purtroppo con la presenza di una frustrata ma complessivamente non negativa classe insegnante che pure esiste in certi conservatori che sono pochi da un punto di vista e troppi da altri. Questa non è una sede dove discutere di contratti, di problemi di categoria, lo so benissimo; lasciatemi però dire questo: io credo che applicando lo stesso metodo a cui accennavo a proposito della non creazione ma razionalizzazione, è impensabile arrivare a creare una fascia di studi superiori in Italia creando ex novo ex nihilo, verrebbe voglia di dire la classe di insegnanti che ci andranno ad insegnare. Non lo dico, credetemi, per spirito corporativo, ma per realismo politico e soprattutto per conoscenza dei meccanismi della scuola. In realtà in questi ultimi tempi si sono segnalati due pericoli di tutela.

Una tutela è quella non molto simpatica che si é fatta strada ultimamente soprattutto ne ho avuto una brutta impressine ultimamente a Fiesole secondo cui grandi musicisti, grandi strumentisti a livello internazionale, usciti dai nostri conservatori venti, trent'anni fa, all'improvviso ritrovano il palpito della tutela degli studi musicali. Il che, naturalmente, fa loro onore perché evidentemente non lo fanno né per potere né per guadagno guadagnano già abbastanza e di potere comunque ne hanno: direzioni artistiche dei teatri e tantissime altre cose lo fanno per ragioni ideali. Ed allora deve essere chiara una cosa: il grande concertista, il grande strumentista ha, rispetto alle esigenze di questa fascia superiore degli studi musicali che sono venute maturando nella nostra convinzione, una competenza estremamente ristretta. Ci può portare, questo grande concertista, questo grande strumentista, il confronto palpitante di quali sono i livelli degli altri paesi. Però permettetemi di dire che io non credo che la fascia superiore degli studi musicali che dobbiamo costruire possa identificarsi con un'accademia di corsi di perfezionamento, con una serie di corsi di perfezionamento; quello è un avvio alla professione. Io, per esempio ai miei tempi sono uscito dai corsi di perfezionamento di Siena che mi hanno aperto il mondo. Lì, è vero, ho conosciuto il mondo; però se non avessi avuto alle spalle la formazione ramificata a livello di self-service e di bricolage che mi ero fatto con la doppia scolarità, frequentando più corsi all'interno del conservatorio quel seminario non mi sarebbe servito a nulla.

E poi c'è un'altra tutela. In uno di questi progetti di legge, che non nomino, è evidente l'intenzione che la fascia superiore degli studi musicali al momento in cui si chiama "università" debba essere sotto la tutela dei professori universitari. Per quello che è possibile. Noi sappiamo che oggi almeno in alcune università si fanno studi musicali tipo teoria e solfeggio, tipo armonia, tipo contrappunto, con tutte le varie storie, analisi, ecc.; ma, per esempio, il grande compositore Aldo Clementi che ha insegnato per tanti anni e credo insegni ancora Teoria musicale al DAMS di Bologna benché sia grande compositore é stato costretto a fare l'alfabetizzazione di gente che arrivava all'università volendo una laurea in discipline musicali ma non sapeva la teoria musicale, non sapeva leggere le note. Allora il discorso è che noi ci troviamo di fronte ad una università che poggia, lo sappiamo benissimo, sul piede d'argilla di una scuola media superiore italiana che dà sì l'accesso all'università stessa, ma che non dà nessuna garanzia per un minimo di preparazione musicale. Non mi si venga a dire che la doppia scolarità, che non é in nessun caso formalizzata, possa legittimare queste pretese perché ancora una volta si tratta di casi, perché in alcune situazioni il risultato positivo si può verificare ma può anche non verificarsi; in alcune funziona e in altre non funziona. Detto questo e chiudo su questo i problemi di tutela non vanno soltanto rigettati, ma vanno capiti meglio. Secondo me si tratta di capire che una fascia superiore degli studi musicali potrà rigettare le tutele, dovrà però stabilire delle collaborazioni. Chiudo perché è talmente ovvia la cosa, sarebbe veramente impensabile arrivare a un livello di studi come questo che non contempli la possibilità di avere degli stages, delle possibilità di avere dei contratti a termine, la possibilità di veder circolare all'interno di queste scuole superiori i grandi concertisti, la possibilità di avere delle collaborazioni con l'università che l'università potrà dare per il livello al quale l'università può dare. Io a questo punto preferirei riprendere un attimo il discorso di base da cui era partita la dott.ssa Cappelli e che era stato sfiorato, però in un altro ambito, dal M.o Bosco. Forse prima di parlare di modelli di questa fascia superiore di ciò che in Italia si può fare, bisognerebbe discutere ancora un attimo sul problema dell'accesso, come ci si arriva. Quanto ci siamo accapigliati, quanto, se continuerete a discutere voi vi accapiglierete! c'è stato un tempo in cui ci si accapigliava tra i sostenitori della professione pura della musica non inquinata dalle materie culturali che rallentano l'apprendimento della musica e coloro che invece erano convinti che bisognasse integrare attraverso i licei o comunque in modo non casuale la professione del musicista. Quel tempo è sostanzialmente passato e questo é un problema che a livello di dibattito è probabilmente risolto. Sapete, la storia cammina e poi alla fin fine si arriva a qualche maturazione. E' successo con lo "ius primae noctis": nella coscienza comune è stato superato e all'improvviso ci si è accorti che nessuno pensava più che dovesse essere mantenuto. Per merito anche di Mozart, di Beaumarchais e di Da Ponte, certo. Questa cosa è maturata ed é maturata, perché no, l'idea che il musicista non debba essere un coglionaccio, come dice Fantozzi, ignorante.

Ebbene, però, l'accesso. Io credo che il problema debba essere posto esattamente come è stato posto da Gilberto Bosco. Il problema per l'Italia è l'impossibilità, almeno in questa fase storica, di prevedere una barriera precisa prima della quale non si può arrivare al Conservatorio superiore, diciamo, e dopo la quale magari si è in ritardo e si è considerati degli sciocchi ripetenti. Dire che a diciotto anni si finiscono gli studi preliminari e a diciannove si è sublimati anche per la musica é una faciloneria. imperdonabile in questo momento storico, tra l'altro, proprio perché in questo momento storico si nota un sempre maggiore prolungamento della formazione musicale in anni che vanno sempre più in là. Non è mica tanto una bella cosa, comunque, perché si sa benissimo che i percorsi scolastici lunghi sono fatti in genere per coloro che non hanno molte doti, motivo per cui la cosa in sé non é buona. Rimane il fatto però che è un momento storico preciso; ma arrivo al punto.

Il problema è la rigidità; e qui c'è un concetto che è girato in documenti di quelle associazioni alle quali abbiamo partecipato con tanto calore. c'è un concetto, fra l'altro tanto caro a Andrea Talmelli, che è quello di credito formativo. Ah, caspita! Questo io direi che è un concetto tutto nostro, che va difeso; nel senso che quando ci si iscrive ad un corso di studio uno può avere un bagaglio più ampio o meno ampio. Io mi iscrivo alla facoltà di lettere e il primo professore che trovo mi dà la prima bibliografia. Nella prima bibliografia ci sono due libri di inglese e un libro di francese. Io non so né l'inglese né il francese. Il mio compagno di studi sa l'inglese e il francese. E' avvantaggiato rispetto a me. Ha un credito formativo. Io ho un ritardo, ho un debito formativo. Che cosa vuol dire? Che io non posso entrare a fare lettere dove c'è un professore che dà delle bibliografie in lingua se non so il francese e l'inglese? Neppure per sogno. L'ordinamento, quando la facevo io, delle nostre università era che la verifica della conoscenza delle lingue veniva fatta prima della discussione della tesi di laurea. Incredibile! Dovrebbe essere all'inizio!. Però lo spirito è molto giusto. Attenzione! Tu hai quattro anni di tempo per acquisire un credito formativo senza il quale non sei degno di essere laureato. Avete capito dove va a finire la parabola? No? La parabola è questa: deve essere possibile e io ci credo fino in fondo che nella fascia superiore degli studi musicali si possa accedere quando si è pronti dal punto di vista strumentale, dal punto di vista della conoscenza della musica intesa come linguaggio, intesa come senso complessivo di questo linguaggio e così via. Non avrebbe alcun senso non potersi iscrivere alla fascia superiore se non sono riuscito ad arrivare a fare l'esame di maturità, che contempla latino, matematica, fisica e lingua straniera. Il problema è che io avrò sulle spalle un debito che dovrò comunque pagare prima di arrivare alla fine, non prima dell'inizio. Infatti in uno dei progetti era scritto che comunque il conseguimento di qualsiasi titolo di studio, a qualsiasi livello della fascia superiore, è subordinato al possesso della maturità, quale che sia. E qui c'è un altro discorso. Non certo in questa sede che è una sede culturale vorremo accapigliarci per dire se il liceo o, diciamo, queste occasioni di formazione culturale debbano essere all'interno del Conservatorio come edificio o al di fuori. Lasciamolo tra le cose sulle quali sarà bello che litighiate in futuro, ma non mi sembra che siano essenziali rispetto a questo discorso. E allora, entrando nel merito di molte delle cose che sono state mostrate, qual'é il modello, in realtà, dei nostri studi musicali per quanto riguarda la fascia superiore? Non crediate che la risposta sia così semplice, che sia un'alzata di spalle o un "che schifo"! Certo esiste la legge del 1930, quella dei programmi e delle scansioni scolastiche. Secondo quella legge non ve la sto a spiegare: l'abbiamo sulle spalle tutti quanti secondo quella legge il modello è un modello unidirezionale, si sa benissimo. Che cosa si intende per fascia superiore? Si intende, se ci pensate bene, una ulteriore riduzione della formazione musicale alla materia principale. c'è questo momento di acculturazione musicale che è il corso medio degli strumenti decennali, mettiamo, dove hanno un notevole peso storia della musica e armonia. E già in alcuni conservatori si iniziano le Esercitazioni orchestrali. E poi c'è il Canto corale. c'è molto, abbastanza, diciamo: molto no. Abbastanza, piuttosto che niente. Oh, in moltissimi conservatori, nonostante certi obblighi relativi all'esercitazione orchestrale, relativi alla musica da camera, il corso superiore significa concentrazione sostanziale di tutta l'energia e di tutto il tempo nello strumento principale, nella materia principale. Questo è sicuramente un modello che significa creare una mono-professione, tarpare le possibilità di scelta secondo le proprie doti ecc. ecc. ecc. Però, attenzione, la cosa non finisce qua. Esiste quella legge, quel decreto del 1974, quello della sperimentazione di cui si parlerà domani c'è una relazione su questo che ha notevolmente innovato proprio il modello. Io mi sono fatto mandare documenti anche da Roma, dai corsi sperimentali che ci sono li, da qualche corso sperimentale di composizione che ancora sopravvive qua e là (Milano di cui io parlo ahimé spesso molto male, è da questo punto di vista abbastanza ricca; cioé Milano ha un corso di composizione sperimentale che è stato abbastanza trainante per tante altre esperienze tra cui il corso di musicologia, il corso di direzione corale e di nuovi programmi per la direzione d'orchestra e così via). Poi ha soprattutto e questo è veramente molto problematico ha innovato tutti i programmi dei corsi superiori di studio. Diciamo: per arrivare al diploma di clarinetto, di violino, di violoncello il programma dell'ultimo corso dei corsi superiori è stato completamente ridisegnato senza cambiare il numero degli anni e lasciando abbastanza immutata la mono-strumentalità, la mono-materialità principale. c'è però qualche buona intenzione, da questo punto di vista. Speriamo che fiorisca. Questo tipo di fascia superiore con il cambiamento di programmi più belli, più articolati, più colti ma che lascia sostanzialmente intatto quell'impianto, per quanto riguarda gli strumenti, io penso che non abbia prospettive perché tarpa tutte le possibilità e le esigenze che ci sono. Però esistono altri modelli all'interno dei conservatori, ci sono alcuni casi in cui si parte da una sorta di grosso bacino di insegnamento dove gli insegnamenti sono talvolta persino più che gli alunni frequentanti e quindi cosa significa? Che ogni alunno all'interno di questo bacino di possibilità trova alla fin fine il suo interesse e il suo sbocco professionale. Non la faccio lunga su questo. Devo dire, prima di arrivare all'altro modello che quello del 1992, cioé dei nuovi insegnamenti, in cui esiste un'altra idea di corso superiore che esiste quello del corso di didattica: cinque percorsi obbligati, paralleli di cinque materie affidate a cinque insegnanti, tutti e cinque che formano il collegio giudicante di anno in anno per vedere se l'allievo può andare avanti, tutti e cinque che formano la commissione che giudicherà a livello di diploma. Il fatto che gli insegnamenti siano cinque non può che renderci allegri. Per arrivare a quel tipo di professionalità, per fortuna, non ci si è affidati al mono-insegnamento. E' un modello che io trovo abbastanza rigido e spiego subito perché: un corso di didattica così concepito rischia di creare dei didatti ad una dimensione ancora una volta. Perché è nato questo corso, su quale esigenza? Sul fatto di qualificare il meglio possibile gli insegnanti di Educazione musicale della Scuola media. Se voi andate a vedere questi programmi sono molto belli, sono molto ampi, molto variegati; ma appunto servono, secondo me, più che a istruire nella composizione, più che a fare imparare la storia della musica, più che a essere esperti di pedagogia serve soprattutto a dare un'anima ampia, culturalmente profumata a coloro che andranno ad insegnare ai corsi di Educazione musicale perché è quello che gli si richiede soprattutto, cioé andar lì con la voglia di inventare avendo in testa tante belle cose. Ma per esempio, quando ci fosse la Educazione musicale o, se volete, la musica nella scuola media superiore l'insegnante di storia della musica, mettiamo, che nel triennio dovrà lavorare a fianco a fianco con l'insegnante di storia della letteratura, a fianco a fianco con l'insegnante di storia delle arti figurative, potrà uscire davvero da quei corsi così concepiti? La risposta vorrebbe essere sì, a patto però che questa rigida compartimentazione dei cinque insegnamenti venga ripensata con una sorta di circolazione qui avete usato la parola "trasversale" cioé la possibilità di anno in anno di orientarsi privilegiando questo o quell'altro insegnamento e soprattutto aprendo queste cinque strade a tantissimi altri apporti che possono venire magari dall'Università. Ma perché solo dall'università? Da moltissime altre cose.

E va bene, questa era un'altra cosa per dire che infine, quando parliamo della situazione in Italia della fascia superiore degli studi musicali dobbiamo fare i conti con una situazione estremamente variegata, che va vagliata tenendo conto anche e proprio di questa esperienza e non pensando forse non sono stato abbastanza chiaro che si possa aprire una fascia superiore degli studi musicali chiudendo i corsi di didattica e chiudendo le sperimentazioni. E' questo il discorso. Queste sono esperienze che vanno vagliate, ridisegnate, vanno potenziate, vanno finalizzate.

Eccomi allora alla seconda, spero veloce, parte, del mio intervento.

Io penso che ci siano, dopo aver parlato di chi ci andrà ad insegnare e dopo aver parlato del tipo di modello che non potrà non essere un modello mobile e trasversale di percorsi non posso non parlare di alcune condizioni di base che potranno far dire: "ecco, finalmente siamo davanti ad una fascia superiore di livello europeo". Nell'intervento della dott.ssa Cappelli c'è stata una sottolineatura a proposito della Juilliard School, che io penso ci sia un po' in tutti i nostri documenti e anche nei progetti di legge, ma senza la evidenza che ha messo lei in questa cosa, cioé: il fatto che la fascia superiore degli studi musicali è un'occasione professionale non soltanto perché all'interno del conservatorio si fanno orchestre o gruppi da camera, ma perché ci si va a confrontare con istituzioni esterne, con associazioni esterne, si appaltano lavori per esigenze esterne. Questo è il contenuto vero di quell'autonomia che è stata secondo me un po' troppo facilmente e velocemente rigettata dai nostri studenti universitari. Dice: vogliono ridurre le università ad aziende e probabilmente in alcuni casi può essere così. Io, mi ricordo, avevo un amico che teneva un laboratorio di filatura e di coloritura tessile all'interno di un istituto tecnico industriale. Aveva una serie di convenzioni a Busto Arsizio, aveva una serie di convenzioni con gli industriali bustocchi tanto che questa scuola era diventata miliardaria. Poi qualcuno ha detto: "ma oh, ma la scuola é questo che deve fare? E quei miliardi sono stati poi investiti"? Non lo so, ci sono stati poi alcuni guai giudiziari. Queste cose succedono quando si perde di vista a che cosa deve servire un processo formativo e si pensa di trasformare una scuola in azienda. Però tra questo e creare una scuola a livello superiore che si ponga l'immagine veramente un po' alla Colloredo e Mozart, del tipo: "tu te ne stai qua per quattro anni e poi mi prendo il gusto di darti un calcio e vediamo come te la cavi sul mercato del lavoro". Beh, questo è immorale. E' immorale non soltanto perché la scuola non può chiudere gli occhi rispetto a che cosa faranno poi quelli che usciranno, ma soprattutto una fascia superiore degli studi musicali deve potersi modellare sulle diverse esigenze storiche che emergono. Quante inutili discussioni ho fatto per esempio nel mio conservatorio per cercare di aprire una sezione di musica barocca. Evidentemente c'è qualcuno a cui non è entrato nell'orecchio che quello è un grande mercato. Che brutta parola! Ma che mercato! E' una grande possibilità, è una grande occasione. Perché deve essere perduta? E su questo credo che se andassi avanti direi cose che già nella vostra testa sono da tempo ed è inutile farle frullare di più. Io ho visto comunque collaborare splendidi alunni prima ancora di laurearsi per la produzione di spettacoli alla Scala, ho visto gente lavorare per produrre film, ho visto gente che guadagnava semplicemente perché si era rimboccate le maniche, non aspettava il diploma del conservatorio per poter fare quello. Però questo è dal punto di vista del conservatorio una rinuncia: è uno smacco. E allora la conclusione per ora è articolata in questo modo: innanzitutto tra i coraggi che bisogna avere c'è sicuramente quello della autonomia. Io non lo so se passerà mai una legge che istituirà dei conservatori superiori. Io so però che, se si vuole, all'interno dei conservatori che funzionano o che possono funzionare ci sono energie per prefigurare di fatto questa fascia superiore degli studi musicali. Che non potrà cadere quindi nel vuoto ma dovrà appoggiarsi su ciò che poi, con la fatica, il sacrificio e magari anche qualche spesa, ognuno di noi sarà riuscito a fare. Io sono convinto che la crescita della professionalità anche la nostra, di insegnanti poi ripaga. Io ricordo quanto tempo ho sbattuto via a preparare alcuni corsi per i miei compositori quando ancora insegnavo ai compositori: non so, un corso monografico su Strawinskji, fatto quindici anni fa, quando di materiale in italiano ce n'era ancora poco quanto lavoro di traduzione e di cose del genere. Beh, tutto questo lavoro sul piano professionale l'ho buttato via? Ma neppure per sogno. Ma avete idea di quante aperture, in quanto musicologo, ho avuto per scrivere, per fare conferenze, per intervenire in corsi di analisi? Tenendo conto del fatto che forse ancora in Italia esiste forse la professione musicale, uno sforzo di invenzione all'interno dei nostri conservatori di sbocchi di questo tipo non è solo un atteggiamento da Cireneo e da puro volontariato.

Certo l'attività politica, di cui parleremo poi in altra occasione, è un'attività che non potrà essere disgiunta da questo volontariato. Qui c'è assolutamente bisogno di almeno due cose: una legge sull'autonomia se no anche quel volontariato non serve a nulla e l'estensione dell'obbligo a sedici anni. Io sono convinto che moltissimi problemi si potranno risolvere quel giorno. A quel punto io credo che sarà necessario ripensare se davvero questa fascia superiore degli studi della musica debba essere un'università a cui si accede dopo i diciotto anni. Io sono convinto che la struttura stessa degli studi italiani comporterà una fascia di preparazione agli studi musicali professionali, già professionalizzante in quanto tale e che arrivi ai sedici anni, che cerchi di creare il vivaio in tutta la scuola dell'obbligo; dopo di che gli studi musicali professionali, con una scansione professionale ben mirata dovrebbero partire proprio da dopo l'adempimento dell'obbligo. Certo cambierebbe il giorno in cui il nostro legislatore e credo che sia previsto per l'anno 2078 estendesse l'obbligo a diciotto anni. Ma ne parleremo nel 2078. Quindi, insomma, io non posso che concludere qui dicendo che soltanto nuvole nere sono sulla nostra testa. La voglia, però, di discutere, la voglia di ragionare, la voglia di inventare l'immaginazione di cui si parlava e soprattutto la voglia di fare comunque con le possibilità che abbiamo non dovrebbe venirci mai meno.


Original file name: Salvetti - converted on Thursday, 26 December 1996, 19:27

This page was created using TextToHTML. TextToHTML is a free software for Macintosh and is (c) 1995,1996 by Kris Coppieters