ANNIBALE REBAUDENGO
Conservatorio di Milano

La formazione degli insegnanti di strumento

Quest'estate un giovane e talentoso diplomato in pianoforte, proveniente da una storica scuola pianistica napoletana, mi ha raccontato con innocenza e stupore il suo breve curricolo d'insegnante. Diplomatosi brillantemente, dopo una formazione che prevedeva un esercizio quotidiano di ore sulle abilità pianistiche, ha riproposto ai suoi allievi privati accorsi in gran numero, tutte le sequenze dei suoi eserciziari. Dopo il primo anno aveva perso tutti gli allievi. Essendo legato al libero mercato del privato, per continuare ad insegnare era alla ricerca di nuove metodologie.
Il mese scorso, una giovane collega milanese delle scuole medie ad indirizzo musicale, mi segnalava un'intelligente riflessione sulla sua storia di allieva e d'insegnante che forse è una risposta alla delusione del mio primo interlocutore.
Quand'era piccola, la ripetitività degli esercizi strumentali erano da lei accettati di buon grado, perché anche le altre discipline avevano la stessa impostazione metodologica. Le pagine di aste o di singole lettere alfabetiche erano il corrispettivo degli elementari esercizi di articolazione. Le ripetitive operazioni aritmetiche, dalle abelline in avanti erano le ore passate con gli studi di Czerny. Le poesie imparate a memoria a furia di ripeterle erano il repertorio pianistico eseguito all'infinito finché non era pronto per l'esibizione pubblica.
Diventata ora coscienziosa insegnante, si è trovata in una scuola dove la metodologia d'insegnamento ha subito radicali trasformazioni in tutte le discipline. I giovani studenti lavorano facendo ricerche, i compiti sono basati su tests, gli obiettivi cognitivi sono (o dovrebbero essere) raggiunti tramite la comprensione dei concetti e non con la meccanizzazione di formule. Risultato: i suoi allievi si stupiscono e non sono disponibili alla richiesta di lavorare a casa su abilità pianistiche da apprendere con la ripetitività. Intanto ovunque si diffondono scuole musicali: per ogni fascia d'età, con finalità professionali, formative, amatoriali. Ho contato sulle Pagine gialle di Milano 50 scuole di musica, oltre le 20 scuole medie ad indirizzo musicale ed una decina di Centri di educazione permanente del Comune.
In queste scuole come si rendono compatibili i più variegati vissuti musicali, tutto il ventaglio delle aspettative, i repertori storici o innovativi, gli stili cognitivi d'ognuno, come si rendono compatibili, dicevo, tutti questi aspetti con le strategie d'insegnamento basate sulla riproposta dei modelli del Conservatorio?
Per altro il contraltare alla selettività e al tradizionalismo didattico dei Conservatori non può essere il becero Ğlasciar-fareğ che anche se non produce traumi da abbandono precoce, produce l'abbandono prima o poi per inadeguatezza nell'inevi abile confronto tra i modesti risultati personali e gli standard esecutivi esterni alla scuola che lo studente prima o poi è portato a fare.
Come s'è formato finora l'insegnante di strumento? S'è formato sul campo. Campo costellato di vittime e feriti d'ogni genere.
La mia presenza in questo convegno, e vi ringrazio dell'invito, è legittimata dalla indifferibile richiesta, nel Conservatorio riformato, di un corso parallelo a quello strumentale, di un corso di didattica dello strumento musicale. Sottolineo parallelo, perché la figura dello strumentista militante con competenze didattiche deve essere valorizzata. Non scissa.
L'imitazione dell'insegnante che suona è una delle strategie didattiche che per certi allievi è fondamentale.
Ma poi allo strumentista che diventerà insegnante non basterà più quell'unico modello. Avrà bisogno di saper rielaborare in modo creativo varie metodologie per arrivare a produrre un proprio modello dinamico e suscettibile di adattarsi alle diverse esigenze. Dovrà saper analizzare la situazione di partenza di ogni singolo allievo e la propria esperienza non basterà. Dovrà scegliere metodi, strategie, condurre l'attività didattica in situazioni non paragonabili al Conservatorio d'origine. Dovrà saper scomporre difficoltà e graduarle per ogni circostanza. E ancora tutto quello che Voi sapete meglio di me. L'esperienza di questi decenni ha segnalato l'inadeguatezza del docente unico a cui è affidato il compito di insegnare dai corsi propedeutici al perfezionamento, dal repertorio barocco a quello d'avanguardia. E' più credibile che ognuno di noi sia più idoneo a lavorare per certe fasce d'età, livelli strumentali e/o determinati repertori.
A maggior ragione credo che la preparazione pedagogica didattica debba essere affidata ad un team d'esperti e non certo al vecchio insegnante unico.
Come formulare un corso di didattica dello strumento che possa soddisfare le nuove esigenze è un obiettivo che all'interno della Società Italiana per l'Educazione Musicale ci siamo proposti. Sarà oggetto di un convegno specifico nella primavera del 1996.
Vi ringrazio dell'attenzione, sono certo che almeno in parte condividiate le mie riflessioni, le mie speranze. Riflessioni speranze e progetti che spero possano essere comuni. Mi sembra importante che più soggetti istituzionali, Associazioni culturali-musicali, sindacati, singoli musicisti diano il loro contributo, se credono alla figura professionale dell'insegnante di strumento e quindi alla sua formazione.