BARBARA PETRUCCI
Conservatorio di Genova

Percorsi formativi mutili: l'esempio del Clavicembalo

Molti sono al corrente delle peripezie del corso di clavicembalo. Gioverà ricordare che questo corso è nato come sperimentale nei conservatori italiani nei primi anni 60. Nel 1968 è diventato corso ordinario; per una banale dimenticanza il programma non è stato riveduto in quella occasione e così il corso è diventato ordinario con il programma di quello straordinario.
Il corso straordinario richiedeva un diploma precedente di strumento a tastiera, pianoforte o organo, e quindi veniva considerato come una propaggine della formazione di un tastierista; rimanendo valido il programma, si è avallata ancora una volta questa concezione.
Il programma tuttora vigente è articolato in tre anni (per tre secoli di repertorio) e rispecchia la concezione tolemaica che ha mietuto e ancora miete vittime fra tanti tastieristi: il pianoforte è al centro dell'universo e gli altri strumenti ruotano intorno come pianeti. Questa stessa concezione aveva già generato nei decenni precedenti il programma del corso do organo che, come sapete, nei primi 5 anni è sostanzialmente un corso di pianoforte con pedaliera.
Questa situazione non piace ai professori di clavicembalo; da quando io insegno, da 13 anni, ci sono stati due tentativi per far cambiare i programmi di studio, tentativi falliti sia per il disaccordo esistente tra i docenti stessi, sia per l'attivo boicottaggio delle autorità competenti, leggi vecchio ispettorato.
Il nostro è un percorso formativo mutilo, perché è un corso solo superiore, anzi la fascia superiore di un corso inferiore che non esiste, il che ha del surreale. In compenso noi docenti abbiamo a che fare con studenti già gravati a causa di un diploma precedenti da tutti i problemi che sono stati esposti qui dall'inizio del convegno. Per esempio studenti che in interi corsi di studio non hanno mai sperimentato un approccio storico alla propria materia; parlo soprattutto dei pianisti, con i quali il confronto è abituale; nel loro caso il programma di studio si fonda sull'illusione che il repertorio dell'800 sia quello contemporaneo, e infatti finisce con Sgambati, Martucci e Bossi.
La concezione tolemaica del pianoforte ha generato un'altra perversione: si è confuso lo strumento (che per sua stessa definizione è un mezzo) con il repertorio (che è il suo fine).
Chi si iscrive a clavicembalo è mosso dai più disparati motivi: di solito non lo fa per fare il clavicembalista, di solito. Lo fa perché il maestro di pianoforte gli ha detto che ha la mano piccola, o per dichiarato "approfondimento culturale" (definizione già di per sé sintomatica), o perché non ha ancora trovato lavoro e spera che un diploma che si prende in tre anni possa fruttare qualche punto in più in qualche graduatoria.
Al di là delle svariate motivazioni che portano i nostri allievi ad essere tali, il nostro disagio come insegnanti è profondo: noi dobbiamo insegnare una tecnica di base a persone che pensano di possederla già, non per loro presunzione, ma perché è stato loro detto che diplomandosi in pianoforte sarebbero stati automaticamente in grado di suonare tutti gli strumenti a tastiera (magari fisarmonica compresa).
Noi, docenti di fascia superiore, già ipoteticamente proiettati verso l'empireo del livello più alto di studi, ci troviamo nella necessità di inventare una didattica di base per persone che possono avere da 20 a 70 anni.
Altro aspetto fondamentale è la nostra consapevolezza di affrontare il repertorio di un'epoca completamente remota. Noi non rincorriamo l'illusione di chi suonando Liszt lo considera suo contemporaneo; noi siamo consci di recuperare un patrimonio del passato e quindi ci poniamo problemi di filologia, prassi esecutiva ecc., e questo spesso ci fa guardare dai nostri colleghi con sospetto o con commiserazione.
Ciò che lamentiamo maggiormente nei nostri allievi non è tanto la carenza di cultura strumentale, quanto l'ignoranza di un approccio di tipo "superiore", cioè un approccio analitico e storicamente consapevole.
Il nostro sforzo quotidiano è quello di costruire un corso inferiore, medio e superiore in tre anni e cercare di comunicare ai nostri allievi che l'approccio analitico e storicamente consapevole non dovrebbe essere limitato agli strumenti antichi, ma esteso anche al repertorio pianistico ottocentesco, perché anche questo appartiene al passato. Non si può trattare il repertorio di un strumento pensando che, dato che lo strumento è contemporaneo, allora anche il repertorio lo è.