LUCIANA PASINO
Conservatorio di Torino

L'esperienza della sperimentazione


La Sperimentazione nei Conservatori di Musica è un'esperienza ormai ventennale. Un'esperienza che per durata, ampiezza del coinvolgimento didattico, novità progettuale e gestionale, pare ineludibile in sede di una riflessione sulla didattica degli studi musicali fra tradizione e riforma. Si tratta infatti di una maxi-sperimentazione, o sperimentazione globale, che ha innovato l'intera struttura dei corsi introducendo un nuovo titolo di studio (maturità artistica a indirizzo musicale). Obiettivo: la "migliore integrazione tra la preparazione specifica del settore e quella di cultura generale, umanistica e scientifica", attraverso un organico piano di studi nel quale convergano e si armonizzino discipline culturali e discipline musicali.

A meglio comprendere il contributo concreto che, in positivo e in negativo, gli esiti della Sperimentazione possono offrire al dibattito, giova ripercorrerne brevemente la storia.

Negli Anni Sessanta, l'inadeguatezza della preparazione culturale impartita. nei Conservatori risulta segnalata per la prima volta, in ambito ministeriale, nella relazione di una "Commissione di indagine sullo stato e sullo sviluppo della pubblica istruzione in Italia". Era il 1963. L'anno seguente a Fiesole l'ormai mitico comitato composto da Petrassi, Dallapiccola, Mila, Allorto, Mascagni, Manzoni e altri sintetizzava nella formula "Musica e Cultura" una duplice istanza: presenza della musica nella scuola di cultura (perché a tutti i cittadini italiani in età scolare fosse assicurato un adeguato livello di educazione musicale) e presenza della cultura nella scuola di musica (perché al futuro musicista fosse garantita quella formazione culturale ritenuta indispensabile ai diversi livelli di scolarità).

Le istanze avanzate con tanta lucidità e autorevolezza dal comitato fiesolano non ebbero per la, verità risonanza né vasta né immediata. Se nella scuola dell'obbligo l'introduzione dell'educazione musicale avviene 15 anni dopo nella media inferiore con i nuovi programmi del '79 (D.M. 9.02.79) e 20 anni dopo nella scuola elementare con i programmi didattici dell'85 (D.P.R. 12.02.85), nell'ambito dei Conservatori il processo di rinnovamento inizia nel corso degli Anni Settanta, con l'autorizzazione di alcuni corsi straordinari per fini culturali, assimilabili a corsi complementari facoltativi. Si trattava di insegnamenti, annuali o pluriennali, di Lingue straniere, Filosofia e altre discipline, che non prevedevano frequenza obbligatoria né esami conclusivi e quindi non rilasciavano titoli né consentivano agganci con alcun ordine di studi. Non fa bisogno dire che 1a loro durata e frequenza fu piuttosto effimera.

Più mirata e impegnativa parve l'istituzione, nel 1971, di sezioni distaccate di licei artistici quadriennali presso alcuni Conservatori, tra i quali Milano e Firenze. Lo scopo era quello di "garantire al musicista, una formazione culturale non solo specialistica, ma completa e armonica". Il piano di studi ricalcava quello del liceo artistico, (con l'aggiunta di una lingua straniera) e prevedeva la sostituzione delle materie artistiche con gli insegnamenti musicali da impartirsi nel Conservatorio, a ciascun allievo secondo la scuola di strumento; conseguita 1a maturità gli allievi dovevano frequentare un anno integrativo per avere accesso a una facoltà universitaria. Fu anche questa un'esperienza di breve durata, che si esaurì nel giro di pochi anni, presumibilmente per i limiti didattici e gestionali connessi alla sua stessa formulazione. Sul piano organizzativo infatti tendeva a generare conflitti di competenze tra due differenti amministrazioni, il liceo artistico e il Conservatorio, sul piano didattico si risolveva nella totale separatezza tra insegnamenti culturali impartiti nel liceo e insegnamenti musicali impartiti nel Conservatorio. Una dicotomia difficilmente sanabile perché legata alla mancanza di un progetto unitario che delineasse un profilo formati o dello studente di Conservatorio.

Proprio a partire da queste riflessioni si faceva strada l'ipotesi di ricorrere alla formula dei corsi sperimentali (sanciti dal D.P.R. 419 del 31.05.1974), per creare una struttura nuova, interamente dipendente dal Conservatorio, che tenesse conto, nella formulazione del piano di studi, delle esigenze e della peculiarità degli studi musicali.
Impulsi in questa direzione venivano anche dal Ministero. Nella prefazione ad una indagine statistica sugli istituti dipendenti dall'Ispettorato per l'Istruzione Artistica relativa agli anni 1977-78 e 78-79, si ribadisce la necessità di una ristrutturazione del settore artistico "che tenga conto della duplice esigenza emersa nella |società attuale di una diversificazione degli indirizzi professionali e dell'acquisizione da parte degli allievi di una solida, cultura , di fondo, generale e tecnica".

E' sotto questi auspici che nascono le prime sperimentazioni del settore artistico. Anno: il 976. Progetto capofila: quello dell'Accademia Nazionale di Danza di Roma (D.M. 9.12.1976), che ottiene l'attivazione di un Liceo coreutico sperimentale, di durata quinquennale, "con il fine precipuo del raccordo tra le discipline proprie del corso di studi medio-superiore e le discipline specifiche e proprie della danza e delle attività coreutiche". Il piano di studi, che è quello tutt'ora in adozione, prevede un'area di base con materie quali italiano, lingua straniera, matematica e fisica, storia dell'arte, comunicazioni visive, religione e un'area di indirizzo con discipline quali propedeutica e tecnica della danza, storia della danza e del costume, repertorio coreutico, solfeggio, storia della musica, anatomia fisiologica del movimento). - L'esperienza non è rimasta isolata: è di quest'anno l'attivazione a Torino di un liceo artistico coreutico legalmente riconosciuto, dipendente dalla Fondazione Teatro Nuovo.

Nello stesso anno il Conservatorio di Parma ottiene l'istituzione (D.M. 1.03.1977) del primo liceo musicale sperimentale d'Italia. Il piano di studi prevedeva un'area comune con otto discipline di insegnamento (italiano, storia filosofia e pedagogia, inglese, matematica e fisica, scienze, storia delle arti, religione, educazione fisica) e un'area di indirizzo con sei discipline specialistiche (storia della musica, materie musicali di base, armonia contrappunto e analisi, strumento principale, strumento complementare, polifonia vocale), facoltativi francese, tedesco e didattica della musica; tre gli indirizzi: strumentale (o vocale), compositivo o musicologico e didattico. Dopo l'esempio di Parma, su richiesta dei Collegi docenti di altri Conservatori, sono nate, dalla fine degli Anni Settanta in poi, nuove sperimentazioni che, pur caratterizzandosi diversamente in rapporto ai diversi ideatori, miravano tutte a un medesimo obiettivo: colmare la separazione esistente, sul piano della didattica, tra musica e cultura.

Ma Quanti sono i Conservatori che hanno saputo o voluto assumersi l'impegno di progettare il nuovo, di attuarlo e di verificarlo? Se proviamo a tracciarne una mappa geografica regione per regione, noteremo che la distribuzione non è uniforme sul territorio nazionale, in quanto i Conservatori interessati sono a forte prevalenza nel nord: in Piemonte Torino (dal 1982), in Lombardia Milano (dal 1980); in Veneto Venezia (dal '78) e Adria (dall'83) - entrambe ad esaurimento - e Vicenza (dall'84); in Trentino Trento (dall'87), in Friuli-Venezia Giulia Udine (dall'89) e in Emilia e Romagna Parma (dal '76). Nel Centro, nel Sud e nelle Isole l'esperienza risulta limitata ai Conservatori di quattro regioni (in Toscana Firenze dal '78, in Umbria Perugia dal '77, negli Abruzzi L'Aquila dall'84 e in Sicilia Trapani dall'8O) e in tutte e quattro le sedi i corsi sono esauriti o a esaurimento. (Tale situazione, analoga anche in altri settori dell'istruzione, riflette presumibilmente le maggiori sollecitazioni che, nelle regioni del Nord, l'ambiente socio-economico e culturale rivolge alla scuola, per rispondere alle grandi trasformazioni verificatesi nella società italiana negli ultimi trenta anni).

Dunque un totale di 12 Conservatori su 54 che, tenuto conto dei corsi esauriti, equivale a una percentuale del 16% su territorio nazionale. Un numero piccolo, ma significativo per la varietà dei progetti e delle impostazioni, che ha consentito negli anni di verificare quali innovazioni presentino un carattere di validità e di generalizzazione e quali richiedano ripensamenti o correttivi. Sappiamo infatti che nella fase iniziale ogni Sperimentazione ha fatto storia a sé, sia per quanto riguarda il piano di studi sia per quanto riguarda la sua attuazione, ma le occasioni di incontro non sono mancate. Quattro convegni nazionali tra 1'81 e 1'85 è un seminario nel '92 hanno consentito di confrontare le esperienze, renderle più omogenee, controllare l'andamento dell'utenza, metterne a fuoco gli aspetti positivi e i limiti.

E' da osservare però che le occasioni di confronto, di scambio e di dibattito si sono concentrate nel primo decennio di vita delle Sperimentazioni, quando il vivace interesse dell'Ispettorato e degli IRRSAE per la novità dell'esperienza si coglieva nei bilanci curati dal M.P.I. sulla "Ricerca sperimentale" (vedi "Studi e documenti degli Annali della Pubblica Istruzione", n.38,1986) e si rifletteva sulla stampa, con numerosi interventi su riviste specializzate (da "Musica nuova" e "Musica domani" a "beQuadro~, "La Cartellina", "La rivista musicale italiana").
A questa fase di grande vitalità e di clamore è seguito un periodo di isolamento e di silenzio (negli anni '88-89), dalla circolazione di informazioni confuse e false (es.: la non validità del titolo di maturità artistica per l'accesso all'università), da un seminario nazionale (a Taormina) nel '92 mirato confrontare i progetti esistenti nella prospettiva dell'elevazione dell'obbligo scolastico (progetto Brocca) e del riordinamento legislativo dell'istruzione musicale ma conclusosi con molte questioni ancora aperte e infine dall'arrivo negli ultimissimi anni di O.M. che, ignorando i quesiti e le soluzioni proposte dai Comitati tecnici e motivate dalla peculiarità degli studi musicali, hanno contribuito a rendere più complessa la gestione dei corsi. Questi anni di piombo hanno messo a dura prova la capacità dei Comitati tecnici e la compattezza dei Collegi docenti, e questo spiega come alcune sedi abbiano optato per la non prosecuzione.

Da qualche tempo però, sull'onda del dibattito sulla riforma della scuola media superiore e sul riordino degli studi musicali, di Sperimentazione si ritorna a parlare. Ed è forse questo il momento di farne un bilancio, in positivo e in negativo, suffragato da dati oggettivi. Le innovazioni positive introdotte dalla Sperimentazione 5i possono riassumere nei seguenti punti:

  1. superamento della doppia scolarità, onerosa per gli allievi e riduttiva per il Conservatorio che, in alcune realtà, rischia la trasformazione in un dopo-scuola pomeridiano;
  2. superamento della distinzione tra materie principali e materie complementari con l'articolazione del piano di studi in discipline dell'area comune e discipline dell'area di indirizzo o musicale;
  3. ripensamento dei programmi ministeriali delle secondarie superiori in funzioni delle esigenze del futuro musicista, con l'approfondimento dei nessi che legano le esperienze culturali al fatto musicale;
  4. ripensamento dei programmi di strumento del Conservatorio (che risalgono al 1930) e la programmazione diversificata, sia nei contenuti sia nella durata, delle altre materie musicali (storia della musica e armonia);
  5. l'ipotesi di un curricolo formativo dello studente di musica pensato e interamente realizzato nel Conservatorio (che ne prevede la crescita culturale senza snaturare l'atipicità e peculiarità dell'insegnamento musicale);
  6. il lavoro di équipe tra insegnanti di aree diverse e di diversa formazione culturale e professionale (in particolare gli insegnanti di materie musicali hanno assunto in questo contesto un ruolo centrale di raccordo tra docenti di discipline di base e docenti di strumento, avente per fine la conoscenza globale del fenomeno musicale, attraverso l'esame del contesto storico-culturale, l'analisi tecnica, la realizzazione strumentale e l'interpretazione;
  7. la possibilità, per gli allievi, di proseguire gli studi, conseguita la maturità, nei corsi superiori di Conservatorio e/o di accedere all'Università;
  8. Ultimo punto, ma forse primo per importanza, il raggiungimento di risultati didattici omogenei a breve termine e buoni a medio e lungo termine. Omogenei a breve termine nel senso che nella generalità dei casi, chi ha conseguito risultati soddisfacenti nell'area musicale li ha ottenuti anche nell'area culturale e viceversa. Risultati buoni a medio e lungo termine nel senso che in sede di maturità, e più tardi in sede di diploma, la dispersione scolastica è ridottissima e i livelli di votazioni si collocano nelle fasce medie o medio-alte.
Su quest'ultimo punto però, i dati che possiamo fornire in dettaglio riguardano soprattutto l'esperienza torinese (che data dal 1982). Per quanto riguarda le altre esperienze possiamo fornire solo informazioni parziali perché a livello nazionale non ci risulta che sia stata effettuata di recente una rilevazione completa con strumenti omogenei. I dati, raccolti grazie alla fattiva collaborazione della nostra segreteria didattica (in particolare delle signore Claudia Bottari, Rosaria Grieco e Anna Fasano, che desidero pubblicamente ringraziare) sono riassunti in tre abelle:

la Tabella A mostra l'andamento dell'utenza e i risultati delle maturità a livello nazionale per l'a.s. 1994-95;

la Tabella B illustra sia in valore assoluto sia in percentuale, i risultati conseguiti dagli allievi della sperimentazione del nostro Conservatorio in sede di maturità;

la Tabella C indica i risultati conseguiti dagli stessi allievi in sede di diploma.

Tab. A. L'andamento dell'utenza a livello nazionale relativamente agli anni scolastici 1994/95 e 1995/96 si mantiene pressoché costante. Il calo interessa le sedi a esaurimento. I risultati degli esami di maturità relativi all'a.s. 1994/95 mostrano una percentuale di allievi ammessi ai corsi superiori di Conservatorio pari al 59% .

Tab. B. Dal 1982 ad oggi il nostro Quinquennio sperimentale ha affrontato 9 sessioni di maturità con un totale di 170 allievi maturi su 171 (pari al 99,5% ). In sede di maturità 1'11% degli allievi ha ottenuto la media massima di 60/60, il 74% una media di voti compresa tra 40 e 59/60, il 15% una media tra il 36 e i. 39/60; inoltre il 6% di essi ha conseguito il diploma di strumento nella stessa sessione d'esami, il 73% è stato ammesso al corso superiore, il 21% è stato ammesso alla frequenza dell'8° anno.

Tab. C. Ad oggi, dei 170 maturi che rappresentano il campione in esame, il 70% ha conseguito il diploma di strumento, il 20% è ancora frequentante, il 10% risulta disperso (nel dato relativo alla dispersione abbiamo compreso allievi ritirati, passati ad altra scuola di strumento o trasferiti presso altri Conservatori). Per quanto riguarda i risultati il 12% degli allievi ha conseguito il diploma con il massimo dei voti (10 o 10 e lode), il 45% ha meritato votazioni comprese tra 8 e 9,95 il 13% votazioni tra 6 e 7,95. Vale la pena di osservare che nelle fasce di votazioni più alte, ossia tra 9 e 10 lode, si colloca il 44% degli allievi, la metà circa. Credo quindi che i dati confermino quanto si diceva a proposito di risultati buoni a medio e a lungo termine.

E veniamo agli aspetti negativi.
I limiti comuni a tutte le esperienze sono connessi, oltre che alla natura stessa della sperimentazione, costantemente in prova e senza garanzie per il suo futuro, a diversi fattori che, per brevità, si possono riassumere in strutture, persone e norme.

1. Le strutture. Quasi tutte le sperimentazioni musicali, compresa la nostra, soffrono di carenza di spazi, di risorse, di attrezzature idonee e ciò costituisce un grave limite alla didattica. (Non sono previsti nei bilanci dei Conservatori capitoli di spesa né altre forme di finanziamento specifico).

2. Le persone. Poiché le cattedre delle sperimentazioni non sono in organico, i docenti dell'area comune, e talvolta anche quelli dell'area musicale, sono sovente precari. A questa precarietà, che in talune sedi si configura come una vorticosa rotazione, si aggiungano il diverso stato giuridico degli insegnanti; la dipendenza dei docenti di area comune dalle graduatorie provinciali dei Provveditorati anziché da autonome graduatorie; la mancanza di attività di aggiornamento mirate, e ancora una formazione del personale docente e non docente addetto alla sperimentazione (dagli ausiliari agli applicati di segreteria) sovente inadeguata ad affrontare tutti i problemi didattici e organizzativi che pone una scuola come il Conservatorio.

3. Le norme. Paradossalmente una struttura come la sperimentazione, che per sua natura. dovrebbe essere agile e flessibile, sul piano gestionale risulta pesante e rigida in quanto non ha una regolamentazione propria ma dipende, di volta in volta, da norme che riguardano ora il Conservatorio ora la scuola media superiore, norme che talvolta risultano difficilmente conciliabili. Esemplari le incongruenze burocratiche relative alla procedura delle iscrizioni, al calendario scolastico o alla strutturazione dell'esame di maturità. Altre questioni rimangono aperte, fondamentale quella dell'integrazione tra. struttura liceale e scansioni della scuola di strumento (con soluzioni opposte oscillanti, in modo riduttivo, tra l'aggancio totale o lo sganciamento totale). L'esperienza di questi anni invece ci ha dimostrato che laddove è stato possibile introdurre caratteri di flessibilità, rapportati all'evoluzione musicale individuale degli studenti, certe contraddizioni sono state risolte, in quanto è oggettivamente molto difficile ridurre a modello rigido una struttura didattica che è organicamente legata alle attitudini degli allievi e alla. personalità artistica dei loro maestri.

Fin qui l'esperienza della Sperimentazione. Ma nuovi scenari stanno per aprirsi. Il testo unificato discusso dalla Commissione Cultura della Camera individua, all'art. 9, un periodo di studi, di durata quinquennale, che si collochi fra la licenza media conseguita in scuole a indirizzo musicale, e l'accesso ai corsi superiori di Conservatorio di livello universitario. E' legittimo chiedersi se i nostri quinquenni ne siano il modello o se si profili l'elaborazione di un progetto astratto, attento più alla riforma della scuola media superiore che non alle esigenze e alla specificità degli studi di Conservatorio, finalizzati ad una preparazione professionale. Per evitare il rischio di un piano di studi dispersivo, frammentato in una serie eccessiva di materie anziché imperniato su un asse più ristretto ma solido e formativo, con margini flessibili di opzionalità, sarebbe opportuno partire da un serio bilancio delle esperienze dei quinquenni sperimentali e da una auspicabile consultazione dei docenti coinvolti. Vale la pena di ricordare che nell'attuale curriculum dell'allievo di Conservatorio la Sperimentazione ha rappresentato, rispetto alla scuola media annessa, il secondo segmento, (ma segmento flessibile) di un unico progetto di istruzione, un progetto che riconosce nella musica l'asse intorno a cui ruota 1a preparazione degli allievi, un progetto con obiettivi comuni, dapprima propedeutici, poi orientativi e infine professionali, inseriti in curriculi successivi e comunicanti, funzionalmente coordinati e via via invasivi.
Per questo, nell'attuazione dell'ipotesi di riforma, elementi chiave sembrano essere da un lato la calibratura del piano di studi dall'altro il raccordo verticale dei vari segmenti all'interno del curriculum.
Se l'uno o l'altro verrà meno, la riforma avrà mancato, almeno in parte, ma proprio sul versante didattico, il suo obiettivo.


Riferimenti bibliografici.

  1. - Cattaneo P. (a cura di), Atti del IV Convegno Nazionale sulla Sperimentazione nei Licei Musicali dei Conservatori, Milano, Unicopli,1986.

  2. - Miceli S., La sperimentazione nei Conservatori italiani, "beQuadro" n.6, 1982.

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  5. - Talmelli A., Il futuro dei Conservatori fra innovazioni e urgenza di riforma, in "La Cartellina", n.90, marzo-aprile 1994,pp.41-48.

  6. - Vieri Zorzi Giustiniani P., I licei musicali sperimentali: un tentativo di riconciliazione didattica tra musica e cultura, in "Nuova Rivista Musicale Italiana", XV, n.4, 1981.

  7. - De Nicola D. - Guasco C., La ricerca sperimentale, in "Studi e Documenti degli Annali della Pubblica Istruzione, n. 38, Firenze, Le Monnier, 1986.