ENRICO FUBINI
Università di Torino

Università e Conservatorio: perché un dialogo?


Non è la prima volta che ci si ritrova per discutere di una possibile collaborazione tra il Conservatorio e l'Università, due istituzioni che avrebbero in teoria mille motivi per collaborare, per scambiarsi esperienze, informazioni, allievi, ed invece appaiono sino ad oggi come due isole, arroccate entrambe nel proprio isolamento. Ricordo che non molti anni or sono ci si era ritrovati, anche se in modo più informale, proprio nei locali del Conservatorio, docenti di entrambe le istituzioni, affermando tutti energicamente la necessità di istituire canali di comunicazione, e di allacciare relazioni di collaborazione. A distanza di anni possiamo oggi dire che né a Torino né altrove vi è neppure l'ombra di ciò che tutti a parole auspicano ed hanno auspicato. Perché, ci si chiede oggi, tale collaborazione è mancata? Per negligenza e pigrizia dei docenti o per altri motivi, di carattere più strutturale che rendono tale prospettiva di collaborazione tanto difficile o addirittura impossibile? Forse per tutti e due i motivi. Può anche sorgere il sospetto che si tratti di esigenza fittizia, inventata a tavolino, a cui poi non corrisponde un reale bisogno di collaborazione. Ma per capire perché le dichiarazioni di principio sono sempre rimaste nel regno delle buone intenzioni, può essere utile chiarire perché è bene collaborare, e quale tipo di collaborazione sarebbe auspicabile.

Ciò che manca in Italia, nel campo dell'educazione musicale è l'idea di un progetto globale. Esaminando i tanti progetti di riforma, sia delle scuole medie inferiori e superiori, sia dei Conservatori, non sembra sia chiaro al legislatore cosa si vuole raggiungere con l'educazione musicale. Si parla di educazione musicale per ogni ordine di scuola e si insegna o si dovrebbe insegnare qualche elemento di cultura musicale dalla scuola materna sino all'Università, seppure con il grosso buco della media superiore, senza tuttavia un 'progetto globale' che indichi che cosa il legislatore si proponga e quindi neppure quale tipo di insegnanti si debbano formare per fornire questa educazione musicale al cittadino medio scolarizzato. Tutti i progetti di riforma sono sempre progetti settoriali senza chiari raccordi tra loro. Tradizionalmente il Conservatorio era una scuola essenzialmente di formazione professionale atta a preparare musicisti, esecutori, direttori d'orchestra, compositori ecc.. La scuola media dovrebbe invece essere una scuola che mira anzitutto a creare buoni cittadini, colti e per quanto riguarda la musica 'amanti' della musica. Nell'Università - alludo evidentemente alle facoltà cosiddette umanistiche - la presenza di materie musicali presenti in misura molto variabile da Università a Università non ha una funzione molto chiara dal momento che tali insegnamenti (per lo più si tratta di un esame di una non meglio specificata 'Storia della musica' si presentano del tutto decontestualizzati e si rivolgono a studenti per lo più in una condizione di assoluto analfabetismo musicale.

Nella realtà odierna sia sociale che didattica c'è una forte tendenza al intersecazione dei piani educativi: se si osservano i tre ordini di scuole a cui si è sopra accennato non si può non constatare questa spinta alla sovrapposizione dei piani. Si è sentito il bisogno infatti di portare la scuola media prima, la superiore poi anche all'interno del curriculum scolastico prettamente musicale del Conservatorio; parallelamente si è portato l'educazione musicale nella scuola media inferiore e si spera domani anche nella superiore. Inoltre molti studenti del Conservatorio oggi più di ieri sentono il bisogno di completare la loro cultura generale compiendo parallelamente studi universitari. Esistono per contro parecchi studenti universitari delle Facoltà di Lettereo di Magistero con indirizzi artistici i quali seguono parallelamente studi conservatoriali, non certo allo scopo di diventare musicisti ma solamente per ampliare in modo più tecnico e specifico le loro conoscenze musicali. Le cattedre di Storia della musica, che sino a pochi anni or sono erano una rarità nella nostra Università, si sono moltiplicate e differenziate. Anni or sono è nato il DAMS a Bologna con un indirizzo musicale, un altro esiste nell'Università di Reggio Calabria e se ne inaugurerà il prossimo anno un altro a Torino, dove già esistono cinque insegnamenti musicali.

Vi è dunque un'evidente situazione che potremmo chiamare di rimescolamento delle arte che non può non mostrare ad un qualsiasi osservatore imparziale che, almeno a livello di esigenza culturale individuale anche se non ancora del tutto istituzionalizzata, come ogni tipo di scuola non è più una cellula autosufficiente ma ha bisogno di un qualche tipo d'integrazione con altre scuole. La stessa idea di professionalitàdell'educazione conservatoriale, cosi angusta e tante volte criticata, anche se da molti ancor oggi strenuamente difesa, si è, fortunatamente, molto allargata. Parallelamente tra gli studenti dell'Università, tra quelli che ambiscono intraprendere studi orientati verso la musica, sorge il bisogno di approfondire le nozioni tecniche e di dare ai propri studi un carattere meno letterario di un tempo. Queste esigenze didattiche che spesso partono dal basso, tra gli studenti, dove le strutture istituzionali pesano meno, hanno avuto momenti in cui si sono espresse con maggiore urgenza e concretezza. Pochi anni or sono, nei mesi in cui nell'Università dominava la cosiddetta 'Pantera', in quel breve rigurgito sessantottino ben presto abortito, una delegazione di studenti dell'indirizzo artistico che occupavano i locali del dipartimento di Discipline artistiche, chiesero un incontro con i docenti di materie musicali. I docenti presenti all'incontro furono presi da grande stupore quando gli studenti rivoluzionari avanzarono richieste che in linguaggio rivoluzionario potremmo definire minimali: chiesero a gran voce corsi di Teoria e solfeggio! Tale richiesta, che forse nel sessantotto non avrebbe incontrato gran favore, dimostra però come gli studenti siano consapevoli delle enormi carenze nell'insegnamento universitario delle materie musicali. In genere illustri docenti distillano il loro sapere in sofisticati corsi monografici a studenti che per lo più, e non per colpa loro, non sanno leggere le note e di teoria e solfeggio se ne intendono quindi pochissimo.

Tentativi fatti all'interno dell'Università per ovviare a queste macroscopiche carenze sono del tutto naufragati, sia per incapacità e cattiva volontà dei docenti, sia per carenze strutturali. In effetti ci si può chiedere se l'Università sia veramente il luogo più adatto per fornire corsi di alfabetizzazione musicale. Inoltre le giuste pretese degli studenti di avere qualche conoscenza di armonia, contrappunto, lettura della partitura ecc., sarebbero più facilmente soddisfatte nella struttura didattica conservatoriale che in quella universitaria. Tutto ciò dimostra ancora una volta come un qualche tipo di scambio organico tra Università e Conservatorio sarebbe non solo auspicabile ma anche necessario. Eguale discorso si potrebbe fare sull'utilità per gli studenti del Conservatorio di avvalersi delle poche strutture didattiche che l'Università potrebbe offrir loro. Per concludere, ci sembra naturale e auspicabile che in corsi di laurea ad indirizzo musicale agli studenti universitari sia dato modo di sostenere esami di tipo propedeutico ed anche esami di tipo specialistico al Conservatorio, e viceversa che agli studenti del Conservatorio sia dato modo di sostenere all'Università esami di tipo storico. Queste constatazioni rappresentano un po' lo sfondo su cui può fondarsi concretamente questa esigenza d'incontro e di collaborazione tra le due istituzione, Università e Conservatorio. Esigenza reale, come si è visto, da molti sentita, studenti e docenti, ma per il momento molto generica e, a quanto sembra, velleitaria, dal momento che non si é mai passati dalle enunciazioni di principio a una qualsiasi concreta iniziativa. Forse oggi come oggi non si può andare più in 1à di ciò che già sta avvenendo, cioè uno scambio di studenti, che avviene tuttavia solamente per iniziativa degli studenti stessi e a prezzo di grandi sacrifici, spese e disagi degli studenti stessi.

Cos'è dunque che ha ostacolato sino ad oggi la realizzazione di questa tanto auspicata, a parole, collaborazione? Verificata che l'esigenza si fonda su motivi reali e non fittizi, perché - ci si chiede - in tanti anni nessuna iniziativa è mai decollata e non ha neppure mai preso forma? Vi è una situazione di antico pregiudizio tra le due istituzioni che non favorisce certo la collaborazione: situazione che si può sintetizzarla in poche parole ricordando che docenti e studenti dell'Università considerano per lo più docenti e studenti del Conservatorio 'ignoranti e incolti'; e dall'altra parte studenti e docenti del Conservatorio considerano la controparte dell'Università fatta di 'parolai e venditori di fumo. I pregiudizi sono duri a morire e a volte hanno anche un qualche fondamento di verità. Tali pregiudizi, oggi in particolare in cui è molto cambiata la situazione sia nei Conservatori che nelle Università, possono essere superati da ambo le parti e non possono rappresentare un ostacolo decisivo a tali auspicati rapporti. Forse gli ostacoli sono altri e più sostanziali e non basta la cosiddetta buona volontà delle parti a far cadere questo grosso diaframma tutt'ora esistente tra le due istituzioni.

Anzitutto va affermato in via preliminare che la collaborazione tra Università e Conservatorio (come tra qualsiasi altra istituzione cosi come tra esseri umani) può avvenire solo se si tratta di collaborazione alla pari: quando la collaborazione non è alla pari è sempre un rapporto di subordinazione e quindi un rapporto sbilanciato.

Perché ci possa essere quel proficuo scambio di studenti tra Università e Conservatorio a cui si è sopra accennato, ma in condizioni di parità, si deve verificare una condizione assolutamente necessaria: la creazione di una fascia superiore di studi nel Conservatorio a livello universitario. Solo a queste condizioni lo scambio e la collaborazione possono essere reali e non fittizi.

Questo progetto, tanto discusso da parecchi anni a questa parte, che adeguerebbe l'ordinamento conservatoriale italiano a quelli della maggior parte dei paesi del mondo, facendo cadere di fatto l'ultimo diaframma per la sopravvivenza dei Conservatori come istituti esclusivamente di insegnamento professionale, immagine ormai del tutto obsoleta, non è di semplice attuazione, lo si deve ammettere, soprattutto in una prima fase istitutiva. Tuttavia è l'unica strada che sancirebbe l'esistenza dell'istituzione conservatoriale come scuola di alta cultura, al pari dell'Università. Perché tale trasformazione, non solo burocratica, non solo di facciata, possa avvenire ed essere proficua, sono necessarie alcune condizioni. Non è certo il caso qui di entrare nel merito di meccanismi concorsuali, di normative, di ingranaggi burocratici. Tuttavia è bene soffermarci su alcune condizioni di base. Anzitutto in questa fascia superiore o universitaria dell'insegnamento conservatoriale i docenti devono godere di eguale dignità accademica di quelli universitari; ciò presuppone che vi siano non eguali ma analoghi meccanismi concorsuali, rispettando pertanto le specificità didattiche delle due istituzioni. Ed infine come conseguenza di quanto detto sopra, eguali stipendi. A queste condizioni e solo a queste condizioni preliminari è possibile parlare di collaborazione tra Università e Conservatorio e forse solo cosi i ritrovi periodici per discutere di 'collaborazione' possono diventare fruttuosi e operativi e non limitarsi a velleitarie affermazioni di principio.

Ancora alcune precisazioni su questa possibile e auspicabile collaborazione, di domani e non di oggi. Collabnorazione non deve in alcun modo significare l'unificazione o la confusione delle istituzioni. Università e Conservatorio sono e rimarranno strutturalmente diversi e tali diversità devono essere mantenute anche se in una prospettiva di un più moderno concetto di professionalità, per quanto riguarda i Conservatori, e in un più organico concetto di educazione e istruzione musicale per quanto riguarda l'Università. La collaborazione e lo scambio può avvenire proprio nell'ambito delle rispettive specificità, dando però modo agli studenti d'integrare i propri curriculum scolastici sostenendo esami che verranno ]oro poi riconosciuti come validi, rispettivamente nell'altra istituzione scolastica.

Per concludere ancora un ultimo punto, non secondario, su cui è bene riflettere, proprio in vista di questo scambio tra le due istituzioni scolastiche. Per toccare concretamente un punto che rende urgente tale collaborazione sarà bene ricordare il problema della professionalità didattica, proprio in vista delle riforme scolastiche che forse un giorno o l'altro saranno attuate. Infatti ci sono sbocchi professionali teorici sia per l'Università, sia per i Conservatori che non hanno nessuna struttura didattica alle spalle. Vale tra tutti l'esempio della futura scuola media superiore in cui da tanti anni, in tanti convegni, si è auspicato l'introduzione di una qualche forma di educazione musicale in proseguimento di quella iniziata nella scuola media inferiore. Chi sarà abilitato ad insegnare in tale fascia scolastica? e con quale tipo di formazione? e cosa s'insegnerà? Con tutta probabilità né l'Università né i Conservatori oggi sono attrezzati per formare questa nuova figura d'insegnante. Questo può essere uno dei casi più evidenti e macroscopici ed anche più urgenti che rende evidente come un curriculum integrato di materie offerte dalle due istituzioni potrebbe farsi carico di formare un valido insegnante per le scuole medie superiori. Se oggi un'improvvisa - quanto improbabile - riforma della media superiore sancisse l'introduzione della musica, come è avvenuto anni or sono per la media inferiore, non vi sarebbe nessun insegnante preparato a tale nuovo e nebuloso compito. Proprio come è avvenuto per ].a media inferiore: allora, l'introduzione dell'educazione musicale provocò il caos, con effetti deleteri sull'insegnamento che si trascinano ancor'oggi. Dapprima si era aperto tale insegnamento solo ai diplomati del Conservatorio, con qualsiasi diploma, dal trombone alla direzione d'orchestra; successivamente si è esteso ai laureati in Storia della musica. Entrambe le figure sono risultate del tutto inadeguate ai compiti didattici (ma a quali compiti?) che avrebbero dovuto espletare. La sporadica istituzione nei Conservatori di Corsi di didattica non ha certo risolto il problema. Cosi oggi nella scuola media inferiore la situazione è tale per cui accanto ad un esiguo numero anche di grandi didatti, ma per meriti puramente personali e per buona volontà, vi è la stragrande maggioranza degli insegnanti che non ha ricevuto nessuna istruzione didattica specifica e che non sa neppure bene che cosa deve insegnare. Ancora una volta la mancanza di un progetto globale sull'educazione musicale nel nostro paese, sulle sue finalità, sulle sue strategie appare come una grave mancanza che si ripercuote a catena in ogni ordine di scuola. Sarebbe importante che la situazione della scuola media inferiore per quanto riguarda l'educazione musicale non si ripetesse tal quale, domani, per la scuola media superiore. Senza dubbio la preparazione degli attuali e dei futuri insegnanti a uno dei campi in cui la collaborazione, l'incontro operativo, lo scambio di esperienze, l'intersecazione dei piani di studio e quindi lo scambio effettivo di studenti sarebbe non solo auspicabile ma urgente come premessa per la realizzazione di quel progetto globale educativo, assente oggi nella cultura italiana, e che dovrebbe attraversare ogni ordine di scuola, dalla materna all'Università. Tutto ciò può sembrare un'utopia o un sogno e forse lo è ma a volte ci sono utopie e sogni in grado di smuovere le montagne...