MARCO FERRARI
Conservatorio di Torino

Il problema della didattica degli strumenti ad arco nell'età infantile

Gran parte degli argomenti di cui avrei voluto parlare sono già stati toccati nelle precedenti relazioni e comunicazioni; in parte quindi non farò che riassumere cose già dette, soltanto per ricordarle.

Una precisazione riguardo al titolo dato a questa comunicazione: mi sono riproposto di parlare di didattica degli strumenti ad arco per la sola ragione che sono un insegnante di strumento ad arco, e preferisco parlare di cose che conosco per esperienza diretta, ma ritengo che alcune problematiche siano comuni a tutte le didattiche strumentali, a qualunque strumento si riferiscano. La motivazione di questo intervento parte da una preoccupazione: nel fermento di idee, di proposte, di dibattito nato negli ultimi tempi intorno alla didattica e alle prospettive di riforma dei Conservatori, ho sentito parlare soprattutto di istituzione di una fascia "superiore" di studi musicali, o di constatazione che la fascia superiore esiste già, di riconoscimento dei Conservatori come istituti di "Alta cultura superiore" o Università della musica, e via discorrendo; mi sembra cioè che si stia parlando della ciliegina senza tenere conto di quale sia la torta sulla quale deve essere posata. Mi propongo allora di parlare non di studi "inferiori" e "superiori", ma di cambiare la prospettiva parlando di fascia di istruzione "primaria" e "secondaria": con il che cambiamo anche il giudizio di valore, perché l'istruzione primaria, secondo me, viene prima non solo in ordine di tempo, ma anche di importanza. Insomma, per poter andare all'Università penso che da qualche parte dovremo pur aver imparato prima almeno a leggere e a scrivere. In questo mi ha invece confortato la relazione introduttiva di G. Bosco, che ha così acutamente e con fermezza ricordato la specificità dell'insegnamento musicale, e la imprescindibilità, al di là del problema della continuità didattica che può anche essere un falso problema, della verticalità degli studi musicali: se all'Università in un corso specialistico di musica barocca dovrò imparare a eseguire un trillo secondo quanto suggerito da Tessarini piuttosto che da Quantz o da qualche altro trattatista, dovrò pure aver imparato prima, da qualche parte, a muovere le dita con sufficiente scioltezza ed agilità da poter eseguire quel trillo; così come è altrettanto vero che se ho imparato soltanto a muovere le dita con agilità sarò al massimo un "saltimbanco" della musica, o comunque un virtuoso del mio strumento, ma non porterò nessun contributo all'interpretazione e alla cultura musicale.

Ciò premesso, il panorama dell'istruzione musicale nella fascia primaria in Italia è a dir poco desolante: non esiste. Esiste solamente, l'ha detto molto bene ieri il prof. Salvetti, una galassia composita e multiforme di iniziative private, o semi-private, o appoggiate da istituzioni locali (spesso ci sono delle scuole di musica per bambini avanzatissime in piccoli comuni soltanto perché si è riusciti ad avere grazie alla conoscenza personale un appoggio da qualche amministratore locale) e invece non esistono scuole di musica per l'infanzia istituite dal Ministero a ciò preposto o comunque dall'ente pubblico. L'unico spiraglio alla Istruzione Musicale di base è stato aperto (sulla carta dal 1985) con l'introduzione della "Educazione al suono e alla musica" nelle scuole elementari: cosa che di fatto è stata per molti anni disattesa, senza contare che ci si era dimenticati che la categoria degli insegnanti elementari non era preparata a sostenere questo tipo di materia: solo nel '94 si è pensato di istituire dei corsi di aggiornamento per gli insegnanti, e solo nel '95 i corsi sono effettivamente partiti: insomma, siamo in grandissimo ritardo, e a tutt'oggi non esiste istruzione musicale pubblica nella fascia primaria. Soltanto se torniamo indietro nel tempo fino al 1918, e cioè alla prima legge istitutiva dei Conservatori, troviamo uno spiraglio laddove si parla di ammissibilità al Conservatorio a partire dagli 8 anni; e nella successiva legge del 1930, con le abelle annesse, si diceva anche che potevano essere derogati i limiti di età nei casi di "singolarissime attitudini". Questo concetto di deroga ai limiti di età, che probabilmente era stato pensato per superarli verso l'alto, da qualche Direttore di Conservatorio di larghe vedute è stato invece interpretato nel senso che si poteva anche derogare verso il basso, e quindi si è incominciato ad aprire qualche corso strumentale anche a fanciulli in età inferiore a quella prevista. In quella legge del '18 è interessante notare proprio la prospettiva didattica che ne emergeva: si poteva essere ammessi a 8 anni al "Corso fondamentale" (che è praticamente l'equivalente del corso di Teoria e Solfeggio di oggi) e poi dopo un anno si poteva eventualmente accedere al corso di strumento. Ecco, ieri si diceva che il mondo della musica spesso dà per scontate delle cose che al suo esterno non lo sono affatto; appare però evidente anche il contrario: a nessun insegnante di scuola materna o elementare verrebbe mai in mente di pretendere che un bambino sappia leggere, scrivere e avere qualche nozione di grammatica prima di poter incominciare a parlare, cosa che invece ancora oggi si pretende in un Conservatorio. Cose che nella pedagogia sono pressoché universalmente riconosciute, nella didattica musicale sono talora accettate e forse anche praticate a livello personale da molti colleghi, ma non sono ancora emerse e formalizzate nei programmi "ufficiali". Non è un caso che uno dei contributi più significativi nel campo della didattica degli strumenti ad arco sia venuto dal "famoso" (ma pochissimo conosciuto) metodo Suzuki, che viene dal Giappone, da una cultura totalmente diversa dalla nostra, e da una persona che non era un musicista di professione e quindi ha portato un punto di vista diverso sul problema didattico partendo da una considerazione elementare, e cioè che ogni bambino impara prima a parlare e solo in un secondo momento a leggere e a scrivere. Questo processo naturale dell'apprendimento può essere portato anche nella musica: imparare prima a riconoscere e produrre i suoni, utilizzando il proprio corpo, la propria voce e poi gli strumenti musicali, e soltanto in età più avanzata, esattamente come avviene nell'apprendimento della lingua, iniziare anche a decodificare i segni, leggere, scrivere, comprendere la grammatica e la sintassi e via di seguito.

Questo è un po' il quadro, vuoto dovrei dire, dell'istruzione musicale nella fascia primaria. A questo vuoto ha supplito finora la sporadicità di iniziative di soggetti privati, per lo più a livello pionieristico e semi-volontaristico. In questo momento, in questo Conservatorio nasce una "modesta proposta" che è il famoso "sassolino gettato nello stagno", sperando che tutti questi sassolini servano a smuovere le acque e non soltanto a sollevare la sabbia dal fondo facendo diventare le acque ancor più torbide. La proposta, nata dalla collaborazione fra gli insegnanti del corso di Didattica e alcuni insegnanti di strumento, con l'appoggio del Direttore di questo Istituto, è stata sostenuta dalla lungimiranza di un direttore didattico che in questa sede è già stato ringraziato in quanto Assessore ai sistemi educativi di questa città. Prima di diventare assessore, il Prof. Fiorenzo Alfieri era direttore didattico di una scuola elementare, e in questa veste ha accolto ed appoggiato il progetto che ora sta partendo e speriamo possa diventare operativo dall'anno prossimo: il progetto, cioè, di istituzione di una Scuola Elementare ad indirizzo musicale, integrata con la Scuola Media annessa al Conservatorio, così da costituire un asse verticale di istruzione musicale completo, dall'alfabetizzazione all'Università.

Non sto qui a descrivere in dettaglio i contenuti di questo progetto, chi fosse interessato può averne delle copie. Ciò che ritengo importante e su cui vorrei che tutti i colleghi concentrassero la loro attenzione, è la centralità dell'insegnamento primario, cioè della alfabetizzazione musicale; e questo non solo in vista di un possibile sviluppo degli studi di tipo professionale, ma anche e soprattutto per restituire dignità all'istruzione musicale e portarla allo stesso livello di tutti gli altri tipi di istruzione che fanno parte della nostra cultura. Così come nessuno, quando insegna al proprio figlio a parlare, si sogna di dargli fin dall'inizio la possibilità di diventare un attore, così non è detto che tutti quelli che iniziano a suonare diventeranno dei musicisti di professione; però è soltanto grazie al fatto che tutti sanno parlare che qualcuno riuscirà a parlare particolarmente bene e a diventare un oratore o un attore; è soltanto in virtù del fatto che tutti imparano a camminare e a muoversi che qualcuno diventerà un atleta. Fino a quando ci saranno così pochi che hanno la possibilità di accedere alla musica e imparare a praticarla, continueranno a essere pochissimi quelli in grado di arrivare a livelli professionalmente competitivi, soprattutto in un momento come questo in cui la professione musicale è diventata una specie di "araba fenice", dai contorni molto difficilmente individuabili.