MICHELE GIRARDI

Conservatorio di Mantova

«Mi serve un’altra lapide?»

Replica alla missiva del delegato u.n.a.m.s. Antonio Calosci
(ricevuta il 31/1/1998)

Ringrazio il signor Calosci per la generosità con cui mette a mia disposizione una lapide, ma soprattutto perché la sua replica dà modo di comprendere, a tutti coloro che siano ben intenzionati, la bontà delle mie argomentazioni. Cari colleghi: vi sentite rappresentati da un signore che rivendica un livello universitario ai Conservatori e non se la cava coi ragionamenti più elementari?
Non merita particolari commenti l’evidente difficoltà di Calosci a conciliare la naturale propensione all’insulto con la necessità di salvaguardare il sillogismo alta cultura=conservatorio: l’esempio di basso livello l’ho forse in me stesso, ma poiché insegno in Conservatorio sono sicuramente bravo! Vado alla sostanza: scrive Calosci il quale, al contrario di me, sa «leggere e capire l’italiano», che «Nella legge CHIARAMENTE si legge». Vediamo dunque che si legge nella legge. Il delegato sindacale ritiene

che il personale sarà pari ALMENO a quello attuale e che i Conservatori saranno quelli ora esistenti con possibilità di aumentarne addirittura il numero salvaguardando delle scuole pareggiate [sic] (ma attualmente non statali) che abbiano i requisiti per diventarlo.

e aggiunge poi che «La legge tutela TUTTI i Conservatori perché TUTTI entreranno a far parte dell’ISDA.». Leggiamo insieme il secondo comma dell’art. 2, nella formulazione approvata dalla camera:

In ogni regione è istituito almeno un ISDA per la formazione di grado universitario, per la ricerca, per la produzione artistica e per l’insegnamento nel campo delle arti visive e musicali anche con funzioni di coordinamento territoriale degli istituti di cui all’articolo 1. Ad esso afferiscono gli istituti di cui all’articolo 1 esistenti nell’ambito regionale che vi permangono se in possesso dei requisiti stabiliti dal decreto di cui all’articolo 4, comma 1

«afferiscono», dunque, e «vi permangono se». Non mi pare una vera garanzia (e nel commentare la legge Calosci si guarda bene dal discutere le espressioni qui poste in enfasi). Ma diamo un’occhiata anche il primo comma dell’articolo 4, non si sa mai:

Con decreto del Ministero dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica, di concerto con il Ministro della pubblica istruzione e con il Ministro del Tesoro, acquisito il parere del Ministro per i beni culturali e ambientali limitatamente alla materia disciplinata dalla lettera d), da emanare entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, previo parere del CNDA e delle competenti Commissioni permanenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, sono dettate disposizioni per:

Ci vorrà dunque un decreto per stabilire queste modalità, emanato «di concerto» fra un bel manipolo di autorità un anno dopo l’entrata in vigore della 688. Come fa Calosci ad essere certo che andrà tutto secondo i suoi voti, e soprattutto a spacciarlo poi per dato di fatto ai suoi affezionati lettori? Non lo allarma neppure un po’ il seguito del comma alla lettera e, dove si precisa che le disposizioni di questo decreto saranno volte a

stabilire procedure per la graduale trasformazione dei corsi attualmente funzionanti presso gli istituti di cui all’articolo 1 in corsi di grado universitario da parte degli ISDA e per la previa valutazione dell’idoneità delle strutture e dell’organizzazione.

Andiamo al comma tre dello stesso articolo 4, e a quell’avverbio «almeno» che per Calosci è, invece, il Verbo:

Con decreto del Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica, di concerto con il Ministro del tesoro e con il Ministro per la funzione pubblica, è definita la pianta organica del personale docente, assistente, tecnico e amministrativo degli ISDA corrispondente almeno a quella prevista per gli istituti di cui all’articolo 1.

Purtroppo il gioco di rimandi della legge è, al solito, così bizantino da sfuggire ai più, non certo al Calosci: la prova che non ci saranno licenziamenti degli attuali insegnanti, e che tutti accederanno al rango di universitari, starebbe in quell’almeno? Ribadisco: verranno emanati decreti di cui a tutt’oggi ignoriamo gli esatti contenuti, mentre a far fede è il comma 2 dell’art. 2. La selezione delle istituzioni comporterà per forza una diminuzione del numero degli insegnanti; non ci saranno licenziamenti, questo no: man mano i colleghi ‘meno pertinenti’ al conservatorio-università vagheggiato dall’UNAMS saranno armoniosamente assorbiti nei ruoli delle scuole secondarie superiori, mantenendo lo stesso stipendio. Già, perché quello che Calosci non dice con chiarezza è che lo stipendio sarà, ed è logico che sia, l’attuale sino a quando le autorità competenti non avranno stabilito l’esatto numero dei Conservatori che faranno parte degli ISDA. Nel frattempo molti di noi saranno andati in pensione, giustamente preoccupati per la cattiva piega che inevitabilmente prenderanno gli eventi.
Quasi dimenticavo: dovranno essere formulati giudizi d’idoneità per stabilire chi entrerà negli ISDA, come del resto fa l’Università: assume per concorso, che comporta delle prove da sostenere e superare. Non dico che ciò basti ad evitare nomine non del tutto limpide, ma immaginiamo per un istante lo scenario di un Conservatorio dove si promuove qualcuno senza verifiche. Chi, in tempi di privatizzazione selvaggia, andrebbe a spendere i propri soldi per studiare violino con un signor XY, messo lì senza alcun criterio? Nel frattempo i colleghi che si saranno distinti in azioni a supporto della legge saranno stati certamente presi in considerazione come candidati alla promozione e questo more italico, dunque al di là di effettivi e necessari giudizi d’idoneità formulati da commissioni all’altezza.

Resto infine allibito di fronte alla leggerezza con cui Calosci trova un posto da universitari ai colleghi di solfeggio o pianoforte complementare, e gli chiedo se davvero pretende che qualcuno ci caschi. Sa dirmi chi abbia preparato gli attuali docenti di tali materie al nuovo, fantasioso compito: «corso di alto livello per le ornamentazioni barocche»? Credo che i primi a dirsi la verità debbano essere i docenti stessi. Al di là del livello di cultura personale, che può essere altissimo, il compito di alcuni di loro, prezioso oltre che essenziale, è quello di introdurre l’allievo ai fondamenti della musica. Perché mai trasferire competenze di base al rango universitario, per definizione il più alto nella formazione? e perché mai un bravo insegnante di solfeggio dovrebbe tramutarsi, ipso facto, in un filologo?
Calosci invita tutti a leggere i suoi commenti alla 688, e lo faccio anch’io: vi si potrà meglio coglierne la miopia, mista a un entusiasmo che non trova giustificazione alcuna nella realtà dei fatti. Peraltro condivido i dubbi sull’attuale formulazione dell’articolo 10: «Non è credibile rinviare ad altra legge ancora inesistente la questione relativa agli studi musicali pre-universitari», frase che mutuo, perché l’approvo pienamente, dalla lettera del Comitato Nazionale per la riforma degli studi musicali.

Mi fermo qui, né sciuperò il mio tempo in ulteriori repliche ad eventuali missive del Calosci. Il Conservatorio è istituzione da salvare anche nella prospettiva, che reputo l’unica possibile, di una diffusione della cultura musicale in ogni ordine e grado di scolarità, dunque anche al di fuori di un ambito specializzato, che attualmente si cura della formazione di un musico, e non di un uomo di cultura. Per questo non sono mai stato iscritto a un sindacato, visto che la CGIL tuttora latita sul fronte di un’istituzione anomala, non avendone mai compreso la natura e perciò le insopprimibili peculiarità. Certo non mi potrei mai iscrivere all’UNAMS, che non reputo adatta a tutelare i diritti della musica in Italia, ma solo quelli di una corporazione che tale vuol rimanere.