TEATRO DELL’ANGOLO

Teatro Stabile d’Innovazione per Ragazzi e Giovani

Smemoraz

 

testo di Paolo Jedlowski

progetto di Barbara Dolza

regia di Nino D'Introna

interpretato da Barbara Dolza

con la partecipazione di Stefano Botti

SCHEDA DIDATTICA

"La memoria è vita" scrive Saul Bellow, ci consente individualmente e collettivamente di scrivere la nostra storia, comunicarla ed essere consapevoli di ciò che siamo. Grazie ad essa comprendiamo come il passato dia forma al presente; attraverso il ricordo e il suo riconoscimento cogliamo significati che consolidano l’immanenza del presente, lo illuminano, aiutandoci a non negare il futuro, creando il senso di sé. La memoria ed il tempo ci consentono di afferrare la verità dell’esperienza umana.

Uno spettacolo sulla memoria e sull'oblio. Insieme - a condividere uno spazio di gesti, parole, suoni - una donna ed un ragazzo, due generazioni differenti. Parole di una madre (emesse da una voce tatuata dall'esperienza della vita personale, sociale e politica), colta in quella condizione di passaggio rappresentata da un trasloco e da un compleanno. Due confini che ci evocano, quasi come tracce sonore portate dal vento, gli avvenimenti della grande e della piccola storia di cui lei è stata partecipe o spettatrice e che hanno segnato la storia italiana della seconda metà del '900: dal dopoguerra ai delitti di mafia, dalle stragi terroristiche al dramma dell'ex-Jugoslavia, eco di una vita che è come "un tempo al di là del mare".

Con una legge del 20 luglio 2000 la Repubblica italiana ha stabilito che il 27 gennaio sia Giorno della memoria. Il 27 gennaio è la data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz.

"Giorno della memoria": ma che cos’è la memoria? Una parola sola per dire tante cose, diverse fra loro.

Uno psicologo, ad esempio, potrebbe parlarci di memoria "a breve termine" e "a lungo termine", e spiegarci che sono funzioni situate in parti diverse del nostro cervello. Un etologo potrebbe parlarci della memoria dei geni; un antropologo della memoria dei corpi, quella che chiamiamo "abitudine". Un ingegnere potrebbe istruirci sulla memoria del suo calcolatore, un poeta farci cogliere gli echi della mémoire involontaire, uno storico ci mostrerebbe che la memoria si deposita in certi luoghi o si "esteriorizza" grazie a certi strumenti, come la scrittura, o i monumenti….

Di memorie non ce n’è una soltanto. La memoria è un insieme di facoltà, di funzioni, di strumenti.

Naturalmente, fra tutti questi significati della stessa parola vi è un’aria di famiglia: in tutti i casi si allude alla possibilità che il passato si prolunghi entro il presente, o che il presente protenda all’indietro una delle sue braccia a rendere attuale, significativo o operante il passato. Una possibilità che comunque non va esente da selezioni: l’oblio è l’altra faccia della memoria. Necessari entrambi alla vita, perché senza memoria il presente diventerebbe così leggero da volare via nell’incoscienza, ma, senza oblio, sprofonderebbe sotto un peso impossibile a sostenersi.

Ci sono comunque molti tipi di ricordi. Fra questi, ricordi che è bello e facile riportare alla mente; altri che è duro, o difficile, o scomodo fare. Il ricordo dei campi di concentramento che costellarono i paesi europei durante l’ultimo conflitto mondiale, il ricordo di Auschwitz, della Shoah e di altre catastrofi più o meno analoghe, fa parte dell’ultimo tipo: memorie di eventi traumatici, legate a conflitti che non sono ancora sopiti.

Conservare socialmente questi ricordi, tramandarli, farli transitare da una generazione all’altra, è difficile. Indubbiamente anche i gruppi, anche le società ricordano, ma, come gli individui, ricordano selettivamente. E, quanto a questo tipo di ricordi, non è possibile contare sul desiderio spontaneo di tutti di conservarli. Sono ricordi duri: anche a chi abbia poco o nulla nel proprio personale passato che faccia eco a esperienze come quelle di un rastrellamento, di un lager, di un treno piombato, pensarci e pensare che qualcuno ha vissuto tutto questo, crea angoscia.

Eppure è necessario conservare, o addirittura suscitare, questi ricordi anche in chi non li possiede per esperienze diretta: la costituzione di una "tradizione negativa", una tradizione che riguardi il sapere di ciò che non vogliamo, per quanto scomoda, è necessaria per proteggere il nostro futuro.

A questo riguardo, non si può contare sull’efficacia pedagogica del moralismo. Ciò che ha a che fare con l’etica, non si lascia insegnare con il dito alzato: diventa stucchevole, suscita reazioni di fastidio, e si rovescia fatalmente nel suo contrario.

Con certe memorie, le più necessarie ma anche le più terribili, è facile cadere nell’esagerazione per buona volontà: "eccessi" di memoria che finiscono per svuotarsi di senso.

Uno degli obiettivi che si propone lo spettacolo è quello di far venire voglia ai ragazzi di scoprire da dove vengono le storie che vi si raccontano, di provare a dare risposte a domande quali: cos’è la memoria, come funziona? E’ diversa dalla storia e in che senso? Quale la relazione tra memoria e oblio?

Cosa è opportuno, oggi, ricordare perché la convivenza civile rimanga possibile? Come si intrecciano i fili della memoria personale e di quella collettiva?

E, ancora, nella vita di una persona, qual è il valore del ricordo e della dimenticanza e quali gli strumenti di relazione che ci consentono di comunicare a noi stessi e agli altri la traccia della nostra vita?

 

NOTA SULL’AUTORE

Paolo Jedlowski è professore di Sociologia presso l’Università della Calabria e insegna Sociologia della comunicazione all’Università di Lugano.

Diversi dei suoi numerosi scritti sono dedicati interamente o in parte al tema della memoria. Fra questi: Memoria, esperienza e modernità (Angeli, 1989; nuova edizione rivista, 2001), Il senso del passato (con M. Rampazi, Angeli, 1991), Il sapere dell’esperienza (Il Saggiatore, 1994) e Storie comuni: La narrazione nella vita quotidiana (Bruno Mondadori, 2000).

Oltre a diversi saggi in riviste scientifiche italiane e straniere sullo stesso tema, ha curato la voce "Memoria" per il Dizionario di storiografia (Il Saggiatore/Bruno Mondadori, 1997) e per il Dizionario delle scienze sociali (Il Saggiatore, 1998). Per il ciclo di incontri sulle parole chiave del Novecento organizzato dal Museo Morandi di Bologna ha scritto Memoria (Clueb, 2000).

BIBLIOGRAFIA

Opere narrative e testimonianze citate nello spettacolo:

Per un’introduzione generale al tema della memoria (oltre, naturalmente, ai testi di P. Jedlowski)

Per un’introduzione alla storia del ‘900: