Il TEATRO DELL’ANGOLO
Teatro Stabile d’Innovazione per Ragazzi e Giovani
presenta
Don Bosco e l'asina


Drammaturgia e regia:
Luciano Nattino

Con:
Claudio Zanotto Contino, Fabio Bisogni

e l’asinella Géraldine La Sommaire

Materiali scenografici e costumi:
Simona Goitre

 


Riparlare di Don Bosco. Riaggiornarci su di lui a cent’anni e più dalla morte.
A prima vista potrebbe sembrare un anacronismo.
Del resto Don Bosco stesso non amava il suo tempo. Lo trovava superficiale, vuoto, ingombro di idee che non condivideva. Che dovremmo dire noi oggi?
Eppure lui ci lavorava. Cercava i giovani, non aspettava che andassero da lui. Erano i giovani sbandati di allora, i più poveri, i più difficili.
Dice il card. Ballestrero che Don Bosco "aveva la grazia immediata di radunare, di congregare, di unire. Era un leader."
E lo era stato fin fa giovane, giocoliere e saltimbanco, creatore di teatrini e canzonette.
Ecco dunque. Riparlare di quel Don Bosco lì. Non di tutta la sua vita. Non l’agiografia.
Parlare delle sue prime esperienze, delle sue difficoltà.
Senza ipocrisie, senza infingimenti.
Raccontare una storia, un’avventura umana per quello che è stata e per ciò che di importante rappresenta ancora oggi. Raccontare un personaggio scomodo, tenace, anche contraddittorio, che si era prefissa un’idea: quella di offrire ai giovani delle opportunità per crescere, amandoli, sforzandosi di penetrare i loro universi inesplorati e imprevedibili.

Come raccontare questa storia e questo personaggio a teatro?
Facendolo fare da un "contastorie" che gira per valli e montagne con la sua compagna asinina a cercare storie dei paesi attraversati e a raccontarle, storie di Santi, di Fate, di Madonne e di Briganti.
In povertà come San Francesco, in "santa follia".
In questo caso egli, oltre a "dialogare" con l’asina, lo farà anche con un giovane, venuto a curiosare, a intrattenersi con quell’anacronismo ambulante. Un giovane di quale epoca?
La storia di Don Bosco e la sua attualità verranno fuori man mano, tra le pieghe dei dialoghi e delle azioni.
Forse il "contastorie" è lo stesso Don Bosco, tornato per un attimo dall’aldilà, in uno dei suoi migliori esperimenti di bilocazione.
L’energia ci pare la stessa e così la rabbia, l’indignazione, insieme al sorriso e alla capacità di "amorevolezza".
L’occasione è dunque, ancora una volta, quella di indagare, con la "leggerezza" tipica del teatro, la crisi silenziosa di una società, le sue urla nascoste che a volte prorompono in tragedia.

Luciano Nattino