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Aiace Scuola

LOTTARE PER UN MONDO DIVERSO
19ª Rassegna cinematografica itinerante
in 25 città del Piemonte

 

CONSIGLIO REGIONALE DEL PIEMONTE
Comitato per l'affermazione dei valori della Resistenza
e dei principi della Costituzione Repubblicana

Aiace Torino

con la collaborazione di
Agis e Anica


Ottobre 2005 - Aprile 2006

La rassegna cinematografica itinerante rivolta alle Scuole Superiori della regione, promossa dall'Ufficio di Presidenza del Consiglio Regionale del Piemonte, in collaborazione con Aiace Torino, Agis e Anica, festeggia la propria diciannovesima edizione. Attraverso un percorso che prende avvio nell'Italia dell'inizio degli anni Novanta, stravolta dalle stragi di mafia (Alla luce del sole), fa tappa nel Ruanda insanguinato nel 1994 dalla guerra civile e dalle pulizie etniche (Hotel Rwanda) e giunge fino all'Italia di oggi, fortemente segnata dal fenomeno dell'immigrazione clandestina (Quando sei nato non puoi più nasconderti), i tre film proposti raccontano tre storie quotidiane eppure eccezionali di coraggio civile. I protagonisti delle pellicole non sono eroi senza macchia e senza paura ma ragazzi e uomini come molti altri che, messi alla prova dalle circostanze, scelgono di combattere con determinazione per modificare il mondo circostante e renderlo migliore, più umano, più vivibile per tutti. Il messaggio proposto intende stimolare una riflessione costruttiva: un invito a riconsiderare il nostro presente alla luce del futuro che ci attende, a riflettere sulla contemporaneità e sulle difficoltà che ogni cittadino è chiamato a superare per poter difendere il suo diritto a una vita soddisfacente.
Alla luce del sole di Roberto Faenza dedica un omaggio a Don Pino Puglisi, prete "scomodo" ucciso dalla mafia perché colpevole di non essersi lasciato piegare, di non aver abbassato la testa rassegnandosi al degrado e alla miseria sperimentati quotidianamente dagli abitanti del quartiere palermitano di Brancaccio e in particolare dai bambini.
Hotel Rwanda di Terry George, ispirato a fatti realmente accaduti, rievoca il massacro di quasi un milione di persone avvenuto in Ruanda nel 1994 raccontando l'impegno con cui un albergatore riuscì a salvare mille persone nascondendole nel proprio hotel nonostante tale atto implicasse mettere a rischio la propria incolumità e quella dei suoi cari.
In Quando sei nato non puoi più nasconderti Marco Tullio Giordana sceglie infine di affrontare un tema spinoso e di scottante attualità come quello dell'immigrazione clandestina facendo proprio lo sguardo di un ragazzo italiano che, avendo osservato da vicino il dramma dei profughi provenienti dai paesi poveri, tenta con i mezzi di cui dispone di dare una svolta alla vita di due giovani rumeni.

Le scuole e gli insegnanti interessati alle proiezioni devono contattare le sale cinematografiche elencate nel programma per la prenotazione dei posti, servendosi dei calendari e dei recapiti telefonici in esso contenuti. Alla cassa dei cinema gli insegnanti potranno ritirare una copia dei questionari didattici predisposti per ciascuna pellicola. Il costo del biglietto d'ingresso è di € 2,00 (gratuito per gli insegnanti). Le proiezioni avranno inizio alle ore 10.00, salvo variazioni comunicate dagli esercenti.
Per ulteriori informazioni rivolgersi all'Aiace Torino, tel. 011.538962, fax 011.542691, e-mail:
aiacetorino@iol.it; paola.demori@aiacetorino.it


ALLA LUCE DEL SOLE

Regia, soggetto: Roberto Faenza. Sceneggiatura: R. Faenza, Gianni Arduini, Giacomo Maia, Dino Gentili, Filippo Gentili, Cristiana Del Bello. Fotografia: Italo Petriccione. Scenografia: Davide Bassan. Musica: Andrea Guerra. Montaggio: Massimo Fiocchi. Interpreti: Luca Zingaretti, Alessia Goria, Corrado Fortuna, Giovanna Bozzolo. Produzione: Elda Ferri per Jean Vigo Italia. Origine: Italia 2004. Durata: 89'.

Ogni volta che la tv parla di mafia si alzano cori di protesta sui motivi consueti: queste trasmissioni offendono la Sicilia, danneggiano gli investimenti, ci disonorano all'estero. È il minimo che tocca a chi si attenta a portare certi fattacci Alla luce del sole, come recita il titolo del film di Roberto Faenza. Ma a don Pino Puglisi, il parroco palermitano del Brancaccio, è andata peggio: fu assassinato il 15 settembre 1993 dalla stessa cosca che attuò le stragi di Falcone e Borsellino. Eravamo in molti ad aver dimenticato questo "eroe non-eroe" fino a quando lo abbiamo riscoperto nel ritratto fraterno che ne fa Luca Zingaretti. Bisogna stare attenti al prologo. Istigati dai caporali della mala, un gruppo di monelli fa razzia di gatti randagi per buttarli in pasto ai cani da combattimento del racket delle scommesse; e poi recuperano il mastino soccombente e lo finiscono. Chiara metafora di una morte annunciata, quel perimetro desolato è lo specchio del quartiere dove qualcuno è destinato a morire ucciso "come un cane". Il racconto riassume due anni di tragica esperienza pastorale: restituito alle strade della sua infanzia, don Pino si trova davanti lo spettacolo della chiesa vuota e decide che i parrocchiani se li andrà a cercare. Senza tonaca, con scoppola e maglione, gironzola in bici, osserva, si informa e invita i ragazzi sbandati a venire a giocare in parrocchia. Strumento infallibile di catechesi, il pallone diventa un pretesto per insegnare che bisogna comportarsi secondo le regole. Il sacerdote rifiuta la bustarella della corruzione e presta il suo aiuto dove può, fa lezione, insegna come si leggono i giornali, guida la processione di San Gaetano contro il banchetto spendaccione dei potenti, raccoglie firme. Ma di fronte ai caroselli dei picciotti in motoretta giubilanti per l'eccidio di Giovanni Falcone e la sua scorta, non esita a denunciare dal pulpito gli assassini invitandoli a uscire allo scoperto. Come risposte si susseguono un incendio doloso, una brutale aggressione in casa e infine un'esecuzione sommaria tanto ineluttabile che il regista, con ispirata finezza, non sente il bisogno di banalizzarla facendo risuonare gli spari. E se per paura la gente chiude le imposte e transita davanti al cadavere come se non ci fosse, i bambini accorrono a ingentilire il feretro con i loro giocattoli. Triste? Più triste ancora è apprendere che dopo 12 anni al Brancaccio niente è cambiato.

Tullio Kezich

Roberto Faenza nasce a Torino nel 1943. Regista, scrittore e professore universitario, nel 1965 si diploma in Regia al Centro Sperimentale di Cinematografia e firma tre anni dopo Escalation, seguito da H2S (1969). Torna al cinema dopo una lunga assenza con Si salvi chi vuole (1980) e Copkiller (1983). Tra i suoi film più recenti si segnalano: Jona che visse nella balena (1994), Sostiene Pereira (1996), Marianna Ucrìa (1997) e Prendimi l'anima (2002).

 


HOTEL RWANDA

Regia: Terry George. Sceneggiatura: T. George, Keir Pearson. Fotografia: Robert Fraisse. Scenografia: Johnny Breedt, Tony Burrough. Musica: Jerry Duplessis, Rupert Gregson-Williams, Andrea Guerra, Martin Russell. Montaggio: Naomi Geraghty. Interpreti: Don Cheadle, Sophie Okonedo, Nick Nolte, Joaquin Phoenix. Produzione: Kigali Releasing Limited, Industrial Development Corporation of South Africa, Inside Track Films, Lions Gate Films Inc., Mikado Film S.r.l., Miracle Pictures, United Artists. Tit. originale: id. Origine: Canada/GB/Italia/Sudafrica 2004. Durata: 121'.

I film "di denuncia" spesso non servono a niente, perché sciatti, didascalici e manichei. Quando, però, ci si trova immersi in due ore di cinema-cinema come quelle scolpite da Hotel Rwanda, il risultato è differente: anche perché tra i tanti massacri dell'era contemporanea, non ha mai suscitato indignazioni di massa la guerra civile che dieci anni orsono insanguinò il minuscolo stato africano del Ruanda. Terry George ricalca, infatti, la strada di film-culto come Un anno vissuto pericolosamente o Urla dal silenzio, ispirandosi a una storia vera e ricostruendo con straordinari ritmo e intensità le vicende che costarono la vita a circa un milione di persone. Interpretato dall'ottimo Don Cheadle, ne diventa testimone Paul, il direttore dell'"Hotel delle mille colline" installato nel centro della capitale Kigali: quando nel 1994 il presidente Habyarimana perisce in un disastro aereo doloso, gli estremisti e fanatici esponenti dell'etnia Hutu scatenano una gigantesca caccia all'uomo per sterminare l'odiata etnia Tutsi, minoritaria eppure dominante. Paul, un Hutu moderato, assiste terrorizzato ai primi segnali della guerriglia e riesce a portare in salvo nel suo hotel l'adorata famiglia e qualche conoscente. Nel crescendo delle efferatezze, deciderà di offrire lo stesso rifugio a centinaia di perseguitati, prima corrompendo ambigui generali e poliziotti Hutu e poi implorando l'intervento dei caschi blu dell'Onu, sparuti e disorganizzati di fronte al genocidio. Così non mancano le accuse all'impotenza dell'Onu, ma il film non fa sconti alle selvaggerie tribali e stringe la presa sull'acme della mattanza, sul ruolo svolto dall'informazione, sulla mutevolezza dei caratteri indigeni.

Valerio Caprara

Hotel Rwanda arriva a dieci anni di distanza per raccontare, a modo suo, il genocidio dei Tutsi nel Ruanda del '94. Terry George ha scelto di raccontare quei fatti tremendi lasciando a latere, sullo sfondo, dietro i muri, la rappresentazione del massacro e mettendo in primo piano la figura di un "salvatore", di un eroe comune, di uno "Schindler" che usa i pochi poteri che ha per salvare più persone possibili. In Rwanda è stato il direttore dell'hotel di Kigali, Paul Rusesabagina, Hutu sposato a una Tutsi. Quest'uomo trasforma l'hotel in un fortino, un ospedale, un'ultima difesa, facendovi rifugiare mille e più Tutsi e Hutu moderati, oppositori al regime. Fuori e tutto intorno il macello perpetrato dagli Hutu.

Dario Zonta

Terry George, originario dell'Irlanda del Nord, dopo esser stato incarcerato per motivi politici negli anni Settanta nel 1993 collabora alla sceneggiatura di Nel nome del padre di Jim Sheridan. Tre anni dopo scrive e dirige Una scelta d'amore, che si aggiudica prestigiosi premi internazionali, collaborando in seguito alla sceneggiatura di The Boxer (1997). Reduce da alcuni progetti televisivi e dalla sceneggiatura per Sotto corte marziale (2002), torna alla regia con Hotel Rwanda, candidato a tre premi Oscar.

 


QUANDO SEI NATO NON PUOI PIÙ NASCONDERTI

Regia: Marco Tullio Giordana. Soggetto: dall'omonimo romanzo di Maria Pace Ottieri. Sceneggiatura: M.T. Giordana, Stefano Rulli, Sandro Petraglia. Fotografia: Roberto Forza. Scenografia: Giancarlo Basili. Montaggio: Roberto Missiroli. Interpreti: Matteo Gadola, Alessio Boni, Ester Hazan, Vlad Alexandru Toma. Produzione: Cattleya, RaiCinema, Babe, Once You Are Born Films. Origine: Italia/Francia/GB 2005. Durata: 115'.

Quando sei nato non puoi più nasconderti di Marco Tullio Giordana ispirato al libro di Maria Pace Ottieri, unica opera italiana in concorso, fa un passo avanti nei rapporti con gli immigrati: è il primo film che va oltre una incuriosita compassione o una fattiva assistenza verso le persone che vengono in Italia, clandestine oppure no, a cercare lavoro, futuro, speranza, soldi. E che rivendichi una integrazione meno superficiale e utilitaria della prestazione d'opera di solito mal pagata, una forma di autentica comprensione e fraternità. Il che mette su un piano analogo gli immigrati di colore e i poveri bianchi, in un discorso di classe molto interessante e nuovo per questi anni. Gli occhi del tredicenne attraverso i quali il regista vuol vedere gli immigrati hanno uno sguardo più amico, più penetrante e avveniristico di quello degli adulti resi ciechi dal presente. Durante una vacanza in barca a vela, un tredicenne figlio di un imprenditore bresciano di notte cade in mare. Morirebbe se a salvarlo non fosse un'imbarcazione di migranti, con i quali continua il viaggio sino in Italia e al centro d'accoglienza. Vorrebbe ospitare in casa un ragazzo rumeno e sua sorella che lo hanno aiutato, ma i due rubano tutto quel che trovano e scappano. Nelle sue ricerche per ritrovarli il ragazzino attraversa la straziante Corea di Milano; il termine della storia, in un finale aperto, lo lascia seduto per strada con la ragazzina rumena, nel buio della notte. Il film intenso e semplice, assolutamente privo di ogni luogo comune e di ogni ruffianeria sentimentale, può anche aiutare a pensare in modo nuovo al fenomeno epocale delle migrazioni.

Lietta Tornabuoni

Infanzia di un capo del Nordest: tredicenne con playstation, famiglia bresciana con taverna e fabbrichetta, casca in mare durante crociera in Grecia. Lo raccolgono i clandestini, tutti sullo stesso barcone, nessuno si potrà più nascondere: tagliato il cordone, uccisa l'adolescenza, nasce nella vita una storia di amicizia forse tradita. Rimossi con La meglio gioventù i suoi anni '70, Giordana offre un film su essere e apparire, sulla convivenza, sulla multimedialità dei sentimenti. Vuole soprattutto spiazzare: niente pregiudizi e stereotipi, tutto è da conoscere e reinventare, anche a rischio di sacrificare un po' di snobismo ed emotività per raccontare daccapo, con un cast eccezionale, come sta cambiando l'Italia.

Maurizio Porro

Marco Tullio Giordana nasce a Milano nel 1950. Il suo film d'esordio è Maledetti vi amerò (1980), premiato col Pardo d'Oro al Festival di Locarno. Dopo La caduta degli angeli ribelli (1981) e alcuni film collettivi e progetti televisivi, dirige Pasolini, un delitto italiano (1995), seguito da I cento passi (2000) e La meglio gioventù (2003), che si aggiudicano numerosi premi e lo fanno conoscere al grande pubblico. È anche scrittore e regista teatrale.

 

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