All’inizio del
21° secolo più di un
miliardo di persone
sono ancora condannate
alla
povertà
estrema.
104
milioni di bambini non possono andare a scuola.
860
milioni di adulti (la maggior parte
donne) non sanno
né leggere né
scrivere.
La fame
è una realtà quotidiana per 852 milioni di persone.
Un
miliardo e 400 milioni di persone non hanno un lavoro dignitoso.
Altrettante non hanno
accesso all’acqua potabile.
In alcune
parti del mondo, la morte delle
mamme al momento del parto e la morte di bambini nei loro primi anni di vita è
ancora un dramma quotidiano per la mancanza di servizi sanitari di base.
Alle
guerre e alle emergenze provocate dalle calamità naturali si somma l’emergenza
dell’Aids, che ha già contagiato 40 milioni di persone.
La
povertà è la più grande violazione dei diritti umani.
La
Dichiarazione Universale dei Diritti Umani
riconosce a tutti
il diritto ad
un tenore di
vita dignitoso; il
diritto di avere
cibo, vestiario, cure mediche,
un’abitazione,
un’istruzione, un lavoro.
Questi diritti
sono oggi negati a un terzo
dell’umanità e minacciati anche all’interno dei paesi più ricchi, mentre nel
mondo si spendono ogni anno quasi 1000 miliardi di dollari per guerre e
armamenti.
Tutto
questo è intollerabile.
Siamo oggi giunti ad un punto cruciale della nostra storia.
Sradicare la povertà è possibile.
Ed é il minimo che si possa e si debba fare.
Per la prima volta abbiamo le risorse e le conoscenze per poter migliorare le condizioni di vita di tanta gente oggi disperata.
Se non le usiamo nel modo e nel tempo giusto non potremo sfuggire alle nostre responsabilità, e in ultima analisi alla nostra stessa rovina, perché non sarà possibile salvarsi da soli.
Facciamolo insieme.
Facciamolo subito.
Ecco alcune proposte da agire, individualmente e collettivamente, per non regalarci colpevolmente l’alibi del “non sapere cosa fare”, del “io non posso farci niente”, del “tanto le cose non cambieranno mai”.
Il mondo, l’umanità, la vita possono Cambiare, possono Migliorare se lo vogliamo veramente.
A partire dal nostro quotidiano, dalle nostre relazioni, dall’ambiente a noi più prossimo e contiguo fino ai confini del mondo, alle più remote realtà.
Chi è privo di Diritti e che per questo sta perdendo la vita non può più aspettare.
Io, te, noi non possiamo più aspettare.
Non dobbiamo più tollerare che alcuni sprechino e altri manchino del necessario, che qualcuno viva nell’opulenza e che invece molti a causa di ciò si trovino nella miseria.
Si può incominciare dal:
-promuovere un commercio Internazionale e Locale più equo, eliminando i sussidi alle esportazioni agricole, assicurando ai produttori dei paesi più poveri l’accesso ai nostri mercati, condividendo i frutti della conoscenza globale e promuovendo l’occupazione e il trasferimento delle
tecnologie sostenibili ai paesi poveri.
Una forma immediata e concreta di ciò a livello individuale e immediato è per es. l’utilizzo del Commercio Equo e Solidale;
-cancellare senza ulteriore inganni il debito estero dei paesi più poveri, con misure
addizionali e non sostitutive dell’aiuto pubblico per lo sviluppo, e rivedere il sistema di
concessione dei crediti che genera processi insostenibili di indebitamento;
-spingere i Governi ad aumentare fino allo 0,7% del PIL le risorse destinate alla cooperazione internazionale, e senza imporre ai paesi beneficiari di comprare i prodotti, le tecnologie e le eccedenze dei Paesi ricchi”;
-obbligare i Governi a ridurre le spese militari, promuovere il disarmo e la riconversione dell’industria bellica, e controllare il commercio delle armi, utilizzando le relative risorse economiche nella lotta alla miseria e al perseguimento degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio;
-definire, insieme alla società civile e agli Enti Locali, una nuova legge per una nuova politica italiana di cooperazione allo sviluppo efficace, partecipata e coerente con gli obiettivi di sviluppo sostenibile democratico;
-fare pressioni sui Partiti, sulle Istituzioni e sui Governi per spingerli ad agire in Europa e in tutte le sedi internazionali (Onu, Banca Mondiale, Fondo Monetario Internazionale, Organizzazione Mondiale del Commercio, G8, etc.) per restituire alle Nazioni Unite la responsabilità, i poteri e le risorse necessari per intervenire adeguatamente sui problemi dell’ambiente, dell’economia mondiale (finanza, commercio, debito estero, beni pubblici globali,…), e dell’occupazione, per dare voce ai popoli del Sud e per promuovere regole e istituzioni internazionali più giuste e democratiche.
Occorre diffondere e socializzare la presa di coscienza di queste realtà dalle quali i media tentano costantemente di distrarci e il nostro silenzio e menefreghismo rischia di essere interpretato come una subdola complicità di queste ingiustizie e discriminazioni. Già Martin Luther King aveva affermato “Non ho paura delle parole dei violenti, ma del silenzio degli onesti”.
A causa dei nostri sprechi molti oggi stanno mancando del necessario.
Cambiare si Può, Cambiare si Deve,
per stare bene Tutti.
Thomas Pogge, filosofo
di formazione kantiana oggi docente a Yale, con il
suo libro Diritti
umani e povertà mondiale (Laterza 2010) ha mostrato i dati dell’indecenza alla quale nessuno,
nonostante il progresso economico e scientifico, pare voglia porre fine:
dei circa sette miliardi di esseri umani oggi esistenti,
830 milioni soffrono di malnutrizione cronica; 1,1 miliardi non hanno accesso
all’acqua potabile; 2,6 ai servizi sanitari di base; 2 miliardi ai farmaci
essenziali, altrettanti all’elettricità, e un miliardo non ha un riparo
adeguato. Si potrebbe continuare, dice Pogge, perché al peggio non pare esserci
fine: ad esempio, quasi nove milioni di bambini vengono ridotti alla schiavitù,
con lavori fortemente usuranti, prostituzione, pornografia, ecc. Non è dunque
difficile credere che un terzo dei morti annui sono dovuti alla povertà.
Un’apocalisse
che non ha eguali, neppure tra quelle causate dalle guerre del XX secolo e dai
totalitarismi. Eppure, è assai più facile fermare questo massacro che quelli passati:
servirebbero solamente una migliore nutrizione, acqua potabile, zanzariere,
confezioni per la re-idratazione, vaccini e medicine.
Pogge
sottolinea proprio quest’ultimo aspetto: la mancanza
di medicine e, soprattutto, di cure adeguate. La soluzione del filosofo tedesco
starebbe nell’HIF (Health Impact Fund),
un fondo sovvenzionato dai governi di tutto il mondo, ma dal funzionamento
assai innovativo. Oggi non abbiamo soltanto un mercato iniquo dei farmaci, che
penalizza il Sud del mondo, ma anche un mercato scarsamente innovativo. Le case
farmaceutiche non investono nella ricerca di vaccini e di medicine che non
potranno piazzare “bene”. E le piazze meno conveniente sono quelle dei paesi
più poveri. Il risultato è che, mentre nel ricco ed opulento Nord
industrializzato ci sono più farmaci che malattie da curare, nei paesi più
poveri ci sono molte malattie ma pochi rimedi. E quelli che ci sono, pagati a
carissimo prezzo.
L’HIF
permettere, allora, un diverso approccio alla sperimentazione e ai suoi proventi.
Senza chiedere atti di carità, ma offrendo un’opportunità anche di lauti
guadagni. I centri di ricerca, che notoriamente non sono dei buoni samaritani,
potrebbe scegliere se registrare il brevetto secondo la prassi ordinaria o
attraverso l’HIF. In quest’ultimo caso, verrebbero
ripagati secondo l’impatto del farmaco. E si capisce bene quanto possa essere
lucrosa anche questa via, se consideriamo che le malattie meno diffuse (se non
addirittura scomparse) nei paesi sviluppati, sono tra le più diffuse e mortali
in quelli poveri.
Un
approccio filosofico, quello di Pogge, giustificato con la sociologia. La
morale che non disdegna di far leva sull’interesse. Perché, come dice Caranti, ‹‹in Povertà mondiale e diritti umani Thomas Pogge intende cambiare il modo in cui studiosi e
semplici cittadini del mondo ricco pensano al problema della povertà nel
mondo››.
L’ordine
mondiale imposto dai paesi più sviluppati ha creato questo sistema di profonda
sperequazione. È nostro dovere nostro correre ai ripari.