Tratto da: LA QUESTIONE CURDA di Marco Franza

dicembre 1998

Non è possibile comprendere la vicenda Ocalan senza conoscere la storia della questione curda e il ruolo geostrategico del Curdistan. Le varie fazioni e il Pkk, una panoramica storica dal XVI secolo a Saddam Hussein e la Turchia.

…Il problema curdo è ritornato alla ribalta in conseguenza della Guerra del Golfo (1), che ha risvegliato dal torpore una situazione geopolitica potenzialmente in grado di far deflagare l’intera regione.

Il Curdistan si estende per circa 450 mila Km2, la metà dei quali all’interno della Turchia, la restante metà tra l’Iran, l’Iraq, la Siria e per una piccolissima parte in Armenia. Dei 25 milioni di curdi, la metà vive in Turchia. Il 70% è di religione sunnita.

Il ruolo geostrategico del Curdistan è notevole: esso si pone come cerniera tra mondo arabo, mondo persiano, mondo turco e mondo slavo. Le sue ricchezze naturali sono appannaggio delle potenze regionali. Tra le risorse spiccano per importanza il rame, l’uranio, ma soprattutto il petrolio: il 77% del petrolio iracheno è estratto nella parte del Curdistan che insiste in Iraq, così come la totalità di quello turco dal Curdistan turco. Le sorgenti dei due fiumi principali della regione, il Tigri e l’Eufrate, nascono nel Curdistan turco e sappiamo quale importanza abbiano le risorse idriche in una regione quale quella mediorientale, caratterizzata da scarsità endemica di questo bene vitale.

E’ facile comprendere quindi che le tensioni odierne nella regione sono riconducibili a questa sua importanza geopolitica che a sua volta ha condizionato gli eventi storici.

La storia del Curdistan, e quindi del popolo curdo, si perde nella notte dei tempi. Sembra che i curdi siano i discendenti dei Medi(2). Sono culturalmente distinti dagli arabi e dai turchi, ma assai vicini linguisticamente al persiano. Nella sua lunga storia il popolo curdo non è mai riuscito ad unificare il suo territorio in un unico Stato, ma dando vita solo e sempre ad una serie di principati e staterelli. Questo a causa anche delle invasioni dei turchi e dei mongoli dall’Asia Centrale, che ne impedirono l’unificazione.

Dopo secoli tumultuosi, nel 1515 fu trovato un accordo tra curdi e turchi: in cambio di un’alleanza militare diretta contro i persiani, il sultano ottomano diede ampia autonomia ai curdi, permettendo loro di sviluppare una propria cultura, una propria lingua e arte autonoma. All’indomani della Rivoluzione Francese, che aveva esportato l’idea dello stato-nazione e di nazionalismo, nel XIX secolo alcuni principi curdi tentarono di raggiungere l’unità e l’indipendenza. I due movimenti indipendentisti più importanti erano quelli del Principe Mohammed de Rawandouz e quello di Bedir Khan Pasha du Bothan. Ma l’Impero Ottomano, con l’aiuto esterno della Gran Bretagna e della Germania li annientò. Questo è l’inizio di una continua ingerenza da parte di potenze straniere nel Curdistan.

Durante la Prima Guerra Mondiale, i britannici, nell’ambito della loro strategia tesa a far sollevare le popolazioni assoggettate all’Impero Ottomano, lanciarono tra i curdi una campagna anti-turca, con la promessa della creazione, a fine guerra, di uno Stato indipendente curdo. Tutto lasciava credere che la promessa sarebbe stata mantenuta: ispiratore del Nuovo ordine Mondiale era il Presidente americano Woodrow Wilson, sostenitore della salvaguardia delle nazionalità. Ed infatti il Trattato di Sèvres dell’agosto del 1920, nella sezione seconda, artt. 62-64, prevedeva il diritto dei curdi a creare uno Stato-indipendente. Ma con il successo militare turco del generale Mustafa Kemal, divenne necessario un nuovo trattato, tanto che il 24 giugno del 1923 fu firmato il Trattato di Losanna. Esso non prevedeva più uno Stato curdo indipendente, anzi non faceva più alcuna menzione dello stesso popolo curdo. Inoltre le potenze alleate decisero l’annessione della maggior parte del Curdistan (3) da parte della Turchia.

Nacque un’altra disputa per la provincia curda di Mossul, ricca di giacimenti petroliferi. La Società delle Nazioni, nel gennaio del 1925, inviò una commissione d’inchiesta. Alla fine del suo mandato la commissione appurò che i 7/8 della popolazione era a favore di uno stato indipendente. Ma la Gran Bretagna, che aveva praticamente "inventato" il Regno iracheno riuscì a fare assegnare Mossul all’Iraq. Come contropartita all’appoggio fornito al piano britannico, la Francia e gli USA ebbero il 23,75% d’azioni della Turkish Petroleum Co., in seguito divenuta Iraq Petroleum Co..

Al contrario di quanto auspicato dalla Società delle Nazioni, non fu mai concessa un’autonomia ai curdi iracheni da parte dei britannici, che anzi soffocarono nel sangue più di una rivolta. Fu concesso il solo uso della lingua curda nelle pubblicazioni (lo stesso fece la Francia nelle province curde siriane).

La situazione del Curdistan turco era peggiore. Il 3 marzo del 1924 il Governo Turco decretò l’interdizione della lingua curda e di tutte le espressioni culturali del popolo curdo; furono chiusi giornali e scuole, l’Assemblea dove siedevano 75 deputati curdi fu sciolta. Il 5 maggio 1932 il Governo turco deportò parte dei curdi e ne decise l’assimilazione; quindi la regione curda della Turchia fu tenuta sotto legge marziale fino al 1946 e vietata agli stranieri fino al 1965. I curdi saranno quindi in seguito ufficialmente ribattezzati "turchi di montagna".

Oramai le frontiere mediorientali erano considerate intangibili e i curdi si dovettero rassegnare a diventare una minoranza all’interno dei singoli Stati. Infatti nel giugno del 1930 il capo curdo indipendentista dell’Iran, Simko, fu assassinato. Da questo momento avvenne la spartizione definitiva tra i quattro Stati (Turchia, Siria, Iran ed Iraq), grazie anche all’appoggio esterno di Francia, Gran Bretagna e Russia (4). Nel gennaio del 1946, all’indomani della fine della seconda guerra mondiale, gli abitanti della provincia curda di Mahabad fondarono, nel territorio cuscinetto tra le zone d’occupazione sovietica e britannica, una Repubblica del Curdistan, che resistette per soli undici mesi, fino all’intervento delle truppe iraniane. Di fronte all’impossibilità di raggiungere risultati attraverso l’azione armata (considerata la volontà delle superpotenze di mantenere lo status quo), il movimento curdo si fece più moderato. Leader di questa nuova strategia fu il curdo-iracheno Mustafa Barzani che si fece portavoce dell’autonomia e non dell’indipendenza della regione. Secondo Barzani si doveva mirare ad una democratizzazione della regione, attraverso mezzi politici pacifici. La risposta del Governo iracheno fu violenta: furono chiusi i giornali curdi e lo stesso Partito Democratico del Curdistan, il partito di Barzani, fu messo fuori legge. Il movimento curdo-iracheno agì quindi in clandestinità e funse da volano per i movimenti curdi di Siria, Turchia e Iran (5) (6). L’elemento che modificò la situazione di stallo che si era venuta a creare, fu l’ascesa al potere in Iraq del Partito Baathista, attraverso il colpo di Stato del luglio 1968. Il Partito al potere concluse un accordo di pace con Barzani l’11 marzo del 1970. Sembrò un successo per i curdi. L’accordo prevedeva il riconoscimento del curdo quale seconda lingua ufficiale, le province a maggioranza curda diventarono autonome e gli stessi curdi poterono finalmente partecipare politicamente al governo centrale. In realtà fu un’astuta mossa del regime iracheno per riprendere fiato e, dopo la firma del patto di Amicizia con l’URSS, nel 1974, continuare la politica di repressione. Non fu semplice per l’Iraq annientare la resistenza curda. Saddam Hussein decise quindi di accordarsi con l’Iran. Il 6 marzo del 1975 fu firmato l’accordo di Algeri tra Iraq ed Iran: da un lato l’Iraq acconsentiva alla spartizione delle acque dello Chatt-al-arab, dall’altro l’Iran ritirava immediatamente il suo appoggio logistico ai curdi (7). Tale accordo fu stipulato con il beneplacito degli USA. I curdi persero ancora una volta per l’impossibilità di opporsi al gioco delle grandi potenze. (Da queste prime brevi note si può comprendere come la questione curda non possa essere semplificata a causa degli interessi in gioco e soprattutto come le singole fazioni curde sono state strumentalizzate dalle potenze regionali per ostacolare i propri avversari).

Anche durante la guerra iracheno-iraniana, i curdi furono oggetto di strumentalizzazione. Il fronte della guerra era assai vasto ed un terzo, quello settentrionale, era controllato dai curdi, mentre i soldati iracheni ed iraniani si fronteggiavano sul fronte meridionale. I singoli partiti curdi si ritrovarono schierati su fronti diversi. L’Iraq aiutò la guerriglia nel Curdistan iraniano, aiutando il Partito democratico del Curdistan-Iran (PDK-Iran), guidato da Abd ar-Rahman Qasemlu. L’Unione Patriottica del Curdistan, pur combattendo contro l’Iraq, aiutò Saddam a rifornire i guerriglieri del PDK-Iran, in quanto partito alleato (8). Dall’altra parte del fronte viceversa il regime iraniano aiutava il Partito Democratico del Curdistan-Iraq (PDK-Iraq), capeggiato da Mas’ud e Idris Barzani.

Nel 1983 Saddam Hussein, sull’orlo della sconfitta militare, si accordò con l’UPK, facendo diverse concessioni: costituzione di una milizia curda di circa 40 mila uomini, maggiori poteri alla regione autonoma curda, ingresso nel Governo di membri dell’UPK e inclusione dell’area di Kirkuk nella regione autonoma del Curdistan. Si formarono le seguenti alleanze: Iran/PDK-Iraq/Partito Comunista Iracheno e Iraq/PDK-Iran/UPK.

Questa condotta può essere semplicisticamente considerata nell’ambito del vecchio adagio "divide et impera", in realtà non è l’unica motivazione. Le differenti scelte di fronte delle singole fazioni è da ricercare anche nelle differenze linguistiche. Il curdo "sorani" è parlato nel Curdistan meridionale (Iraq) e orientale (Iran); il curdo "Kurmangi" è parlato nel Curdistan settentrionale (Turchia, Siria, e la regione Bahdinan al confine turco-iracheno e nei distretti occidentali iraniani nell’area del lago Urmia (9)).

In questo quadro si inserì la Turchia ostile alla la politica degli aiuti incrociati poiché avrebbero potuto portare ad una destabilizzazione dell’intera area curda e di conseguenza anche dell’Anatolia sud-orientale abitata dai curdi. Su pressione turca l’Iraq fu costretto a siglare nuovamente, nel 1984, l’accordo segreto stipulato nel 1979. L’accordo consentiva ai due Stati di intraprendere azioni militari all’interno dei rispettivi confini, fino ad una profondità massima di 18 miglia. Era di fatto una concessione alla Turchia che poteva avere mano libera per compiere azioni di rastrellamento e repressione nei santuari curdi, terra d’azione di una frangia estremista dei curdi, il Partito dei Lavoratori Curdi (PKK) (10).

 

Il PKK si è sempre differenziato assai sensibilmente dagli altri partiti, a causa della diversa politica turca nei confronti dei curdi (fino a poco tempo fa non riconosciuti come tali, a differenza dell’Iraq, nella cui Costituzione si riconoscono due nazioni: quella araba e quella curda). La politica repressiva turca in connessione con il disagio socio-economico dell’Anatolia sud-orientale hanno radicalizzato il movimento capeggiato dal PKK. E non è la sola differenza tra il PKK e gli altri partiti: i capi del PKK provengono dai ceti meno favoriti, a differenza dei capi degli altri partiti che sono a capo di una struttura feudale; il PKK rivolge la sua battaglia contro gli stessi curdi proprietari terrieri che collaborano con il Governo di Ankara per mantenere alcuni privilegi; il PKK s’ispira all’ideologia marxista-leninista; ma ciò che differenzia il PKK dagli altri è l’uso indiscriminato del terrorismo a partire dall’Agosto 1984 (11).

 

In questo groviglio d’interessi nazionali, dispute tribali e giochi internazionali, i curdi continuarono a subire le conseguenze nefaste del loro essere strumento di feroce lotta politica tra i vari attori in gioco. A metà degli anni Ottanta Saddam Hussein stava preparando una sorta di "soluzione finale": Iniziò così una sanguinosa repressione: deportazione in massa della popolazione curda dell’Iraq, torture ed uccisioni, arabizzazione del Curdistan iracheno, attraverso l’invio nella zona di Kirkurk di egiziani e iracheni. E con il cessate-il-fuoco del 20 agosto 1988, tra Iran e Iraq, il regime iracheno ebbe mano libera: l’esercito fu concentrato nel Curdistan e aerei militari bombardarono interi villaggi al confine con la Turchia, con gas letali. Intanto anche i curdi iraniani furono messi nella condizione di non nuocere a causa dell’uccisione, a Vienna, del leader del PDK-Ian, Qasemlu (12).

Il quadro si complicava con l’appoggio siriano al PKK di Ocalan per contrastare la Turchia, suo avversario, non solo in quanto alleato dell’Occidente, essendo membro della NATO, ma anche e forse soprattutto, quale autore del mastodontico progetto "Ataturk", ossia il sistema di dighe sull’Eufrate, che permetteva (e permette) alla Turchia di controllare la portata del fiume, progetto che preoccupava e preoccupa tuttora Damasco, considerata la scarsità d’acqua del Paese. Sebbene nel 1987, in seguito ad un accordo con Ankara, la Siria chiuse i campi d’addestramento del PKK in Libano, continuò ad ospitare Ocalan e le sue basi. Nonostante ciò, grazie anche all’aiuto siriano, il PKK continuò la sua azione anche attraverso la propaganda cercando l’appoggio degli strati più poveri della popolazione.

All’inizio degli anni ’90 la Turchia inizia una repressione indiscriminata nei confronti del PKK che, agli occhi dei curdi turchi, andava sempre più assumendo il ruolo di liberatore a dispetto delle forze moderate curde. La svolta importante nel confronto armato tra il Governo curdo e quello turco si ebbe il 13 marzo del 1990, giorno in cui l’esercito turco, durante uno scontro armato con il PKK, uccise tredici guerriglieri, fatto che provocò la reazione dei curdi e portò ad un’autentica insurrezione. Il Governo turco fu quindi costretto a prendere decisioni drastiche affidando al super-prefetto del Sud-Est poteri straordinari, accresciuti con quello del trasferimento di giudici e militari non all’altezza di gestire gli eventi drammatici della guerra civile. La libertà di stampa fu totalmente soppressa (13). E proprio all’inizio degli anni ‘90 la questione curda si aggrava, sia sul fronte turco che su quello iracheno a causa della Guerra del Golfo.

La recrudescenza dello scontro tra PKK e Governo Turco iniziò a influenzare tutti i programmi di sviluppo economico della Turchia ad iniziare da quello dell’Anatolia sud-orientale . E con la Guerra del Golfo il problema curdo s’internazionalizza. Durante la guerra migliaia di profughi curdi dell’Iraq si riversarono verso i confini turchi, cercando una via di fuga da una possibile vendetta di Saddam Hussein.

Gli stessi Paesi occidentali, fino ad allora cauti, al fine di non destabilizzare l’area e non urtare la suscettibilità della Turchia, alleato fondamentale della NATO e attore di spicco nella guerra del Golfo, non poterono restare indifferenti a causa anche della pressione dell’opinione pubblica che non rimase insensibile alle immagini che arrivavano da quelle zone.

I Paesi occidentali incaricarono l’Onu che divenne protagonista principale. La risoluzione 687 del 3 aprile del 1991 (14), oltre a regolare il cessate-il-fuoco tra alleati e Iraq, predispose la costituzione di un’area di sicurezza di circa 15 chilometri di profondità nel nord dell’Iraq, al confine con la Turchia (15).

Il ruolo turco fu abbastanza ambiguo. Durante la guerra essa aveva ammassato truppe ai confini con l’Iraq, ufficialmente allo scopo di difendere i propri confini, in realtà per potere assestare, all’occasione, un colpo decisivo al PKK e senza tralasciare mai sopite rivendicazioni territoriali su Mossul, la zona petrolifera (16).

In realtà la Turchia non appoggiò da subito l’idea di una zona cuscinetto per due ragioni principali: la prima è che la costituzione di un protettorato curdo poteva essere un preludio ad un’autonomia curda nella regione, la seconda la paura di dovere affrontare, come successe nel 1988 quando fu lasciata sola dalle potenze occidentali, l’arrivo di migliaia di profughi in solitudine.

Per fare accettare il progetto ad Ankara, gli occidentali s’impegnarono, attraverso l’operazione "Provide Comfort", ad assicurare l’assistenza e la sicurezza ai profughi curdi, oltre che farsi garanti dell’appartenenza di questa "entità" curda ad uno stato unitario iracheno.

Tutto ciò fu vantaggioso per la Turchia per diverse ragioni. Da un lato non avrebbe avuto sul proprio territorio curdo truppe straniere, dall’altro l’Iraq sarebbe stato privato della sua sovranità su parte del proprio territorio. E in questo contesto Ankara decise di intraprendere dei contatti con i curdi iracheni per aiutarli, azione che fu vista dal PKK come l’ennesimo tentativo da parte di una potenza di utilizzare una fazione curda per contrastarne un’altra.

I movimenti indipendentistici curdi, privati di uno spazio autonomo d’espressione, iniziarono a convogliare le loro pretese e aspirazioni attraverso i partiti e sindacati turchi dell’estrema sinistra, senza ottenere alcun risultato positivo, a causa della curdofobia turca.

Non sempre da parte turca la questione curda è stata gestita comunque in modo intransigente. Si pensi infatti al Presidente turco Özal che nel gennaio 1991, forse anche sotto pressione degli alleati occidentali, pubblicamente ammise l’esistenza in Turchia di 12 milioni di curdi, con una loro propria lingua e cultura (17). Od anche la proposta dello stesso Özal di adottare il "modello basco": e cioè la creazione di una regione autonoma, con un Parlamento e un governo autonomi, con una propria polizia, la lingua curda dichiarata ufficiale ed insegnata a tutti livelli d’istruzione, con un sistema di telecomunicazioni in curdo.

 

Purtroppo negli ultimi anni Novanta la situazione si è ulteriormente deteriorata, sia per la scelta del PKK, che è sempre stato per una soluzione indipendentistica e quindi della lotta armata (anche se adesso le dichiarazioni di Ocalan sono di natura autonomista) a differenza degli altri partiti curdi che hanno sempre perseguito la via autonomistica, sia da parte il Governo turco che è andato sempre più scontrandosi con i suoi tradizionali alleati occidentali sul fronte dei dirittti umani - soprattutto con l’Unione Europea, ed anche per il deteriorarsi della vita politica interna con un ruolo crescente degli islamici. In questo contesto si deve poi tenere presente il gioco delle grandi potenze nell’area, soprattutto per il controllo dei nuovi giacimenti petroliferi dell’Asia centrale e per la scelta delle direttrici che dovranno seguire gli oleodotti della regione. E tutta la situazione è poi da inquadrare anche nell’ottica della questione mediorientale, di quella balcanica, e via discorrendo…

 NOTE

(1) Nel marzo 1991, prima il presidente Mitterand, poi Giovanni Paolo II, pubblicamente si appellarono alla comunità internazionale in favore dei 25 milioni di curdi.

(2) David Bradshaw, "After the Gulf War: the Kurds", The World Today, May; Kendal Nezan, "Les kurdes en quête d'un destin autonome", Geopolitique, printemps, 199 n. 33.

(3) Già nel 1921 la Francia aveva annesso alla Siria, sotto suo mandato, due province curde: Djazireh e De Curd Dagh.

(4) Molte rivolte furono sedate nel sangue grazie agli accordi tra gli Stati coinvolti nel problema curdo: Accordo turco-iraniano 1930, Patto turco-iraco-iraniano di Saadabad 1937

(5) Nezan Kendal, "Privés d’Etat, les kurdes ne peuvent oublier les leçons de l’Histoire", Le Monde Diplomatique, giugno 1991.

(6) In realtà i rapporti tra curdi e Governo iracheno è sempre oscillato tra una repressione violenta (sfociata in una campagna di arabizzazione da parte del partito baathista) e dialettica politica; infatti in base al Trattato di Losanna i curdi iracheni erano tutelati da garanzie internazionali. Inoltre il movimento curdo ha sempre condizionato gli assetti istituzionali iracheni sia perché il centro culturale curdo è all’interno dei confini iracheni (area di Sulaimaniya) sia perché la regione di Kirkuk, bacino petrolifero ricchissimo si trova nell’area curda dell’Iraq. I curdi rappresentano il 25 5 della popolazione dell’Iraq.

(7) L’accordo d’Algeri è alla base della successiva guerra iracheno-iraniana del 1980, infatti proprio per tentare di riappropriarsi delle concessioni territoriali fatte all’Iran, l’Iraq scatenerà una guerrra costosissma sul piano umano e materiale.

(8) Mirella Galletti, "Il ruolo dei partiti nel movimento curdo", Politica Internazionale, n° 11-12, novembre-dicembre 1990.

(9) Ci sono anche delle differenze socio-economiche: le aree sorani sono tradizionalmente più avanzate di quelle kurmangi, più tribali.

(10) Molte basi di addetsramento del PKK si trovavano in Siria e nella Valle della Bekaa, in Libano.

(11) Barzani, il leader curdo dell’Iraq, si era sempre rifatto al vecchio codice d’onore della società tradizionale curda e cioè il non uso di mezzi moralmente inaccettabili, anche per nobili fini e quindi la rinuncia al terrorismo contro civili. (Nezan Kendal, "Privés d’Etat, les kurdes ne peuvent oublier les leçons de l’histoire", Le Monde Diplomatique, giugno 1991.

(12) Tre anni dopo anche il successore, Sharafkandi, fu ucciso a Berlino.

(13) "Les kurdes une fois encore oubliés", Le Monde Diplomatique, dicembre 1990.

(14) La successiva risoluzione 688 delle Nazioni Unite, del 5 aprile 1991, ha un’importanza storica perché per la prima volta venne contraddetto il principio di non-ingerenza negli affari interni di uno Stato membro e ammesso il diritto di ingerenza umanitaria.

(15) Sahagun Felipe, "The new Kurdish protectorate", The European Journal of International Affairs, 2/1991.

(16) Mirella Galletti, op. cit.

(17) Kendal Nezan, "Les Kurdes en quête d’un destin autonome", Geopolitique, primavera 1991, n° 33.