TRATTATO DI OTTAWA

CONVENZIONE sulla proibizione dell'uso, stoccaggio, produzione e trasferimento e sulla distruzione di mine antipersona

Firmata ad Ottawa il 3 dicembre 1997

Questi sono le Nazioni che hanno ratificato il Trattato e che hanno permesso la sua entrata in vigore (6 mesi dopo la 40° ratifica) il 1 marzo 1999: Andorra, Austria, Bahamas, Belgio, Belize, Bolivia, Bosnia-Herzegovina, Bulgaria, Burkina Faso, Canada, Croazia, Danimarca, Gibuti, Guinea Equatoriale, Fiji, Francia, Germania, Grenada, Irlanda, Giamaica, Gran Bretagna, Ex Jugoslavia Repubblica di Macedonia, Malawi, Mali, Mauritius, Messico, Mozambico, Niue, Norvegia, Perù, Samoa, San Marino, Santa Sede, Sud Africa, Svizzera, Trinidad e Tobago, Turkmenistan, Ungaria, Yemen, Zimbabwe. 

Il Burkina Faso è stato il 40°. E l’Italia?

 


PRIMA DEL TRATTATO DI OTTAWA

Una via rapida per la messa al bando totale

La Conferenza sulle Armi Convenzionali, tenutasi nel maggio del 1996 a Ginevra, segnò una grave sconfitta sulla strada della totale interdizione delle mine antipersona. Ebbe, però, il merito di indurre il governo canadese ad intraprendere un processo diplomatico alternativo per giungere ad una messa la bando di questo terribili ordigni in tempi brevi.

La Conferenza Internazionale di Ottawa (3-5 ottobre 1996) può essere considerata un punto di svolta: alla chiusura della conferenza, il governo canadese invitò i Ministri degli Esteri di tutti gli Stati a ritornare ad Ottawa nel dicembre 1997 per firmare un trattato internazionale di divieto dell'uso, produzione, stoccaggio e trasferimento delle mine antipersona.

La Dichiarazione di Ottawa - il primo impegno intergovernativo volto all'interdizione delle mine e ad affrontare la crisi umanitaria in corso - fu adottata da 50 Stati partecipanti.

Il Piano di Azione di Ottawa prevedeva specifiche iniziative regionali in Asia, Africa, Europa e America latina per promuovere la cooperazione sullo sminamento, l'assistenza alle vittime e la sensibilizzazione.

La Risoluzione 51/45S dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite fu votata nel dicembre 1996 da 157 Stati

(10 si astennero e nessuno votò contro): invitava i governi a concludere un negoziato per una messa al bando globale "prima possibile".

Elaborata dal governo austriaco, una prima stesura del testo del trattato fu presentata a tutti i governi alla fine del 1996.

La Conferenza Internazionale di Vienna (12-14 febbraio 1997) diede l'opportunità a 111 Stati, alle Nazioni Unite, alla Campagna Internazionale per la Messa al Bando delle Mine e alla Croce Rossa di scambiare opinioni sui contenuti del trattato.

La Conferenza di Bonn fu un ulteriore momento di verifica (24-25 aprile 1997) prima della Conferenza di Bruxelles per un bando globale delle mine antipersona. A questo follow-up ufficiale della Conferenza di Ottawa, parteciparono ben 154 Stati, di cui 97 sottoscrissero una dichiarazione in cui si impegnavano ad arrivare alla fine del 1997 con un bando totale, inclusa la distruzione degli stock esistenti, lo sminamento delle aree contaminate, la cooperazione internazionale per lo sminamento e la riabilitazione delle vittime.


LA CONFERENZA DIPLOMATICA DI OSLO: 1-18 settembre 1997 : Vi hanno preso parte 88 Stati a pieno titolo e di altri 32 come osservatori. Come durante tutti gli incontri del processo di Ottawa, la Campagna Internazionale per la Messa al Bando delle Mine (ICBL), la Croce Rossa e le Nazioni Unite hanno presenziato in qualità di osservatori.

La decisione tardiva degli Stati Uniti di partecipare ai negoziati, con uno spirito ben lontano da quello del processo di Ottawa, suscitò preoccupazione fin dall’inizio del negoziato. La delegazione americana infatti presentò una proposta di modifica in 3 punti che richiedeva:

Pur riconoscendo che l'adesione degli Stati Uniti al trattato avrebbe dato un maggior peso politico all'intero processo di Ottawa, la comunità internazionale non poteva permettere che ne fosse inficiata la portata. Ciò avrebbe significato ignorare le richieste della società civile, che in tutto il mondo è stata la forza trainante di questo processo, e l'appello di migliaia di vittime innocenti atrocemente colpite da questi ordigni.

Mercoledì 17 settembre la seduta riprese, dopo una pausa di riflessione, con una dichiarazione della delegazione americana che annunciava il ritiro della proposta, in quanto questa non aveva trovato consenso sufficiente: in caso di votazione avrebbero avuto bisogno del consenso dei 2/3 degli Stati partecipanti. Fu momento di grandissima commozione, salutato dalle delegazioni con una lunga ovazione, in piedi.

Questa convenzione stabilisce una buona normativa internazionale per la reale interdizione - senza eccezioni, senza riserve e senza scappatoie, come recitava lo slogan della Campagna Internazionale - di questi ordigni terroristici. Non può, però, essere considerata un punto di arrivo. Molta strada resta da percorrere per ottenere l'"universalizzazione" della convenzione: alcuni paesi tra i maggiori produttori e utilizzatori (Russia, Egitto, India, Turchia, Tailandia) hanno partecipato solo in veste di osservatori e la Cina si è autoesclusa dall'intero processo. La Russia ha però dichiarato, in seguito all’attribuzione del Premio Nobel per la Pace 1997 alla Campagna, che firmerà la convenzione ad Ottawa. Tra i paesi dell'Unione Europea, la Finlandia e la Grecia sono stati "osservatori" e la Spagna ha tenuto posizioni vicine a quelle statunitensi.

Il processo di Ottawa dimostra quanto possa essere fruttuosa la collaborazione tra i governi e gli organismi non governativi nell'affrontare le crisi umanitarie. Si può affermare che Ottawa abbia inaugurato un nuovo modo di condurre i negoziati diplomatici, in cui l'appello dell'opinione pubblica ha saputo catalizzare con enorme efficacia gli sforzi dei governi verso un nuovo processo di disarmo. Una particolare di apprezzamento va all'Italia, che ha mantenuto la sua posizione, nonostante le pressioni americane e all'Ambasciatore Selebi, sudafricano, che ha presieduto il consesso con grande perizia e mano ferma fino alla meta. Durante la conferenza-stampa finale ha dichiarato: "La finalità non era quella di andare incontro agli interessi degli Stati Uniti, ma era piuttosto quella di creare una normativa per salvare delle vite. Il fatto che questa convenzione abbia già il consenso di quasi 100 paesi su 185, che rappresentano la comunità internazionale, è un elemento importante".


19 giugno 1998 Disegno di Legge n.5005 per la ratifica della Convenzione di Ottawa. Questo Ddl modifica la legge nazionale di messa al bando (374/97) proprio nei suoi aspetti più restrittivi e qualificanti. In particolare, elimina la definizione di mina -considerata la più avanzata nel mondo - per adottare quella del Trattato di Ottawa, che esclude dal bando le mine anticarro dotate di dispositivi antirimozione. Tali dispositivi costituiscono un pericolo mortale per la popolazione civile e per gli sminatori che bonificano il territorio per restituirlo alla vita e come tali devono essere proibiti. La legge italiana già in vigore vieta tutti quegli ordigni adattabili ad esplodere al contatto di esseri umani e quindi anche questo tipo di mine.

Inoltre, le mine in dotazione alle basi NATO possono essere trasferite senza controllo, il che crea un pericoloso buco nero nell’applicazione della legge. Se uno Stato estero è libero di non aderire al Trattato di Ottawa - vedi gli Stati Uniti - non per questo esso è libero di eludere la disciplina nazionale. Il Ddl consentirebbe, inoltre, alle forze armate italiane di partecipare ad azioni militari all’estero con paesi che utilizzano mine antipersona in tali operazioni, il che presuppone una colpevole complicità.

I gruppi parlamentari hanno presentato a firma congiunta, una serie di emendamenti per ripristinare lo spirito della legge 374 e per chiedere l’istituzione di una commissione parlamentare di monitoraggio della legge. 

 29 maggio 1998 -RELAZIONE SULLA LEGGE 374/97: I Ministri degli Esteri,Difesa ed Industria hanno presentato la prima relazione sullo stato di applicazione della legge di messa al bando. La relazione lascia a desiderare per la sua "vaghezza". Tace alcuni aspetti cruciali, per esempio i dati sulla denuncia del possesso di mine e componenti ai comandi dell'Arma Carabinieri e la consegna al Ministero della Difesa di mine e componenti. Nulla si sa dei punti di raccolta per la consegna delle mine e dell’adempimento delle basi Nato.

Sono state dichiarate 4 milioni di mine a pressione in dotazione, 2 milioni di mine a pressione radiate dal servizio, 450.000 mine ad azione estesa, materiale di vario tipo per un totale di 7,5 milioni di unità; 700.000 parti componenti, ricambi, accessori.

L'inventario "aziendale" e di altri "titolari" è ancora più impreciso, sia per quando riguarda le tipologie che le quantità e le imprese detentrici (1,5 milioni di pezzi di cui circa 30.000 mine di vario tipo).

 16 ottobre 1998 -DECRETO SULLA DISTRUZIONE DELLE SCORTE DELLE MINE. Il regolamento della distruzione degli arsenali viene pubblicato sulla Gazzetta ufficiale. Ci preoccupa, tuttavia, che non siano ancora stati divulgati i dati precisi e dettagliati su quantitativi e tipologia delle scorte. Il decreto affida allo stabilimento militare di Bajano di Spoleto lo smaltimento delle scorte, eventualmente coadiuvato da ditte private.


Il 10 febbraio ’99, in mattinata, la Camera dei Deputati, in seduta n. 482, ha approvato all'unanimità il Disegno di Legge n. 5005: "RATIFICA ED ESECUZIONE DELLA CONVENZIONE SUL DIVIETO D'IMPIEGO, DI STOCCAGGIO, DI PRODUZIONE E DI TRASFERIMENTO DELLE MINE ANTIPERSONA E SULLA LORO DISTRUZIONE, FIRMATA AD OTTAWA IL 3 DICEMBRE 1997. MODIFICHE ALLA LEGGE 29 OTTOBRE 1997, N. 374, RIGUARDANTE LA DISCIPLINA DELLA MESSA AL BANDO DELLE MINE ANTIPERSONA".

Il DdL è stato approvato, con votazione nominale e mediante procedimento elettronico, all'unanimità con 328 "sì" su 328 presenti e votanti. Prima della votazione c'è stato un ampio dibattito per dichiarazione di voto, a cui hanno partecipato Deputati di tutte le correnti parlamentari: Fabio Calzavara, Vito Leccese, Franco Danieli, Ramon Mantovani, Gabriele Cimadoro, Lapo Pistelli, Valter Veltroni, Mario Brunetti, Sandra Fei, Gualberto Niccolini, Achille Occhetto. Quest'ultimo è il relatore del DdL, in III Commissione Esteri della Camera.

Il DdL, che era stato presentato in Aula il 2 febbraio scorso, è stato approvato senza apportare alcuna modifica al testo preparato e presentato dalla Commissione. MISSIONE OGGI, come membro promotore della Campagna Italiana per la Messa al Bando delle Mine, si rallegra con gli On. Deputati per la votazione così unanime al DdL di Ratifica. Questo dovrebbe facilitare il procedimento di discussione ed approvazione al Senato e la sottomissione dello Strumento di Ratifica della Convenzione internazionale di Ottawa, entro tempi brevi.

Ad oggi, sono 133 gli Stati che hanno firmato la Convenzione; di questi, ben 64 hanno già ratificato la Convenzione, che diventerà vincolante con il 1° marzo 1999. Gli ultimi 4 Stati che hanno ratificato sono: Barbados, El Salvador, Nuova Zelanda e Isole Salomone.

Gli aspetti positivi e qualificanti del DdL italiano n. 5005 sono fondamentalmente tre:

-1. il mantenimento della definizione di "mina antipersona" della Legge 374;

-2. l'obbligo per le Forze NATO in Italia di rispettare la Convenzione internazionale e la Legge italiana 374;

-3. il divieto ai militari italiani che partecipassero ad interventi multinazionali di infrangere, in qualunque modo la Convenzione.

Inoltre, rispetto alla Legge n. 374/97, sono state ridotte da 10mila a 8mila le mine da tenere in stoccaggio per la ricerca e l'addestramento.

MISSIONE OGGI, come promotrice della Campagna italiana, più volte ha fatto notare, e continua a farlo, anche alcune incongruenze del presente DdL 5005, e principalmente le seguenti:

*1. l'utilizzo del termine "importazione" (Art. 3 e 4), cosa vietata dalla Convenzione, che invece usa il termine "trasferimento" per attività di distruzione e sperimentazione di tecnologie;

*2. la formulazione "fuorviante" dell'Art. 5 che sembra legittimare con termini di legge gli interventi militari all'estero delle FF. AA. italiane, sullo stile del cosiddetto Nuovo Modello di Difesa. (Dice infatti l'Art. 5: "E' consentita la cooperazione ad attività militari svolte in un contesto multinazionale, anche con Stati non Parte della Convenzione, purché le attività dei militari italiani siano compatibili con le disposizioni della Convenzione");

*3. manca l'istituzione di un Organismo Neutrale per il controllo e la verifica del rispetto delle Leggi e della Convenzione, con la partecipazione anche della società civile e delle ONG, a garanzia;

*4. non si fa alcun accenno ai seguenti settori, espressamente richiesti dalla Convenzione internazionale, come: la cooperazione internazionale per lo sminamento umanitario (Art. 6,1-2.4); le liste di esperti, agenzie competenti e punti di contatto nazionali in materia di sminamento e di ricerca (Art. 6,6); l'elenco delle istituzioni autorizzate in Italia a mantenere e trasferire mine antipersona, e l'autorità competente a dare tali autorizzazioni (Art. 7,1d); i finanziamenti specifici per la ricerca tecnologica di localizzazione e di bonifica in Italia e all'estero, i finanziamenti per lo sminamento umanitario e la prevenzione / coscientizzazione (Art. 6,4.7-8).

Le sopraindicate incongruenze e lacune rendono il DdL italiano "debole", specialmente per quanto riguarda la effettiva applicazione dei requisiti della Convenzione, in modo particolare nel settore del coinvolgimento finanziario - "non quantificato e non previsto" - nel risolvere i gravi problemi connessi con la bonifica rapida e sistematica dei vasti territori infestati da mine, anche di fabbricazione italiana.

Il 23 aprile 1999 viene finalmente varata la Legge 106 per la ratifica della Convenzione di Ottawa
Questa legge conserva l’ampia definizione di mina antipersona della legge italiana 374/97, più avanzata di quella del trattato di Ottawa che esclude dal bando le mine anticarro con dispositivo antimanomissione, pericolose per la popolazione civile. La 106 prevede inoltre l’applicazione del Trattato di Ottawa nelle missioni militari in contesto multinazionale e nelle basi militari Usa e Nato in Italia. Si può provocatoriamente affermare che è un modo indiretto per costringere gli Stati Uniti a rispettare, almeno all’estero, una Convenzione che non hanno neppure voluto firmare. La legge, però, consente che le mine nelle basi militari Nato e Usa possano essere trasferite senza controllo. Inoltre, non contempla il Comitato parlamentare che avrebbe dovuto monitorare il rispetto della normativa, ipotecando ogni possibilità reale di verifica.

(Per ulteriori informazioni e contatti: P. Marcello Storgato, MISSIONE OGGI Via Piamarta, 9 - 25121 Brescia Tel. 030.3772780; Fax 030.3772781)