Tutte le volte che si leggono i dati for­niti dai rapporti dell’Unicef si pro­vano inevitabilmente smarrimento e sensi di colpa.

Dinanzi ai nostri occhi si para una folla sterminata di bambini che, se non muoiono precocemente, sono de­stinati a vivere nelle condizioni più dolo­rose e umilianti. Fatta eccezione per gli 11 milioni di bambini sotto i cinque anni che annualmente muoiono a causa di malattie altrove curabili, restano ancora 50 milioni di neonati non registrati alla nascita e quin­di privi di identità e di diritti, 120 milioni di bambini che non vanno a scuola, 150 mi­lioni di affamati, 2 mi­lioni di bambini uccisi in guerre nell’ultimo decennio, 6000 minori che ogni giorno contraggono il virus del­l’HIV... E l’elenco delle atrocità è ancora più lungo, con 6 milioni di bambini gravemente fe­riti nei conflitti degli ultimi dodici anni e un bambino su otto nel mondo coinvolto nelle peggiori forme di sfruttamento del lavoro minorile.

I giornali dei mesi scorsi hanno dato ampio spazio a queste notizie che per noi, con figli e nipoti ipernutriti e iperaccudi­ti, hanno costituito una sorta di staffilata, che ci ha spinto per una volta a gettare uno sguardo oltre i confini del nostro vivere quotidiano. Ma ben presto queste notizie non hanno trovato più posto nella stampa, almeno quella nostrana, più interessata ai li­tigi tra le opposte fazioni del nostro parla­mento, al condono tombale o alle gaffe di questo o quel personaggio politico di rilievo. Dei bambini che soffrono nel mondo non si parlerà più per un anno intero, fino al pros­simo rapporto dell’Unicef, con i suoi nuovi dati.

Eppure questa volta il rapporto presenta due importanti novità, sulle quali vale la pena di riflettere.

Gli esperti del Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia così si sono espressi: «Ormai abbiamo capito: i progetti di in­tervento a favore dei bambini che funzio­nano sono proprio quelli che partono dal­l’ascolto delle esigenze di questi e si fon­dano sulla loro collaborazione».

Quali sono i bisogni dei bambini, qual è il mondo dei loro sogni?

Se in testa ai de­sideri dei bambini dei paesi più ricchi di USA ed Europa c’è un’aria più respirabi­le, per quelli dei paesi in via di sviluppo sono la fame, le malattie, le guerre i mostri che li minacciano e dai quali vorrebbero esse­re salvati. I bisogni primari non sono ugua­li per tutti a qualsiasi latitudine, ma si de­clinano in modo diverso a seconda della si­tuazione di partenza. La lotta allo smog di­venta un’aspirazione ir­rinunciabile per i no­stri bambini, mentre è la fame che attanaglia le viscere e le coscienze di altri bambini in altre parti del mondo.

L’altro elemento in­novativo del rapporto è costituito dalle espe­rienze già condotte imperniate sulla parteci­pazione degli interessa­ti. I risultati appaiono sorprendenti tutte le volte che, invece di ca­lare programmi dall’alto, ci si sia avvalsi della collaborazione dei minori.

Un esem­pio per tutti. Nella zona di Afugiri, nello Stato nigeriano di Abia, il numero dei neo­nati vaccinati che all’inizio del 2000 era di appena 6-8 unità su 1000, è arrivato in otto mesi a 328 unità su 1000, dopo che sono stati coinvolti nell’opera d’informa­zione ragazzi dell’area, dai 10 ai 16 anni, che sono andati casa per casa a spiegare l’im­portanza delle cure precoci. Loro e soltan­to loro potevano trovare le parole giuste per parlare alle madri della stessa gente.

Cono­scenza e partecipazione sembrano essere due grimaldelli che possono aprire le porte di un mondo nuovo. Chissà se in questo 2003 riusciremo a farne buon uso.

(Polyanna, liberamente tratto da “PSICOLOGIA”)

LINK CONSIGLIATI PER APPROFONDIMENTI: Unicef Italia  -  Onu Italia