Gruppo di lavoro:
Donne con disabilità a Torino:
quando la discriminazione e la violenza è duplice!
Laboratorio
per la Prevenzione e il Superamento
della
Discriminazione di Genere e l’Handicap
in
un ottica Nonviolenta
A Torino si è costituito un Gruppo
di Lavoro su "Donne con disabilità: quando la discriminazione e la
violenza è duplice!"* con l’obiettivo di evidenziare i modi e le
forme del manifestarsi del fenomeno a livello locale e per il suo superamento e
per le pari opportunità (vedi anche http://www.arpnet.it/ahs/donnedis-hs.pdf).
Tale gruppo,
organizzato e coordinato
da Handicap e
Sviluppo con un
progetto specifico su
mandato della Provincia di
Torino - Servizio Pari Opportunità e Politiche dei Tempi, nell’ambito della
realizzazione del “Laboratorio per la Prevenzione e il Superamento della
Discriminazione di Genere e l’Handicap in un’ottica Nonviolenta”, è costituito
da persone, gruppi,
associazioni che si
occupano di disabilità, diritti delle minoranze, stranieri
e dai movimenti delle donne ed opera nell’ambito del Centro
per la promozione della Pace, dei diritti dei cittadini e delle cittadine e per
il superamento dell’handicap della Circoscrizione 5, con il quale
l’Associazione già da tempo organicamente collabora.
Il Gruppo si propone
la produzione di ricerche e report su aspetti generali e specifici del fenomeno
utili per avanzare proposte e progetti per il superamento delle discriminazioni
rilevate agli assessorati delle Pari Opportunità (e/o altri Amministratori
competenti) della Città e della Provincia di Torino.
A tale
scopo sono stati elaborati tre questionari, rispettivamente rivolti alle
singole donne con disabilità, a persone a loro contigue (amici, parenti, ecc.)
e alle associazioni.
Richiediamo la Vs.
collaborazione per la diffusione e la compilazione dei questionari, pregandoVi di restituirli, attraverso mail, fax,
posta ordinaria o direttamente, al Centro Pace Via Stradella 192, 10147 Torino,
fax 0114435575, mail cdpih5@comune.torino.it
*Il
Gruppo è formato, oltre che da singole persone, dalle seguenti associazioni ed
enti: Handicap e Sviluppo, Idea Rom Onlus, AISA, Comune di Torino-Settore pari
opportunità, Futuro R.O.S.A., Progetto Prisma, ADMEII, Unione Donne del
3°millenio, Associazione Verba, Centro Pace-Informahandicap5
Donne
con disabilità: quando la discriminazione e la violenza è duplice!in
Ecco i tre questionari, rispettivamente rivolti
alle singole donne con disabilità,
a persone a loro contigue (amici, parenti,
ecc.)
Si richiede la Vs. collaborazione per la diffusione e la compilazione dei questionari
Breve cronistoria
In
Via Stradella 192 presso il Centro Pace-InfoH5 è attivato un Gruppo di Lavoro
su la doppia discriminazione e violenza sessuale in quanto donne e donne con
disabilità, per evidenziare i modi e le forme del manifestarsi del fenomeno a
livello locale e proponendo azioni e buone prassi per il suo superamento e per
le pari opportunità.
Tale
gruppo, che si ritrova su appuntamento, è costituito da persone, gruppi,
associazioni che si occupano di disabilità e superamento dell’handicap, dai
movimenti femminili e femministi e di donne straniere presenti a Torino,
organizzato e coordinato da Handicap e Sviluppo con un progetto specifico su
mandato della Provincia di Torino, nell’ambito del Centro per la promozione
della Pace, dei diritti dei cittadini e per il superamento dell’handicap della
Circoscrizione 5, con il quale l’Associazione già da tempo organicamente
collabora.
Oltre
a monitorare la situazione locale, tale gruppo produrrà report su aspetti
generali e specifici del fenomeno e materiali informativo–documentativi per le
attività del Laboratorio e del Centro.
Il
Laboratorio si inquadra nell’ambito della CONVENZIONE ONU sui diritti delle
persone con disabilità approvata il
13 dicembre 2006 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite e già ratificato
dal Parlamento italiano.
La
Convenzione è straordinariamente
importante per due ragioni: da un lato prevede una NUOVA BASE CULTURALE, impegni politici, economici e
organizzativi e dall’altra, mette in evidenza la DOPPIA DISCRIMINAZIONE DELLE DONNE CON DISABILITA’ e propone strategie per superarla.
La nuova base culturale prevede il superamento
del vecchio modello medico e
assistenziale e concentra
l’intervento sulla cura e protezione
sociale a favore di un approccio
sociale, basato sui diritti umani,
che valorizza tutte le diversità umane ( di razza, genere, cultura, lingua,
orientamento sessuale, condizione psico-fisica) e sottolinea come la condizione
di disabilità non derivi dalle qualità soggettive della persona, ma dal modo
con cui la società risponde ad essa discriminandola in tutti gli ambiti della
vita (istruzione, lavoro, servizi …) e
violando i suoi diritti umani.
Il
trattamento è l’inclusione sociale, le competenze sono di tutti i settori della
società e le politiche generali devono includere le persone con disabilità in
un approccio mainstreaming. Le risorse sono quelle riguardanti tutti i
cittadini e ricavate non soltanto dai bilanci della sanità e dell’assistenza, i
cui interventi devono comunque basarsi su obiettivi di autodeterminazione,
autonomia, indipendenza.
Per quanto riguarda le donne con disabilità viene evidenziata la loro
doppia discriminazione,
determinata dal genere e dalla disabilità, la loro invisibilità come donne e
come persone con disabilità, la loro povertà di diritti.
L’adozione
della prospettiva di genere nella disabilità ha comportato il riconoscimento
del doppio svantaggio delle donne con disabilità e la necessità di favorirne l’emancipazione attraverso
politiche di empowerment e un’equa rappresentanza nel movimento della
disabilità.
Le
donne con disabilità hanno dato un apporto importante e significativo alla
stesura della Convenzione e fatto sì che, per la prima volta in un Trattato di tale importanza, fosse evidenziata la disabilità di genere in
un articolo specifico “donne
con disabilità” (art.6)
e negli altri articoli più significativi: preambolo ( punti p, q, s ), principi
generali (art.3), accrescimento
consapevolezza (art.8), diritto a non essere sottoposto a sfruttamento, violenza e maltrattamenti (art.16), diritto alla salute (art.25), adeguati livelli di vita e
protezione sociale (art.28), Comitato sui diritti delle persone con disabilità (art.34).
La
Convenzione prevede dei PRINCIPI GENERALI
dei quali nello specifico teniamo a sottolineare: la dignità, l’autonomia individuale, la libertà di scelta,
l’indipendenza; la non discriminazione; la piena ed effettiva partecipazione e
inclusione nella società; il rispetto per la differenza e l’accettazione delle
persone con disabilità come parte della diversità umana e dell’umanità; la
parità di opportunità ed in particolare la parità tra uomini e donne.
La
Convenzione prevede anche degli OBBLIGHI
GENERALI tra i quali:
-
il
coinvolgimento attivo delle organizzazioni delle persone con disabilità, secondo il nuovo approccio culturale alla
disabilità “Nulla su di noi senza di noi”;
-
l’accessibilità,
sulla base di eguaglianza con gli altri, intesa in senso ampio come accessibilità ai
diritti, e quindi non solo all’ambiente fisico e ai
trasporti, ma anche all’ambito sociale, economico, culturale, alla salute, all’istruzione,
all’informazione, alla comunicazione;
-
la mobilità personale. In Italia, ad es. per le persone con
disabilità è garantito soltanto al 25% dell’accesso ordinario ai treni;
-
la libertà da
sfruttamento, violenza e abuso. Oggi è raddoppiato il rischio di subire
violenza da parte delle donne con disabilità rispetto alle altre donne;
-
la vita
indipendente e l’inclusione nella società e
l’avvio di un percorso di deistituzionalizzazione. Nella UE 500.000 persone con disabilità sono
recluse in 2500 mega istituti;
-
l’istruzione e
il Lavoro. Il
tasso di disoccupazione ordinario
per le persone con disabilità è notevolmente più alto di quello del
resto della popolazione e tra le persone avviate al lavoro soltanto 1/3 sono donne con disabilità;
-
adeguati
livelli di vita e protezione sociale, assicurando
l’accesso ai programmi di protezione sociale in particolare a donne, ragazze e persone anziane.
La
Convenzione individua, infine, tre OBIETTIVI fondamentali:
-
MAINSTREAMING NELLE
POLITICHE. Occorre includere nelle politiche ordinarie
(trasporti, istruzione, lavoro,cultura…) i temi della disabilità e nei
provvedimenti che riguardano le donne includere anche quelle con disabilità;
-
UNIVERSAL DESIGN NELLE
PROGETTAZIONI.
Progettazione e realizzazione di prodotti, ambienti e servizi devono essere
utilizzabili da tutte le persone, senza bisogno di adattamenti o progettazioni
specializzate;
-
SUPERAMENTO DI QUALSIASI
POLITICA DI SEGREGAZIONE E DI ISTITUZIONALIZZAZIONE.
Il Laboratorio per la Prevenzione e il Superamento della Discriminazione di Genere e l’Handicap intende far proprie le suddette indicazioni generali e calarle nello specifico locale della problematica affrontata.
Quella
che colpisce gli almeno 300 milioni di donne disabili nel mondo e circa
1.800.000 in Italia, è una "discriminazione multipla".
Un
milione settecento ventuno mila. Tante sono le donne con disabilità in Italia
secondo i dati citati da Disabled people international (Dpi). Ovvero due terzi
dei 2 milioni 615mila cittadini disabili del nostro Paese. Molte sono anziane.
Il 17% degli over 60 in Italia ha un handicap, mentre la disabilità colpisce il
37,7% delle persone con oltre 75 anni. Ma ci sono anche i giovani. Le persone
con disabilità con meno di 60 anni sono 620.000, dei quali 188.000 hanno meno
di 14 anni.
Una
doppia discriminazione che parte dalla scuola. Nel mondo solo l'1% delle donne
disabili sa leggere e scrivere, contro il 3% degli uomini.
In
Europa, secondo una ricerca commissionata dal Coe nel 2003, soltanto il 25%
delle donne con disabilità lavorava contro il 35% degli uomini.
Una
mancata inclusione che si riflette anche nella vita affettiva. Le donne con
disabilità si sposano più tardi delle altre donne e più tardi dei maschi
disabili, secondo dati del Dpi. E se l'handicap sopraggiunge dopo il
matrimonio, le donne sono lasciate più spesso degli uomini. La maternità poi è
largamente sconsigliata dai medici e dai familiari, mentre sterilizzazioni e
aborti colpiscono specialmente le donne con disabilità intellettiva.
Le
donne disabili sono anche un target facile delle violenze sessuali. Secondo una
ricerca condotta da Sobsey nel 1994, dal 39 al 68% di ragazze e dal 16 al 30%
di ragazzi con ritardo nello sviluppo mentale saranno sessualmente abusati
prima del loro diciottesimo compleanno.
La
convenzione Onu dei diritti dei disabili riconosce l'esistenza di una doppia
discriminazione per le donne con disabilità. "Gli Stati - si legge
all'articolo 6 della Convenzione - riconoscono che le donne e le ragazze con
disabilità sono soggette a discriminazioni multiple".(fonte:
Superabile.it)
“Le
donne con disabilità … possono trovarsi a far fronte ad una duplice forma di
discriminazione: la prima più specificamente connessa al genere, risultato di
fattori sociali; la seconda connessa più strettamente alla condizione di
disabilità. Il genere spesso caratterizza e rinforza alcuni stati di
vulnerabilità assimilabili anche a differenze di razza, di religione, di classe
sociale e forse anche alla presenza di disabilità.
Non
si può negare che molta strada sia stata percorsa: le donne con
disabilità, ad esempio, frequentano la scuola e vi permangono più a lungo che
nel passato, accedendo a livelli di istruzione più alti; si sposano e creano
dei nuclei familiari propri; mantengono rapporti costanti con la famiglia di
origine; partecipano con consapevolezza alla vita politica, esercitando il
diritto di voto più degli uomini. Ma occorre sollecitare interventi ed
ulteriori azioni positive nell’ambito occupazionale, in cui si registra ancora
un basso accesso delle donne con disabilità, nelle opportunità di fruire del
tempo libero e nell’accesso all’informazione…
In
particolare “Il titolo di studio raggiunto sembra risentire sia delle
differenze dovute al sesso, che della presenza della disabilità, anche se non
si può trascurare l’effetto dell’età.
Nella fascia di età più giovane (15-44 anni) le
persone con disabilità con nessun titolo di studio sono il 13,8% degli uomini e
il 18,5% delle donne…
Nella fascia di età intermedia (45-64 anni) tra
le persone con disabilità, le donne senza titolo di studio sono il 12,8% contro
il 7,3% degli uomini; tra le persone senza disabilità, tali valori subiscono
una forte riduzione ma sono sempre favorevoli per gli uomini, infatti, le donne
senza disabilità con nessun titolo di studio sono il 4,4% contro il 2,7% degli
uomini…
Nelle età più anziane (65 anni e più), oltre,
alla presenza di disabilità pesa molto la differenza tra i sessi, sempre a
svantaggio delle donne, soprattutto nei titoli di studio superiori ed
universitari: rispetto al conseguimento di un diploma di scuola superiore o di
una laurea, le donne con disabilità sono quasi la metà rispetto agli uomini con
disabilità, rispettivamente il 6,3% e il 11,5%...
Le differenze di genere emergono in modo evidente
quando si analizzano i dati relativi alla condizione professionale delle
persone con disabilità, al punto che lo svantaggio relativo alla presenza della
disabilità risulta secondario.
Tra le persone con disabilità solo il 1,8% delle
donne è occupato contro il 6,8% degli uomini, analogamente, tra le persone
senza disabilità, le donne occupate sono il 37,5% contro il 61,0% degli uomini.
Sulla possibilità di godere di una autonomia
economica, le persone con disabilità subiscono un’ulteriore svantaggio se di
sesso femminile: solo il 1,5% delle donne con disabilità dispone di redditi da
lavoro contro il 5,9% degli uomini con disabilità…
Sostenere
e rinforzare le politiche di equità di opportunità tra i generi significa
rimuovere gli ostacoli che si frappongono al pieno sviluppo delle capacità
personali ed offrire alle donne con disabilità le stesse opportunità degli
uomini in ogni sfera d’azione sociale.” (dati ISTAT, sito: Disabilità in cifre)
Nel
resto del mondo la doppia discriminazione legata al genere ed alla disabilità è
notevolmente più marcata e assume aspetti drammatici.
Secondo
calcoli effettuati dalle Nazioni Unite, una persona su 20 è disabile (il 7%
della popolazione mondiale, circa 370 milioni di persone) e oltre il 75% dei
disabili vive in un Paese in Via di Sviluppo. Nel Sud del mondo la disabilità
conduce inesorabilmente all'esclusione e alla discriminazione sociale ed
economica e riduce, se non addirittura nega, l'accesso alla formazione
scolastica e al lavoro. Le persone disabili entrano in un circolo vizioso che
le porta a essere tra le più povere del mondo, con tassi di analfabetizzazione
di gran lunga superiori rispetto a quelli della popolazione normodotata. La
disabilità è, allo stesso tempo, causa e conseguenza della povertà.
A
soffrire in modo particolare per le conseguenze sociali dell'handicap sono
soprattutto le donne, gli anziani e i bambini….
La
cbm ITALIA- Missioni cristiane per i ciechi nel mondo
ONLUS sottolinea la difficile condizione di emarginazione nella quale versano
le donne disabili del sud del mondo.
Si
stima, ad esempio, che circa 30 donne ogni minuto siano colpite da disabilità a
causa di problemi legati al parto e che una delle forma di disabilità che più
spesso colpisce le donne dei Paesi in Via di Sviluppo sia la fistola vescico-vaginale,
una lacerazione dei tessuti tra la vescica e/o il retto e la vagina. Questo
problema, che affligge quasi 2 milioni di giovani donne soltanto in Africa,
causa una continua e incontrollabile perdita delle urine con delle pesanti
ripercussioni dal punto di vista sociale e lavorativo. Moltissime donne perdono
il posto di lavoro, sono ripudiate dai mariti e persino dai loro famigliari.
Anche
qui, queste soffrono, spesso, una duplice condizione di discriminazione come
donne e disabili allo stesso tempo, non hanno accesso all’istruzione e al mondo
del lavoro, sono maggiormente esposte a violenze fisiche e sessuali, non hanno
accesso ai servizi sanitari di base.