Le mie esperienze di Educatore

di Claudio Baj

Prima di tutto devo riferirvi che non sono un insegnante di scuola materna di Rivoli, ma un educatore della Cooperativa DIRE e opero sia nella città  di Torino, sia nelle città  circostanti a Torino. Attualmente seguo 5 bambini sordi con fasce d'età  e situazioni differenti tra di loro, come segnerò avanti.

Ho iniziato la mia esperienza di educatore 5 anni fa, in una situazione molto diversa rispetto a quella attuale, con un bambino sordo di 11 anni. Questo bambino, oltre a essere sordo, era cieco ad un occhio, ritardato mentale e anche sofferente di cuore. In quel periodo, lavoravo già  come dipendente della FIATAVIO e ottenni il posto tramite l'ENTE NAZIONALE SORDOMUTI. Ben presto, incontrai i primi problemi, a causa della mia mancata formazione professionale e non sapevo cosa fare! Pensavo che la comunicazione in LIS potesse risolvere tutti i problemi, senza rendermi conto della situazione emotiva del bambino rispetto all'ambiente circostante. Infatti portavo sempre il bambino a casa mia e lì comunicavo, assieme alla mia famiglia sorda. Il bambino, pur mostrando alcuni miglioramenti, incominciava a considerare la mia famiglia come sua, rinnegando la sua famiglia udente. Alcune volte il bambino fuggiva da casa sua per venire alla mia. Dopo sei mesi di attività , lasciai l' incarico, a causa di questi problemi e, anche, di altri personali.

Come avete notato, è molto importante che l' educatore sia preparato e che il bambino svolga le attività  educative in una ambiente sereno e neutrale (es.: a scuola, all' USL, ecc...) senza alcuni condizionamenti emotivi dovuti alla presenza di alcune persone (es.: la mia famiglia).

Alcuni anni dopo, sono diventato socio della Cooperativa DIRE e mi sono occupato di diverse attività : corsi di LIS e videocassette SBALORDIRE. Non mi interessava occuparmi dell'educazione di bambini sordi e, anche, a causa della mia prima esperienza negativa, pensavo che io non fossi tagliato a svolgere questi tipi di attività . Maddalena, una socia della Cooperativa, responsabile del Servizio Educatori, mi propose un'attività  educativa. Si trattava di raccontare a tre bambini sordi com' era fatta l' Africa, mediante un finto viaggio. All' inizio rimasi titubitante, ma poi accettai, perché‚ si trattava solo di un attività  temporanea. Andai all' appuntamento, incontrai i tre bambini rimasi molto sorpreso delle loro competenze linguistiche. Spiegai loro com' era fatta l' Africa, mediante gli oggetti che avevo portato nello zaino. Alla fine rimasi soddisfatto di questa bellissima esperienza.

Intanto, in me, nasceva il pensiero di diventare educatore professionale a tempo pieno. Nel frattempo, incominciai a leggere alcuni libri, che parlavano di educazione, e a frequentare il gruppo educatori per poter scambiare le idee e capire profondamente questo tipo di attività . Nella Cooperativa DIRE, aumentavano sempre di più le richieste di lavoro per educatori e, un giorno, mi proposero di accettare, in futuro, l' attività  di educatore a tempo pieno..... Per due mesi, rimasi a pensare quale fosse la scelta migliore: continuare a lavorare come dipendente della FIATAVIO oppure lasciare la vecchia attività  per iniziare la nuova, come educatore? Alla fine decisi di diventare educatore e incominciai a prepararmi per poter affrontare il lavoro.

Mi è stata molto utile la collaborazione di alcuni soci della Cooperativa DIRE e la lettura di alcuni libri a disposizione presso l' associazione DOCUMENTA.

E finalmente venne il fatidico giorno dell' incontro insieme alla responsabile del Servizio Educatori, con la logopedista, i genitori ed, infine, il bambino sordo di 7 anni. All' inizio segnavo con il bambino, ma non mi seguiva, guardava la conversazione tra gli udenti. Per lui esisteva solo la comunicazione verbale, non la LIS. Sebbene prima di me, ci fosse stata un'altra educatrice sorda, questa ragazza aveva usato l' italiano segnato. Nel bambino, era nata la convinzione che non ci fosse un' altra forma di comunicazione oltre all' italiano. Sua madre si spaventò moltissimo vedendomi segnare senza voce. Maddalena spiegò alla madre che insegnare a parlare era il compito della logopedista ed io avevo il compito di comunicare con la LIS per la formazione della personalità e della maturazione cognitiva ed emotiva del bambino. In seguito, la madre mi chiese come mai non portavo l'apparecchio acustico. Spiegai che l'avevo portato fino all' età  di 10 anni, poi ho dovuto interrompere, perché ero insofferente verso questo ausilio tecnico, dato che mi procurava confusione e insicurezza verso il mondo esterno. Durante l' incontro, man mano che comunicavo con la responsabile del Servizio Educatori in LIS, mi sono accorto che il bambino incominciava a guardare la nostra comunicazione, ciò significa che la LIS è una lingua naturale per noi sordi. Ho notato che il bambino in un primo tempo, nonostante l' apparenza calma, era nervoso e non riusciva a finire il gioco che gli proponevo, cambiandolo continuamente. Anche la comunicazione tra di noi era scarsa, a causa del bambino che non riusciva a seguire il mio racconto. Ciò è dovuto all'abitudine di incontrare sempre difficoltà nel seguire un discorso verbale. Inoltre la famiglia del bambino è molto numerosa e chiusa verso l'ambiente circostante, comunicano molto e continuamente tra di loro. Di conseguenza, il bambino ha difficoltà ad instaurare un rapporto verso l'ambiente estraneo. Per questo, ho fatto delle drammatizzazioni (teatrali), assieme al bambino, basate su un racconto precedentemente segnato con un pubblico composto dalla logopedista ed altri bambini. Il bambino rifiutava ancora di assumere responsabilità nel fare le attività che gli proponevo. Allora ho cercato di stimolarlo con miei interventi di aiuto. Ora il bambino è più tranquillo ed aperto verso l'ambiente estraneo. La sua competenza in LIS e in italiano è aumentata. Per quanto riguarda l'italiano, la logopedista opera nominando vocalmente gli oggetti, i personaggi e le situazioni rappresentati in un racconto precedentemente da me segnato. Infatti la logopedista ed io lavoriamo in stretta collaborazione, riunendoci almeno una volta al mese per stabilire il programma di lavoro.

Personalmente penso che il bambino impari meglio con la LIS e di conseguenza apprenda meglio lo stesso significato in italiano. Ciò dimostra la validità della teoria di CUMMINS JIM (1). Esso sostiene che i bambini per imparare una seconda lingua devono avere una base solida in una lingua naturale. Basandomi su questa teoria, ho cercato di comunicare e di far capire al bambino sordo i fatti, le situazioni e l'ambiente del racconto in LIS (ciò riusciva benissimo), per poi permettere alla logopedista l'uso dell'italiano. Prima il bambino comunicava l'italiano faticosamente, a causa dell'educatore precedente, che usando l'italiano segnato, aveva procurato al bambino una confusione cognitiva ed emotiva.

La mia attività di educatore è aumentata con l'assegnazione di altri tre bambini sordi di età di 4 e 5 anni. Lavorando all' interno di una scuola materna di Torino, ho potuto constatare i 3 livelli diversi di questi bambini. Il primo apprende velocemente ed è molto curioso di quello che succede attorno a lui, ciò èmotivato dal fatto che vive in un ambiente tranquillo. Il secondo bambino non è da meno rispetto al primo sul piano cognitivo, però è sempre nervoso e risulta anche molto viziato. Non accetta le situazioni negative, facendo i capricci. Penso che sia dovuto alla famiglia troppo permissiva. Cerco sempre di fargli capire che nella vita ci sono le situazioni positive e negative, spiegando specialmente su quelle negative, i motivi e le conseguenze. Così il bambino conosce il perché delle negazioni, di conseguenza accetta meglio. Infatti il bambino ultimamente è migliorato molto ed è più tranquillo. Il terzo ha qualcosa in meno sul piano linguistico e cognitivo per il fatto che ha una famiglia udente. Ed è anche molto insicuro, rifiuta tutte le attività che gli paiono insormontabili. Penso che ciò sia motivato dalla famiglia, che si occupa di tutto per lui, togliendo al bambino il senso di responsabilità. Però il bambino è avvantaggiato dalla presenza degli altri due bambini sordi, che gli consentono di avere qualche fiducia sulle sue capacità. Il bambino ha un blocco emotivo verso le persone adulte considerandole persone d' autorità, mentre si sblocca con i bambini, considerandoli pari a se stesso.

Nella scuola materna, dove opero, il rapporto con gli insegnanti è buono, mi lasciano la massima libertà di eseguire le attività. Sono contrario ad alcuni educatori, che operano separando i bambini sordi dal resto della classe udente e costruendo negativamente quel muro "invisibile" tra i sordi e gli udenti. Gli insegnanti ed io operiamo insieme, riunendoci e scambiandoci le nostre idee. ritengo che sia fondamentale far conoscere la lingua e la cultura dei sordi agli udenti, siano adulti o bambini. Gli insegnanti, mediante un corso di aggiornamento approvato dal Comune di Torino, imparano la LIS, per poi poterla usare con i bambini sordi e migliorando così l' ambiente comunicativo. Tutto ciò è previsto dal progetto della Coop. DIRE.

La terza esperienza educativa in corso è con un bambino di 11 anni. La sua competenza comunicativa è scarsa, sia in LIS, sia in italiano. Ciò è dovuto alla confusione dell'ambiente comunicativo: in famiglia tutti parlano, tranne la madre che segna. Il bambino è sveglio e curioso, però la barriera comunicativa gli impedisce di apprendere tutto quello che succede intorno. Talvolta la famiglia e la scuola lo mettono in crisi e sotto pressione con l'italiano. I primi 2 giorni di osservazione a scuola sono stati terribili per me. Le insegnanti di sostegno spiegavano al bambino sordo con l'italiano ed il bambino apprendeva faticosamente e, puntualmente, si annoiava. Alla prima riunione ho mostrato agli insegnanti di sostegno la carenza in italiano e la successiva difficoltà di apprendimento. All'inizio, le insegnanti erano contrarie al mio punto di vista, successivamente si sono dovute ricredere. Le mie prime attività cercavano di intervenire con la LIS nel caso che il bambino non avesse capito le spiegazioni delle insegnanti di sostegno. Mi sono accorto che tale sistema non funzionava. Infatti faceva maggiormente confondere il bambino, dato che non ha ancora pienezza comunicativa in nessuna delle due lingue. Nella successiva riunione, ho consigliato alle insegnanti che sarebbe stato meglio, in certe ore, se io avessi lavorato solo con lui, separando la comunicazione in LIS dall'italiano, in un'altra aula. E, in più, ho suggerito di pianificare meglio il lavoro tra le insegnanti di classe, quelle di sostegno e me. Fornendomi del materiale didattico e riguardante l'argomento che si svolgeva in classe, potevo spiegarlo al bambino sordo in LIS, aumentando le sue conoscenze intellettive. Tale sistema funziona bene, anche perché la curiosità e l'interesse del bambino è aumentata. Nelle mie ore è consentita la presenza dell'insegnante di sostegno, che si informa su come si lavora con un bambino sordo. Ora la scuola e le insegnanti sono più aperte alle mie attività.

Concludo così la relazione, sperando che la mia esperienza vi possa servire in futuro.

Claudio Baj

(1) CUMMINS JIM, 1979 "Linguistic Interdependence and the Educational Development of Bilingual Children" Review of Educational Research 49, 222/251. Citato in Johnson R.E., Liddell S.K., Erting C.J. Educazione degli studenti sordi Ed. Anicia, Roma 1991 pag. 33.

Marzo 1995

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